Rita ChessaLa scelta di vivere solo di musica, stando sempre in viaggio, è la missione di Piero Frisani, classe 1969, di Taranto. L’abbiamo incontrato più volte tra i vicoli di Trastevere, a Roma, con la sua chitarra, mentre cantava pezzi in filastrocca dedicati ai turisti e ci siamo lasciati sedurre dalle sue narrazioni. Un artista di strada che ha preferito la libertà, il piacere dell’esplorazione, accollandosi il rischio di un’esistenza precaria, ma straordinaria, perché senza vincoli legati al qui e ora. Un sognatore con intrinseca la bellezza struggente della poesia di chi percorre nuove strade, di chi ha la consapevolezza che una volta anziani saremo più delusi per le cose che non abbiamo vissuto che per quelle che abbiamo fatto. Un uomo che ha deciso di allontanarsi dal suo porto sicuro, per catturare con le proprie vele i venti. E vivere d’arte.

Parlaci di te, chi è Piero Frisani?
“Mi definisco una persona libera, che ama ciò che fa. Dal punto di vista artistico, mi sento appagato: cerco sempre di imparare nuove canzoni, per non disattendere le richieste della gente”.

Qual è il tuo genere musicale?
“Blues, fingerstyle acustica, musica italiana”.

Come è maturata questa scelta?

“Suono solo per strada da sette anni. Ho fatto questa scelta, perché posso organizzarmi come preferisco. In genere, suono a pranzo o la sera e posso esibirmi in acustico fra i tavoli, con amplificatore e microfono”.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
“Continuare a viaggiare suonando, cercando posti nuovi dove la gente apprezzi quello che faccio. Sto registrando un disco in studio con dei validi musicisti romani, ma non riesco a trovare il tempo per finirlo, perché non sto mai fermo, negli ultimi mesi”.

Quali posti del mondo hai visitato, suonando?

“Sono stato negli Stati Uniti: tutta la costa est, fino a New Orleans. Ho girato mezza Europa in autostop nella metà degli anni novanta e ho all'attivo due viaggi in bici, in Albania e Grecia. Nel 2019 ho percorso il Cammino di Santiago a piedi, sempre con in braccio la chitarra. Ho effettuato per tre volte workshop in Inghilterra, con artisti americani”.

Hai un ricordo legato agli incontri particolarmente piacevole?
“Sì, con una coppia di svizzeri: sono stati molto gentili e generosi. Mi hanno anche ospitato nella loro casa”.





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