Valentina SpagnoloLo scorso 22 giugno, presso la galleria ‘Arte Sempione’ di corso Sempione in Roma, si è tenuta, alle ore 18.00, la presentazione della nuova silloge, scritta in due lingue, di Rosanna Sabatini, intitolata ‘Dal cuore all’anima – From heart and soul’, edito dalla casa editrice Kimerik. L’appuntamento è stato moderato da Cinzia Baldazzi, che ha presentato l’opera insieme all'autore della postfazione, Fabio Sommella. Dopo la relazione introduttiva della Baldazzi, nota critica letteraria romana, hanno fatto seguito la lettura di alcuni brani della Sabatini, seguito da un vero e proprio reading letterario, in cui molti autori hanno letto brani propri. L’incontro ha infatti voluto porre al centro del dibattito la poetica matura dell’autrice, nel senso manieristico del termine, sviluppata anche in lingua inglese. Ciò ha fornito l’occasione per un confronto e un interscambio in cui ogni autore intervenuto ha potuto mostrare le distinte caratteristiche dei propri brani, a partire dalla musicalità metrica del peruviano Abner Thomas Viera Quezada, rispetto alla solida strutturazione lirica dei versi in lingua britannica della Sabatini. Era stato questo l’argomento anche di un incontro precedente, che aveva posto in parallelo la poetica pascoliana e mediterranea di due autrici italiane, con l’antica e ritrovata radice latina di una poetessa romena. Tutto ciò ha animato un vivace dibattito, che ha visto anche l’intervento del giornalista Vittorio Lussana, il quale ha salutato positivamente l’idea di questi confronti tra lavori espressi in diversi lemmi e stilemi, che dimostrano come la koiné del ‘parlato medio’ possa liberarsi dalla piattezza “della standardizzazione dei linguaggi, affrancandosi dalle fissità di una cultura ‘media’ chiusa in se stessa e corruttrice dei sentimenti”. In ogni caso, quel che è apparso evidente, al termine del confronto, è stata la qualità lirica del lavoro della Sabatini, evocatrice di un antropocentrismo dualistico non contraddittorio, bensì riposto all’interno di un solido rapporto d’interscambio continuo tra natura e amore, eros e dolore, o addirittura nei confronti della morte e delle sue conseguenti sofferte metabolizzazioni. Tematiche che la lingua inglese riesce a concettualizzare in forme più concise, rispetto alle ridondanze metaforiche dello stile latino, che tuttavia segnalano una strutturazione organizzativa che colpisce il lettore in forma diretta, collocando in parallelo suoni, esigenze grammaticali, cadenze metriche e figure sintattiche. Al centro delle riflessioni della Sabatini, oltre alla famiglia come vero e proprio motore dell’amore, vi è lo strano rapporto tra uomo e natura, in cui la seconda sembra essere totalmente indifferente al dolore e alle problematiche del primo, nel tentativo di spingersi al di là del tempo, del caso o del nulla assoluto. Poesie che parlano di amori profondi, ma al contempo affrontano anche temi non amorosi, in una sorta di manierismo utopico mittle-europeo capace di prendere le distanze da quell’intimismo minimalista e piccolo borghese, che spesso conduce il lirismo mediterraneo verso il solito ‘complesso dell’abbandono’, all’amore come banale bisogno che tradisce incertezza interiore, disadattamento e paura di vivere, facendo assomigliare molte opere a tante altre. Indubbiamente, un’ottima prova quella della Sabatini, che saluta la raggiunta maturità letteraria e la forza morale di un’autrice che può fregiarsi pienamente del titolo ‘tecnico’ di poetessa. Una qualifica certamente non per tutti.





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