Vittorio Lussana

Silvia Mezzanotte è una delle cantanti più interessanti del nostro panorama musicale, un’interprete dotata di una voce al tempo stesso forte e affascinante, oltreché una donna provvista di una simpatia personale non comune. Il suo ultimo lavoro, ‘Lunatica’, è esattamente come lei: stracolmo di sonorità curatissime, sentimentalmente intense, pienamente valorizzate dall’elegante femminilità della sua personalità. Ho dunque voluto dedicarle questa intervista, al fine di far conoscere ancor più approfonditamente le grandissime qualità personali, oltre che professionali, di una ragazza autenticamente ‘brillante’, di un’amica sincera, di un’artista con la ‘A’ maiuscola.

Silvia, ci parli della tua ultima ‘fatica’, ‘Lunatica’, e del tuo tuor di concerti appena terminato? Com’è andata? Sei soddisfatta?
“Con ‘Lunatica’ ho scelto di esporre il lato più ‘volitivo’ di me stessa, quello meno accomodante: ho voluto parlare dei miei dubbi sulla fede e di tutti gli aspetti dell’amore, mettendomi nel ruolo dell’amante, svelando la mia gelosia, gridando la mia ricerca di un contatto più autentico in un mondo sempre più virtuale. Ed ho anche cercato di mettermi nei panni di quelle donne che vivono il dramma dell’emigrazione. Non c’è un brano, nel mio album, che non abbia un senso preciso per me. E il riscontro c’è stato: ‘Lunatica’ è entrato in tutte le classifiche di vendita e, soprattutto, mi ha fatto fare più di 60 concerti, in Italia e all’estero. Per un’artista, infatti, il momento più vero del suo lavoro è proprio quello ‘live’: solo lì sei in grado di sapere se quello che vuoi dire tocca il cuore di chi ti sta di fronte. Quindi, per rispondere alla tua domanda: sì, sono molto soddisfatta”.
 
Gli arrangiamenti delle tue canzoni sono splendidi, le sonorità molto curate e i tuoi brani mai banalmente melodici. L’impressione è però quella di uno stile che sembra invadere un ‘territorio’ musicalmente già dominato da Laura Pausini: si tratta di una sensazione sbagliata, forse troppo ‘maschile’, da parte mia?
“Stimo molto Laura, ma lei non rappresenta uno dei riferimenti musicali a me più vicini. Se proprio devo scegliere una ‘musa’, penso ad Annie Lennox: uno stile pop - rock moderno, con arrangiamenti curati, che danno valore allo spessore dei testi senza mai perdere di vista una certa ‘radiofonicità’…”.
 
Quel che emerge in ‘Lunatica’ sembra essere il tuo bisogno di raccontare la parte più insicura e contraddittoria di te stessa. Ho addirittura letto sul tuo sito che vorresti liberarti dalla ‘sindrome’ della ‘brava ragazza’: perché?
“Perché lo ha deciso lei, la parte più insicura e contraddittoria di me stessa! Lei ha scelto i brani, lei sta dominando questa mia nuova fase ed io, semplicemente, le ho ‘spalancato la porta’: era arrivato il momento di lasciarla emergere. Certamente, ho ‘mediato’ con la mia atavica sindrome della ‘brava ragazza’, quella che ha paura del giudizio della gente. Ma la cosa che ho compreso veramente di me, è che mi piace arrivare alle persone, anche se non è fondamentale arrivare a tutti: meglio arrivare a chi può capire…”.
 
Che donna è, oggi, Silvia Mezzanotte?
“Una donna complessa, come tutte, ma sostanzialmente serena. Il palcoscenico mi permette di esprimere ‘in toto’ quei lati oscuri che, nella vita reale, rendono complicate le relazioni: l’egocentrismo, la vanità, le sindromi da ‘primadonna’, ma anche gli aspetti positivi del mio carattere, il mio buonumore, la mia voglia di condivisione. Soprattutto, il mio lavoro mi dà la possibilità di lasciar fluire l’amore attraverso la mia voce: questa cosa mi appaga veramente, mi carica di positività. Chi assiste ad un mio concerto si rende conto in fretta di quanto io non mi risparmi. Fuori dal palcoscenico, invece, sono una donna con mille sfaccettature, che difende la qualità della sua vita scegliendo con cura le persone con cui condividere il proprio tempo libero: la mia famiglia, prima di ogni cosa, e gli amici: pochi, sinceri, legatissimi, totalmente disinteressati alla mia notorietà quanto, piuttosto, al mio benessere. Con loro faccio le cose più semplici: andare al cinema, a teatro, per musei, piccoli viaggi, bagni alle terme. Non ci sono discoteche, né cene di ‘gala’, perché al di fuori del lavoro non mi piace apparire, bensì essere”.
 
