Vittorio LussanaL’esposto presentato nei giorni scorsi presso la Procura della Repubblica di Roma dall’ambasciatore di Russia in Italia, S. E. Sergey Razov, nei confronti del quotidiano ‘La stampa’, del suo direttore responsabile, Massimo Giannini e dell’inviato di guerra, Domenico Quirico, rappresenta un atto di ostilità nei confronti dell’intero mondo dell’informazione italiana. Il nostro ambiente professionale, pur commettendo errori - come tanti altri - certamente si distanzia dalle distorsioni e dalle falsità basate sulla propaganda politica, per il dovere deontologico di informare i cittadini. In secondo luogo, le ipotesi di reato ipotizzate sono giuridicamente infondate: il servizio giornalistico oggetto dell’esposto, a firma Domenico Quirico, si basava su un’analisi già proposta in altre sedi dal sottoscritto che chiedeva ai colleghi di esimersi dalla formulazione di ipotesi spionistiche di ‘scuola’ tese a indicare la destituzione di Vladimir Putin dalla carica di presidente della Federazione russa, al fine di concentrarsi sulle cause contingenti del conflitto esploso in Europa orientale. Circostanze le quali possiedono le loro radici nella mancata applicazione degli accordi di Minsk. Quanto l’esposto presentato sia frutto di una cattiva traduzione del servizio giornalistico in questione e quanto esso derivi da una distorsione avvenuta in sede di titolazione dell’articolo, la riteniamo una tematica sicuramente da ricostruire e accertare. Ma quel che possiamo certamente garantire, sotto il profilo schiettamente professionale, è che Domenico Quirico non abbia affatto istigato i propri lettori - o più in generale gli italiani - al ‘tirannicidio’. Al contrario, egli ha espresso la tesi esattamente opposta, al fine di non esacerbare gli animi sottolineando, altresì, la mancanza di prospettiva politica dell’atto medesimo. Proprio per quest’ultimo motivo, l’approfondimento in questione non può rientrare nella fattispecie dell’apologia di reato. E ci teniamo a sottolineare come l’esposto presentato rappresenti, in realtà, un atto di intimidazione nei confronti dell’intero corpo professionale dei giornalisti, che non appartiene allo stato di diritto di nessuna nazione libera e democratica. Anche a noi appare fondata una ricostruzione storica che vuole l’informazione italiana a lungo dominata e sostenuta dai Partiti e dalla politica. Ma ciò è avvenuto per la cronica arretratezza del nostro mercato editoriale, per lunghissimi decenni praticamente inesistente. Cercare di limitarne i campi d’indagine proprio oggi che, grazie ai progressi tecnologici in atto, sta finalmente affrancandosi dai suoi vincoli più atavici, al fine di tornare ai princìpi originari della propria funzione civile di servizio pubblico verso i cittadini, ci appare un comportamento superficiale e fuori dal tempo, che non dev’essere minimamente preso in considerazione dai nostri organi inquirenti, poiché ciò offenderebbe l’intero Paese. Il lungo e complesso percorso storico di maturazione democratica della nostra società, iniziato con la nascita della Repubblica italiana nel 1946, non poteva certo avvenire in tempi brevi e, indubbiamente, ha dovuto attendere una lunga fase di lenta trasformazione. Tuttavia, l’informazione italiana non merita di essere minacciata in una fase storica come quella attuale, nella quale essa stessa sta cercando di compiere i propri sforzi più sinceri finalizzati a conquistarsi maggiori ambiti di autonomia professionale, oltreché a trasformarsi in un luogo di democrazia partecipata. Noi riteniamo che l’esposto presentato presso la Procura di Roma derivi da una sfortunata sequenza di equivoci, probabilmente dovuti a una cattiva interpretazione del generoso intervento delle autorità sanitarie russe in quel di Nembro (Bg) durante la fase iniziale dell’ondata pandemica planetaria, di cui ancora oggi riconosciamo i sentimenti di altruismo e amicizia dimostrati. Un’amicizia che intendiamo mantenere nei riguardi della Federazione russa, attraverso un confronto leale e intellettualmente onesto in merito alle vicende relative al conflitto in Europa orientale, anche se evidenti motivazioni storiche e militari ci pongono su fronti e prospettive distinte, sia nell’analisi dei fatti, sia sul versante dei relativi contesti storico-politici. Con immutato e infinito amore nei riguardi della Grande Madre Russia, alla quale certamente riconosciamo l’antichissimo ruolo di civiltà che essa ha sempre rappresentato nel corso dell’intera Storia dell’umanità.




Direttore responsabile di www.laici.it
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