Jacopo Severo BartolomeiIl coronavirus richiama alla mente, come ormai risaputo, i primi indizi della peste che, iniziando da Milano, si espanse funestando buona parte dell'Italia, a cui Alessandro Manzoni, ne 'I promessi sposi' (cap. XXXI-XXXII), ha dedicato pagine insuperabili. "La furia del contagio andò sempre crescendo", senza che venissero adottate adeguate contromisure. "E non solo l'esecuzione rimaneva sempre addietro de' progetti e degli ordini; non solo, a molte necessità, pur troppo riconosciute, si provvedeva scarsamente, anche in parole; s'arrivò a quest'eccesso d'impotenza e di disperazione, che a molte, e delle più pietose, come delle più urgenti, non si provvedeva in nessuna maniera... La vastità immaginata, la stranezza della trama turbavan tutti i giudizi, alteravan tutte le ragioni della fiducia reciproca... Non trovò che il tribunale della sanità, né altri, facessero rimostranza né opposizione di sorte alcuna... Il Tribunale della Sanità chiedeva, implorava cooperazione, ma otteneva poco o niente. Nel lazzeretto, dove la popolazione, quantunque decimata ogni giorno, andava ogni giorno crescendo... Il Tribunale e i decurioni non sapendo dove battere il capo, pensarono di rivolgersi ai cappuccini e supplicarono il padre commissario della provincia, acciò volesse dar loro dei soggetti abili a governare quel regno. Il presidente della Sanità li condusse in giro, come per prenderne il possesso; e, convocati i serventi e gli impiegati d'ogni grado, dichiarò davanti a loro, presidente di quel luogo il padre Felice, con primaria e piena autorità. Certo una tale dittatura era uno strano ripiego; strano come la calamità, come i tempi; e quando non ne sapessimo altro, basterebbe per argomento, anzi per saggio d'una società molto rozza e mal regolata, il veder che a quelli a cui toccava un così importante governo, non sapessero più farne altro che cederlo, né trovassero a chi cederlo, che uomini per istituto il più alieni da ciò". Il costituzionalista Michele Ainis, allievo di Temistocle Martines, ha ricordato che, da quando sono stati accertati i primi casi di contagio, il 30 dicembre 2019, sull'Italia è caduta "una grandinata di provvedimenti normativi sempre più severi, sempre più stringenti", così come ha riportato il quotidiano 'la Repubblica' lo scorso 4 marzo 2020. Di conseguenza, si sta progressivamente intaccando l'esercizio delle libertà costituzionali - offuscamento o eclissi delle libertà di circolazione, riunione, di istruzione e altre - e si assiste, nell'organizzazione costituzionale, a un cambio della cosiddetta 'catena di comando' o 'cabina di regia': in buona sostanza, il coronavirus finisce per 'infettare' anche l'ordinamento giuridico (con un profluvio normativo mai visto in precedenza), oltre alle persone fisiche. Ciò sta comportando la 'dequotazione' degli organi collegiali e una ancora più accentuata personalizzazione del potere, in spregio all'articolo 78 della Costituzione, a norma del quale le Camere deliberano lo 'stato di guerra' (stato d'assedio e/o guerra civile, stato emergenziale e altre fattispecie) e conferiscono al Governo i poteri necessari. È vero che per il grande teorico dello 'Juspublicum' europeo, Carl Schmitt, "sovrano è chi decide sullo stato di eccezione". Tuttavia, la recente disposizione del presidente della Camera dei deputati di consentire la riunione dei parlamentari un solo giorno la settimana, il mercoledì, non sembra estrinsecazione né di sovranità, né di autodichia, sebben appaia come uan grottesca implementazione del divieto di assembramenti sediziosi, impartito dalla Protezione civile e dai Comitati tecnici istituti dal premier Conte, che dalla giacca con 'pochette' è passato al maglioncino girocollo in 'stile Bertolaso' durante il terremoto a L'Aquila. Auguriamoci che l'infezione dai corpi, fisici e figurati, dello Stato non pervenga anche alle menti, sino a ottenebrare la percezione dei fenomeni, prima che il periodo di più accentuata virulenza del contagio non sia scemato.




Avvocato Patrocinante in Cassazione
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