Quando Antonella Ruggiero lasciò i Matia Bazar, tutti pensammo che quel gruppo fosse finito. Invece, tu riuscisti a sostituirla molto bene, dando anche l’impressione che quella band stesse vivendo una nuova fase rielaborativa, in termini musicali: da cosa dipese quel successo? Poteva anche risultare un tentativo azzardato, non credi?
“In termini musicali, ma anche personali, quel successo dipese molto dalla mia volontà di accettare quel ruolo senza riserve e senza paure del confronto che andavo ad affrontare, poiché partivo da un illimitato rispetto per quanto mi era stato offerto e per la grandissima interprete che mi aveva preceduto. Ciò mi permise di lavorare in autonomia e serenità, facendo mie le canzoni del passato, ma anche interpretando al meglio quei brani scritti per la mia vocalità con la volontà di lasciare il ‘segno’. Obiettivo, peraltro, centrato al 100%. In quei 5 anni non mi è mai passato neanche per l’anticamera del cervello di dover far meglio di chi mi aveva preceduta e mi sono posta all’interno del gruppo sempre con l’intento di far emergere tutta la band, non solamente me stessa, singolarmente. Pensa che ho sempre evitato persino di fare delle fotografie da sola, per quanto rispetto nutrivo per quest’idea”.
 
E poi? Perché hai deciso di tentare la strada da solista? Cosa è successo o cosa ti è successo?
“E’ successo che, coerentemente con ciò che sentivo, ho deciso di cercare altre possibilità: nel corso di quei 5 anni abbiamo ottenuto il massimo possibile. Ed io avevo voglia di sperimentarmi in un ruolo da interprete a ‘tutto tondo’, oltre che nel ‘mondo’ dei Matia. Avevo voglia di collaborazioni che esulassero dal gruppo, volevo esplorarmi ed esplorare nuovi orizzonti. Ed è esattamente quel che ho fatto e che sto facendo, sia con le mie nuove esperienze discografiche, sia con quelle televisive”.
 
Torniamo alla tua sindrome della ‘brava ragazza’: io ho sempre pensato che tu fossi, in realtà, una ‘perfettina’. Non è che stai cercando dei mutamenti di immagine che ti avvicinino maggiormente a dei clichè che non sono tuoi?
“Partiamo da una realtà: io sono una professionista che cura il proprio lavoro fin nei dettagli più infinitesimali. Ciò mi rende effettivamente una perfezionista, o una ‘perfettina’, come dici tu. Ma le persone che lavorano con me – e che sono uguali a me - apprezzano proprio la mia capacità di divincolarmi da questo ruolo appena sono fuori dal palco. Guarda, io non cerco mutamenti, né clichè: più semplicemente, tento di ascoltare le mie sensazioni più profonde, più autentiche. C’è stata una fase della mia vita in cui veramente ero una ‘perfettina’. Ma da tempo, ormai, ricerco la perfezione nella mia imperfezione e nel mio desiderio di lasciarmi andare senza schematismi, senza paure. Io vivo il quotidiano in allegria, ma con profondità. E mi sento in grado di far emergere tutte le mie emozioni attraverso il canto solo quando le ho vissute. Sono convinta che solo in questo modo si possa crescere perseguendo un percorso di piena accettazione, che cioè parta da una sincera ricerca interiore. In realtà, ci sono alcune mie dimensioni caratteriali ancora del tutto sconosciute, che mi piacerebbe esplorare. Ad esempio, quella comica, poiché sono un’amante della vita e di tutti i suoi piaceri. Adoro moltissimo ridere di me stessa e anche degli altri. Figurati che, nella trasmissione che sto facendo in questo periodo, ‘Volami nel cuore’, ci sono anche delle piccole ‘gag’ sulla scuola fatte con tutto il cast. E sono stata proprio io la prima a mettermi il grembiulino rosa con il fiocco. Purtroppo, il mio umorismo rappresenta un aspetto che ritengo sia rimasto ancora in secondo piano”.
 
