Vittorio Lussana

Tu sei la terra dei mondi lontani, delle anime deportate, dei piedi scalzi sulle strade sterrate. Tu sei la terra in cui Dio esiste solamente quando piove, allagando i tuoi solchi di fango increspati dal sole caduto come piombo fuso per mesi interi. Tu sei la terra in cui la morte ha degradato se stessa nel suo delirio più malvagio, ingannando la colpa, mistificando ogni pietà. Tu sei la terra dei corpi nudi e delle anime candide, delle case di fango e di sterco, delle mosche che si posano come aquile sui corpi dei bambini innocenti. Tu sei la terra calpestata, massacrata, strangolata, che ha pagato già per intero il suo prezzo con Dio, che pur non la vede, non la sente e non la ama. Tu sei la terra a forma di cranio, nel cui teschio ha bevuto a larghi sorsi l’uomo bianco, ruggendo ed eruttando come un maiale che gode avvinghiandosi nel suo stesso letame. Tu sei la terra delle anime tradite, delle vite umiliate, dell’inferno dell’uomo, della povertà vittoriosa, della miseria moltiplicata. Tu sei la terra dei massacri crudeli, delle tribù incamminate, delle ballate selvagge, delle religioni misteriose. Tu sei la terra delle vesti candide, che risaltano il nero dei corpi, dei sapori antichi, dei deserti immensi, degli animali inseguiti, dei dolori incurati o mal sopportati. Tu sei la terra su cui la mano di Dio ha calcato di peso, perché eri il ‘gòlgota’ degli innocenti, dei rei abbandonati, dei selvaggi inutili al mondo. Tu sei la terra in cui l’orgoglio si è spento, piegandosi come un filo d’erba sotto il passo arrogante dell’uomo bianco. Tu sei la terra in cui il peggio del peggio è divenuto reale, in cui l’orrore ha rispecchiato se stesso come Narciso di fronte al suo lago, inorgogliendosi per la sua spietata follia. Tu sei la terra in cui i servi sono figli dei servi, in cui gli schiavi sono figli degli schiavi, in cui le madri sono serve delle madri. Tu sei la terra in cui l’occhio si accende di un colore profondo per un po’ di manioca mescolata all’acqua piovana, per della semola di miglio cotta sul fuoco e mangiata con le mani. Tu sei la terra in cui l’uomo fu come un animale, i cui denti erano aguzzi come quelli di un mostro per potersi cibare della carne cruda delle bestie catturate e succhiarne il sangue ancora caldo, mescolando calore a calore, odore ad odore, crudeltà a crudeltà, dolore a dolore, orrore ad orrore. Tu sei la terra dei fuochi sacri, in cui anche l’onda dell’Oceano indiano ti accarezza subdolamente sulla costa per riuscire a filtrare sotto la falda orientale, che un giorno si aprirà, finalmente, facendoti sprofondare e, con te, tutto il mondo, mai così meritevole di scomparire dalla faccia dell’universo. Tu sei la terra delle guerre sconosciute, delle battaglie comprate, delle armi trafugate, delle lance avvelenate. Tu sei la terra in cui l’alba dell’uomo ha visto la luce, in cui il dito di Dio si è mosso sol per decidere il proprio punto di partenza, un cerchio che non poteva più chiudersi in uno scherzo vigliaccamente beffardo del destino umano. Tu sei la terra in cui il giusto e l’ingiusto si combattono, in cui il bene ed il male si confrontano, in cui il demonio ha posto la sua vera casa e nemmeno l’ira più accesa o quella più fredda sono mai riuscite a scacciare. Tu sei la terra del vento che parla, del soffio che passa, del piede che corre, dei manti coperti, dei verdi recisi, dei fuochi mai spenti, dell’acqua furiosa che scende a cascata inondando le valli. Tu sei la terra segreta e respinta, l’impero della nostra colpa, il teatro della nostra vergogna. Tu sei la terra dei sogni proibiti, delle gioventù inutili, della Storia divenuta farsa. Tu sei la terra di un mondo maledetto, sospinto in un fuoco che arde in un vento di tempesta senza tregua, dall’alto e d’intorno, che ci fa ondeggiare nella più fitta oscurità. Tu sei la terra della rabbia di strada, dei filamenti confusi, delle reti cadenti, delle pietre d’argento, dei diamanti smerciati in tutto il mondo per il furto più colossale, per la truffa più atavica, per la dissacrazione più avida e meschina. Tu sei la terra degli amori selvaggi, della colpa senza fine, dell’innocenza assassinata. Tu sei la terra perché questo è il tuo vero nome, perché solo tu rappresenti, oggi, colei che ti ha rinnegata, colei che ti ha umiliata, colei che ti ha abbandonata, delusa e ingannata. Terra è il tuo vero nome, perché niente è più terra della tua terra, niente è più inferno del tuo inferno, niente è più paradiso del tuo paradiso, niente è più corpo del tuo stesso corpo di donna offesa, imbrogliata, colpita, umiliata, violentata e abbandonata in mezzo agli oceani. Niente è più vergognoso dei tuoi popoli ridotti alla fame, niente è più debole, più doloroso e più labile del tuo stesso nome, che nascondiamo per la vergogna, che ignoriamo quando ci passa per la testa, che rinneghiamo per un motivo o per l’altro, sol per riuscire ogni giorno a guardarci ancora nello specchio senza odiare oltremodo noi stessi. Terra: questo, oggi, è il tuo vero nome, mia dolcissima e amatissima Africa.




