Maria Chiara D'ApoteE’ stato presentato, nei giorni scorsi, un Manifesto politico contro le aggressioni ai professionisti sanitari dal titolo: 'Uniti per i Medici'. Si tratta di un documento assai ricco di suggerimenti, richieste, iniziative e statistiche redatto dall’Amsi (Associazione medici di origine straniera in Italia), dall’Umem (Unione medica Euromediterranea) e dal movimento internazionale 'Uniti per unire'. Secondo tale rapporto, illustrato dal professor Foad Aodi con una lunga nota, si chiede unità, una svolta culturale da parte delle istituzioni e un maggior impegno per risolvere le cause delle criticità della sanità italiana. “La recente proposta della politica presentata in questi giorni presso il Senato della Repubblica, ci lascia estremamente perplessi e ci spinge a delle severe e doverose riflessioni”. Così comincia il comunicato di Foad Aodi, leader e fondatore delle associazioni Amsi, Umem e 'Uniti per Unire', esperto in salute globale e protagonista di strenue battaglie contro le violenze ai danni dei professionisti sanitari, prima di illustrare il Manifesto 'Uniti per i Medici', contenente 45 punti già sottoscritti da oltre 450 realtà tra sindacati, soggetti singoli e il mondo dell’associazionismo. “Si tratta”, ha spiegato il professor Aodi in riferimento al ddl Zullo, “di un progetto di legge che prevede, per i responsabili di aggressioni fisiche perpetrate ai danni dei professionisti sanitari, un vero e proprio ‘Daspo’: in parole povere, un allontanamento forzato per 3 anni dal diritto di ricevere cure gratuite dal nostro Sistema sanitario pubblico, eccezion fatta per gli interventi 'salvavita'. Siamo di fronte”, ha proseguito, “a una escalation di violenze, fisiche e psicologiche davvero allarmante, visto che mai, negli ultimi 15 anni, si era registrata questa frequenza e questa brutalità di episodi così ‘funesti’, non ultimo quello del Policlinico ‘Riuniti’ di Foggia, con immagini in stile ‘far west’ e un vero e proprio raid punitivo ai danni di medici e infermieri, con un ferito grave e una dottoressa sotto shock, che ha minacciato le dimissioni. Tuttavia, ci aspettavamo, in relazione a tutto questo, una risposta più concreta da parte del Governo, non con questi contenuti. Siamo infatti di fronte a un’azione alquanto tardiva, rispetto a un’emergenza che non doveva aggravarsi fino a questo punto. E non siamo pienamente convinti che questa sia la strada giusta da intraprendere. Noi dell’Amsi, insieme a Umem, all’Unione Medica Euromediterranea e al movimento Internazionale ‘Uniti per Unire’, da anni portiamo avanti una strenua battaglia contro le aggressioni ai professionisti sanitari italiani e di origine straniera, offrendo statistiche e report sempre aggiornati, che raccontano ai media e alla collettività una realtà dei fatti sempre più complessa. Un vicolo cieco, dal quale è sempre più difficile uscire. Noi stiamo offrendo numeri aggiornati”, ha aggiunto il luminare, “sulle violenze a medici e infermieri, sia per quanto riguarda il nostro Paese, che per il panorama mondiale, senza mai dimenticare di dover raccontare le motivazioni e le ragioni di fondo che portano i cittadini a questo tipo di comportamenti così esasperati. Si tratta”, ha spiegato ancora il professor Aodi, “di un documento che racchiude tutte le iniziative che i professionisti stessi devono intraprendere per uscire dal buio tunnel in cui la realtà sanitaria è piombata, rimboccandosi le maniche e spronando la politica a svegliarsi, per cambiare finalmente le cose. Come medico, il profondo senso etico che caratterizza da sempre il mio lavoro con il Giuramento di Ippocrate, mi spinge a pensare, a ragionare, a ritenere che la vita del malato e la sua incolumità siano il bene più prezioso, per il quale io lavoro ogni giorno. Invece, stiamo perdendo di vista la realtà: non possiamo negare a un paziente, anche se protagonista di una vile aggressione nei nostri confronti, le cure gratuite a cui tutti hanno diritto nel nostro Paese. Ciò non toglie che il raptus di rabbia e follia sia certamente condannabile dal punto di vista morale e deve essere punibile penalmente. Noi di Amsi, Umem e Uniti per Unire”, ha sottolineato Foad Aodi, “riteniamo che accanto alla severità delle punizioni, vada rilanciato e ricostruito il piano dei presidi fissi delle forze dell’ordine all’interno degli ospedali da parte del Viminale. E’ infatti evidente che i presidi non sono sufficienti, sia in termini di numeri, sia di uomini, dato che in numerose strutture sanitarie, soprattutto durante l’orario notturno, medici e infermieri vengono troppo spesso lasciati soli e abbandonati a se stessi. Siamo di fronte”, ha rincarato Foad Aodi nella nota, “a un disegno di legge che non condividiamo affatto, perché rischia di minare nel profondo il già difficile rapporto tra i professionisti sanitari e i cittadini. Questi ultimi, non dimentichiamolo, hanno perso completamente la fiducia nei nostri confronti, addossandoci le responsabilità di tutti i deficit che attanagliano il nostro Servizio sanitario nazionale. Negare il diritto universale alle cure gratuite che caratterizza da sempre la Storia del nostro Paese, vorrebbe dire davvero compiere un enorme passo indietro. E’ per questo, come indicato nel nostro Manifesto ‘Uniti per i Medici’, che va cambiata la cultura di fondo: occorre una evoluzione mentale, mentre, nel contempo, la nostra politica può e deve mettere in atto tutte le azioni necessarie per tutelare l’incolumità dei professionisti sanitari. Su tutti le donne della sanità, che sono in percentuale (oltre il 70%) le vittime sacrificali delle aggressioni. Per tutta questa serie di ragioni, noi di Amsi, Umem e Uniti per Unire da anni chiediamo la depenalizzazione dell’atto medico, fattore che consentirebbe, legittimamente, ai nostri professionisti, di lavorare in modo molto più sereno. Ciò sarebbe un enorme vantaggio per la qualità delle cure. Inoltre, occorre snellire la burocrazia, favorendo l’inserimento dei professionisti stranieri nelle realtà concorsuali regionali, nonché cancellando l’obbligo di cittadinanza. Infine”, ha concluso Aodi, “è necessario diminuire il peso fiscale, aumentando gli stipendi dei professionisti e rapportandoli al mutato costo della vita. Sostenere e proteggere medici e infermieri che lavorano nelle aree di emergenza/urgenza, dove ogni giorno si combatte con la morte. E ssumere personale, agevolando il lavoro degli altri colleghi e rendendolo meno gravoso, migliorando le offerte economiche dei concorsi che, troppo spesso, finiscono semideserti. Ecco quali sono secondo noi di Amsi, Umem e Uniti per Unire, le soluzioni da adottare per arginare le aggressioni, oltre naturalmente a difendere i professionisti, con leggi mirate e con un maggiore dispiego di forze dell’ordine negli ospedali”.

