Biagio Marzo

Rino Formica che è uno che non le manda a dire, aveva affermato (il Riformista), da par suo, che non era proprio il caso che si svolgesse il Congresso socialista. Probabilmente, per il fatto che i risultati elettorali non avevano permesso al Ps di eleggere un gruppo parlamentare e visto che lo svolgimento delle assise locali non avevano alimentato un dibattito politico. Anzi. Vero è che su parecchie cose socialiste, ha ragione da vendere, epperò, è stato smentito in pieno, perché, a Montecatini, i socialisti hanno dato il meglio di sé. Quello che hanno potuto fare e dare nelle condizioni in cui si trovano. L’handicap di essere fuori dal Parlamento non è una cosa di poco conto. Tuttavia, è venuta fuori in modo preponderante la voglia di lottare per ritornare sulla scena politica come attori, lungo la tradizione del socialismo italiano. Si intende in modo nuovo, rompendo i vecchi schemi: non più lotta parlamentare, ma lotta al fianco del cittadino in carne e ossa. Il che non significa che il Ps non abbia alcune “idee forza” sul piano del programma di governo, con le quali aprire un confronto tanto con maggioranza quanto con il resto dell’opposizione. Partito di governo e di movimento, per l’appunto. Per supplire all’assenza dalle Camere, il Ps sceglie di gettarsi nell’esperienza movimentista, senza allontanarsi dall’essere sinistra di governo. Il tutto in chiave autonomista, garibaldina e corsara. Autonomista non come sinonimo di autosufficienza che porta all’annullamento politico, ma alla libertà di essere fuori dai giochi delle due coalizioni in campo, spinte artatamente per interessi di bottega al bipartitismo. Il quale è stato issato come bandiera di combattimento da Berlusconi e Veltroni, perché entrambi, prendendo a pretesto il bene della democrazia parlamentare e del Paese in particolare, hanno inneggiato al voto utile; insomma, al voto a una delle due coalizioni. Ragion per cui, hanno svolto la campagna elettorale sull’onda della semplificazione del sistema partitico, raccogliendo, immeritatamente, una messe di voti a scapito dei partiti medi e piccoli, anziché approvare una legge elettorale meno oligarchica e partitocratica di quella in vigore e senza svolgere minimamente un ragionamento politico secondo cui la Grande riforma è la madre del rinnovamento istituzionale e politico italiano. Garibaldina nel senso che i “Mille” socialisti rimasti in campo sono forza dinamica, pronti a tutto per conquistare la terra perduta e per riscattarsi dall’onta delle sconfitte e delle offese subite. Consapevoli, peraltro, che la loro storia è più grande dello 0,98% acquisito nell’ultima tornata elettorale. Corsara sta per libertà di alleanze negli enti locali, non avendo nessuno contrattato alcun impegno con nessuno. Seppure guerra di corsa, il vascello Ps deve navigare in mare aperto, seguendo la rotta riformista: da un lato il Pd, dall’altro l’Udc, senza sottrarsi al confronto con le altre forze riformiste tra cui quelle di origine socialista presenti nel Pdl. Argomento, questo, sul quale si è battuto molto Gianni De Michelis e si è speso Bobo Craxi. Una bella scommessa non c’è che dire e Nencini è cosciente che per vincerla bisogna partire dalle sfide, che sono il pane del socialismo, senza le quali esso sarebbe un reperto archeologico. La fine che rischia di fare la socialdemocrazia se non riuscirà a rinnovarsi sul piano culturale, politico e programmatico. E comunque è iniziato il periodo post Sdi-Boselli, con la nascita del Ps e con l’elezione di Nencini a segretario. A Enrico Boselli vanno riconosciuti meriti e demeriti. In primo luogo, per essersi battuto per l’unità, dopo un lungo periodo di diaspora; in secondo luogo, per non aver accettato il diktat di Veltroni di passare armi e bagagli nel Pd. Naturalmente, questo avrebbe comportato la fine della peculiarità, del ruolo e della funzione dei socialisti italiani. Finché questi sono vivi e vegeti, benché a ranghi ridotti, restano una spina nel fianco del Pd e non solo. Con l’intento che il sogno possa trasformarsi in realtà al più presto, e che l’Italia abbia bisogno di socialismo. I demeriti di Boselli. Soprattutto uno: di aver insistito su una linea politica che non era nel Dna del socialismo italiano. Piuttosto che rubarla senza successo a Pannella, avrebbe potuto riproporgli la Rosa nel Pugno, facendo di necessità virtù. Comunque sia, già i buoi erano scappati dalla stalla. Alla fine i socialisti soli soletti e i radicali in un compagnia. Una compagnia scomoda, quella del Pd, e fuori dalla loro cultura politica, ma comoda per essere eletti e per affermare, dopo le elezioni, di essere una delegazione nel Pd. Come se il Pd fosse una sorta di Onu. A Boselli va addebitato un altro demerito. Il fallimento della Costituente prodromo del flop elettorale. E qui c’è la responsabilità personale anche del comitato costituente, che ha lasciato fare e disfare a Boselli come ha voluto, senza mai opporsi, compresa la sua candidatura alla premiership. Un comitato che ha peccato di deficit politico e di una visione strategica d’insieme sul futuro della questione socialista. Vale o no la pena battersi per le sue idee? Invece di volare alto, si sono viste le prime smagliature nelle “Primarie delle idee”. Un Convegno di cui non è restata traccia. A Montecatini, proprio per la conduzione della Costituente, gli esponenti più in vista hanno lasciato le penne. Tutto il potere ai soviet, senz’altro. Con il termine soviet non bisogna identificare il partito degli assessori. Peraltro, un partito importante per aver costruito in un partito socialista, per molti versi ancora massimalista, una moderna e avanzata cultura di governo. Nell’immaginario, i soviet dovrebbero essere impersonati dal partito federato, meno verticista e centralista e più legato ai processi localisti. Le luci si sono spente sul congresso di Montecatini ed è stato merito di Riccardo Nencini aver saputo dare vigore all’azione e all’iniziativa socialista, vigore di cui, per la verità, si sentiva da molto tempo bisogno. Dopo Montecatini il Ps è entrato, finalmente, nel mercato politico e si appresta a essere competitivo. Dio ce la mandi buona.




(articolo tratto dal quotidiano 'L'opinione delle Libertà' del 9 luglio 2008)
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