(articolo tratto dal quotidiano 'il Socialista Lab' del 2 aprile 2009)
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Francesco Mangascià - Assisi Italia - Mail Web Site - giovedi 2 aprile 2009 22.19
Toccante. Uno degli scritti più belli che ho letto.
michele - cosenza - Mail - giovedi 2 aprile 2009 19.35
poetico.
maurizio - italia ravenna - Mail - giovedi 2 aprile 2009 17.34
mi dispiace che del contenuto si sia letto il termine "arrogante" in un attacco personale. Anzi penso per essere sempre intervenuto con passione e interesse, di aver dimostrato molta stima nei suoi confronti. E con piacere leggo compiaciuto sempre i suoi interventi. Non mi permetterei mai di qnt lei asserisce in quanto la mi cultura è tale da riconoscere sempre il rispetto per le idee altrui. Diversamente ribadisco che il mio era neanche un attacco ma una rassegnazione intellettuale generalizzata al pensiero comune che ci sta appannando la vista proprio per l'opulenza e di conseguenza l'indifferenza che questa per sua natura condizione genera. Sono iinfatti dispiaciuto che la comunicazione intellettuale si rivolga al genere umano per convincere di usare la propria conoscenza in modo "intellettualoide" o "reazionaria " e mai costruttiva per migliorare la vita e difendere le proprie origini, la storia , la pace con ogni mezzo....
Vittorio Lussana - Roma - Mail - giovedi 2 aprile 2009 17.3
Risposta a Maurizio: mi spiace che ti sia apparso un articolo arrogante. Ma se anche un brano del genere ti è apparso tale, devo dedurre che o il termine stia andando di moda, per cui lo si appiccica addosso a chiunque svolga una professione qualsiasi, così, tanto per gettare fango, oppure si vuol nascondere che il cosiddetto 'sviluppo' - termine ben differente da quello di progresso... - del mondo occidentale non è avvenuto per magia, ma a spese dei restanti 2/3 del mondo. E se anche si trattasse di popoli che proprio non riescono ad uscire dalla propria miseria, non è certo colpevolizzandoli che si otterrà mai niente.
In ogni caso, grazie per un commento in cui, per lo meno, mi riconosci un personale virtuosismo.
VITTORIO LUSSANA
Roberto - Roma - Mail - giovedi 2 aprile 2009 16.16
Questo stile lo definirei "pasoliniano"...
Roberto
maurizio - italia ravenna - Mail - giovedi 2 aprile 2009 16.15
non si può restare attoniti a tanto di virtuosismo inchiostrato a qnt citazioni dai migliori racconti della "mia Africa". Sappiano di questa terra dei colori e dei profumi quanto di violenza e di assenze solo al pensiero di una idea di democrazie.
Ma orsù quanta retorica e ipocrisia sappiamo usare per rendere vittima una terra che vuole essere e rimanere nelle proprie origini ancestrali. La storia ci insegna che ogni popolo ha provato a portare civiltà in tutte le forme possibili, ma il riusltato è sempre stato devastante per non rispettare i tempi e i luoghi di un popolo votato a voler dominare con la violenza. Tutto il nostro amore per l'umanità è talmente arrogante che ci permette di pensare che le vittime siano loro e noi i carnefici. Diamo tempo alla storia di ripetersi di continuo dove l'opulenza e il benessere insieme alla corruzzione e ricchezza si fondono per rendersi preda di popoli che della parola democrazia non sanno che farsene. Svegliamoci da questo lungo letargo di sofismo di vecchia data e di superficialità di ideologie. Se non reagiamo a questo romantico vittimismo il nostro destino non potrà essere se non quello dell'estinzione del popolo come quello Etrusco e poi Romano..e ben presto quello Italico.
virgilio - arezzo - Mail - giovedi 2 aprile 2009 14.29
AMEN!!!


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