Le statistiche di Amsi, Umem e 'Uniti per Unire'
Le aggressioni contro i professionisti sanitari, in Italia, sono aumentate del 38%, a causa della carenza dei professionisti della sanità. Le cause principali delle aggressioni sono: a) la carenza di personale e la disorganizzazione, con biblici tempi di attesa per una visita o un esame nei reparti di emergenza/urgenza; b) l’assenza di dialogo tra personale sanitario e pazienti; c) il piano dei presidi fissi delle forze dell’ordine, non abbastanza efficace visto che, soprattutto negli ospedali con un maggior bacino di utenza, gli agenti di polizia mancano all’appello negli orari più delicati, in particolare da mezzanotte alle sette del giorno dopo.

Altri dati significativi
1)
aumento degli aggressioni dovute alla carenza di professionisti della sanità (+ 38%);
2) aumento delle aggressioni dovute ai tempi delle liste d'attesa (+ 24%);
3) aumento delle aggressioni dovute alle lunghe file per mancanza di comunicazione con il personale, specialmente durante e dopo la pandemia da Covid 19 (+ 23%);
4) aumento dei pregiudizi nei confronti del personale del Ssn (+ 5%);
5) aumento risposte non adeguate da parte del personale sanitario e amministrativo ai familiari dei malati (+ 5%);
6) in Europa, la carenza dei professionisti della sanità ha portato a un incremento delle aggressioni del 36%; 
7) nel resto del mondo, la carenza di personale ha generato un incremento delle violenze contro i professionisti sanitari del 41%.





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