Proprio in ‘Lunatica’, ad un certo punto canti: “Non ti chiedo di lasciarmi entrare”. Sai che mi hai fatto pensare alla attuali difficoltà ad aprirsi di un’intera generazione, la nostra, rimasta un po’ delusa dall’amore? Stiamo forse diventando tutti egoisti per non soffrire più?
“Io non voglio generalizzare e non me la sento di rispondere per tutti, ma la canzone dice: “Non ti chiedo di lasciarmi entrare, ma se è vero che mi ami, apri le tue mani”, cioé dammi la possibilità di un’apertura, verso di me e verso il mondo. Spesso, ciò non succede per carattere, per educazione, per diversità sostanziali. Dunque, non credo si tratti solo ed esclusivamente di egoismo quanto, piuttosto, di superficialità. Forse, non c’è più l’attitudine, nella vita come nell’amore, a porsi delle domande del tipo: “Cosa mi fa sentire questa persona? Cosa mi sta dicendo”? Tutt’al più, ci si chiede: “Cosa avrà pensato di me”? Questo, in automatico, ci fa ricadere in noi stessi, ci rinchiude impedendoci di andare oltre certe ‘barriere’ di superficie. Questo vivere tanto per vivere, senza aver ‘fame’ di qualcosa, di qualsiasi cosa, per me, ad esempio, è risultato un valore fondamentale. In tal senso, sono i ‘media’ ad avere delle responsabilità, poiché alcuni programmi televisivi ed alcune emittenti radiofoniche, anziché sollecitare una crescita, in realtà sembrano voler trattare la gente come se fosse composta da ‘decerebrati’, che devono utilizzare il cervello solo per ricordare gli insulti o le sciocchezze che si dicono nei ‘reality’ o le tre parole di un ‘tormentone’ musicale che dura, quando va bene, tre mesi. Questo mi fa male e mi dispiace. Ed è per questo motivo che cerco di scegliere un’altra strada, anche nella mia musica, più difficile se vuoi, ma certamente di maggior qualità. Le persone sono tutt’altro che stupide: vanno semplicemente accompagnate verso certi percorsi. Durante i miei concerti ci sono brani fatti apposta per divertire, altri per sognare, altri per riflettere. Io canto ‘La cura’ di Battiato durante il finale del mio concerto, dopo aver preso per mano il mio pubblico dal principio, al fine di accompagnarlo in un viaggio in cui si senta protagonista accanto a me, nel quale le mie parole possano rappresentare il filo conduttore di una storia, la mia, che diventa la storia di ognuno, che dunque può riconoscersi pienamente in me, nelle mie gioie, nelle mie difficoltà. Ti assicuro che il mio pubblico mi ascolta fino in fondo, anche nelle cose più ‘cantautorali’, anche in quelle più impegnative, proprio perché parto dal presupposto di avere di fronte delle persone. Esse nemmeno mi conoscono, ma con umiltà e delicatezza cerco di entrare in loro e li lascio entrare in me: questo, in fondo, è il vero segreto”.
 
Ma chi è quel ‘pazzo’ che non farebbe entrare una ragazza come te?
“Chiunque non sia un po’ lunatico e non abbia, in sé, almeno una piccola vena di follia…”.



(intervista tratta dal quotidiano 'il socialista Lab' del 22 ottobre 2008)
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Krizia - Chiavari - Mail - giovedi 15 gennaio 2009 17.41
Il mondo si divide in due:
quelli che prendono lautobus e quelli che prendono il taxi.
Talvolta credo di far parte di quelli che spingono l'autobus.

Bella intervista
Mara - Napoli - Mail - venerdi 7 novembre 2008 17.9
Ma che bella intervista! Anche profonda, non banale. Grazie.
Mauro - Latina - Mail - venerdi 7 novembre 2008 11.13
Avete fatto bene a intervistare questa cantante: ho visto un suo concerto a Campoleone veramente di alto livello. Lei ha una voce splendida, potente. Solo una artista del genere poteva sostituire degnamente la precedente vocal dei Matia Bazar. E' talmente brava che mi ha sorpreso veramente. Ed è in peccato che le case discografiche non la sponsorizzino più di tanto. E anche radio e tv non sembrano più di tanto apprezzarla. E un peccato. Sono i soliti problemi di mancato ricambio del nostro panorama artistico.


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