Vittorio LussanaE' sostanzialmente inutile far presente ai nostri lettori come la recente crisi di governo fosse basata su convinzioni ridicole e su una totale mancanza di cognizione di causa da parte della Lega e del suo leader, Matteo Salvini. Quanto accaduto nel giro di un mese ha sostanzialmente smascherato un'inadeguatezza e un'incapacità politica a dir poco agghiacciante da parte delle destre sovraniste. Le quali, oltre a risultare velleitarie e anarcoidi, hanno dimostrato un'immaturità raccapricciante e insensata: la più inetta delle improvvisazioni e una quasi incredibile mancanza di senso delle conseguenze di quanto si afferma e di ciò che si fa. Ma attenzione: noi non riteniamo che tali riprovevoli lacune antropologiche siano una caratteristica che distingua solamente le destre. Temiamo, al contrario, che si tratti di un dato generazionale, che innerva la quasi totalità del ceto politico attuale. Il segnale di un tracollo già avvenuto da tempo, non un qualcosa che si possa contenere o limitare. Sul fronte del Movimento 5 Stelle, in particolar modo, continuiamo a dubitare o, quanto meno, a essere scettici. Può darsi che il cammino di questo nuovo esecutivo, sorto in piena estate - il Conte 2 - possa essere utile a molti esponenti 'grillini' per fare nuova esperienza e maturare una propria cultura di governo, oltre a formare una classe politica più esperta. Tuttavia, restiamo fondamentalmente critici proprio sugli aspetti della navigazione quotidiana, in cui equivoci e cattiva fede reciproca possono generare nuovi episodi di instabilità tra le forze politiche che hanno generato la nuova maggioranza. Si chiede pertanto al Partito democratico di accompagnare il cammino del Movimento 5 stelle con spirito paterno e pazienza quasi 'genitoriale'. Senza cioè pretendere di utilizzare la maggior esperienza per prendere il sopravvento nelle iniziative di governo, oppure giocando d'anticipo in merito a scelte e decisioni che appaiano, sul momento, più opportune rispetto ad altre, al fine di non rimanere 'impiccati' in querelle e diatribe che avrebbero spesso bisogno, prima ancora che di una 'grammatica' comune, quanto meno di 'presupposti' culturali condivisi. I 5 stelle non sono un movimento riformista, bensì massimalista: questa è la caratteristica principale che, sin qui, essi hanno dimostrato. E' un'antica distinzione, sempre esistita nelle forze di progresso, che non si può eliminare semplicemente uniformando e omologando l'intero indirizzo di governo. Si può, tuttavia, far affidamento ad antiche categorie 'berlingueriane', quali la comprensione reciproca e la 'moral suasion', nei riguardi dei ragazzi della compagine 'grillina', al fine di comunicare loro come molte delle divisioni che possono venirsi a creare siano di natura soprattutto metodologica, prim'ancora che sostanziali o di merito. Si chiede, in sostanza, ad ambedue le forze politiche di capire il bisogno di coerenza che una società ipervelocizzata pretende come esigenza primaria nella conduzione politica del Paese. Una coerenza imperniata sulla stabilità dell'esecutivo stesso: una categoria da molti criticata, soprattutto di recente, per via di uno strano bisogno di mettersi in luce nei propri rispettivi ambienti professionali. Invece, si tratta di una questione basilare, importantissima per un Paese che ha sempre sofferto di malanni quali l'instabilità e la confusione. Per riuscire a ottenere dei cambiamenti reali, empiricamente percepibili dai cittadini, serve continuità d'indirizzo. Occorre, cioè, che l'azione politica di ministri e sottosegretari, congiunta a quella dei lavori parlamentari, consentano il raggiungimento di obiettivi che riescano a cambiare veramente questo Paese. Se si continua ad avere un governo all'anno, nessuna idea potrà mai trovare reale compimento. E non ci si illuda neanche che gli italiani vogliano effettivamente tali cambiamenti, poiché spesso ognuno tende a difendere la propria condizione 'particolare', non sempre costruita attorno a diritti effettivi o meriti reali. Ogni volta che si vuole cambiare veramente qualcosa, in Italia, le resistenze esplodono fortissime. Dunque, i cambiamenti vanno preparati e definiti per tempo, poiché spesso è più difficile aiutare che punire: nel primo caso, ci si ritrova in situazioni in cui proprio chi si intende aiutare, spesso non voglia essere aiutato; nel secondo, viceversa, si finisce col dividere ulteriormente il Paese tra chi recrimina nuove ingiustizie e chi resta cinicamente divertito da rivolgimenti e decisioni che hanno destabilizzato altri. Nel primo caso, si appare antipatici e invadenti; nel secondo, si guadagnano consensi, ma a prezzo di nuove barriere e divisioni tra i cittadini. In pratica, come si fa, si sbaglia. Non siate divisivi, dunque: né all'interno del governo, né tra gli italiani. Ma cercate anche di far precedere le vostre decisioni più importanti da forme di dibattito dignitose e comprensibili, portando ordine là dove sembra regnare il disordine, facendo sentire i cittadini partecipi o addirittura protagonisti dei cambiamenti che s'intendono introdurre. Dopo interi decenni di piscologia arcigna e, spesso, degenerativa, c'è bisogno di proporre uno 'spirito' innovativo, che incarni l'intera azione delle forze attualmente impegnate alla guida del Paese. Non si tratta di un positivismo ingenuo, affidato unicamente agli aspetti pragmatici o di sviluppo teconolgico che, in realtà, declinano regolarmente nell'omologazione e nell'alienazione. Si cerchi, invece, un utilizzo innovativo delle proprie capacità critiche, accompagnando analisi e diagnosi con ragionamenti ed equazioni su più livelli. Questa è la sola e unica soluzione per far comprendere agli italiani, o per lo meno alla maggior parte di essi, come sia necessario liberare molte energie da antiquate camicie di forza, che da sempre tendono a rallentare la crescita del nostro Paese. L'Italia deve rimettersi in cammino. Ma deve farlo fuggendo opportunismi, cinismi e retaggi d'inciviltà. Questo Paese deve saper individuare, accettare e comprendere i suoi difetti di fondo, anziché rimuoverli o far finta di non vederli. Un popolo può crescere solo se è in grado di guardarsi dentro, anche individualmente, al fine di comprendere quell'antica distinzione liberale tra libertà individuale ed egoismo corporativo, che spesso si confondono, fagocitandosi a vicenda, in forme di osmosi tanto negative, quanto orribili. Occorre emancipare gli italiani, soprattutto quelli delle generazioni più giovani, attraverso un'azione riformista strutturale, ma anche antropologica e culturale. Non appiattitevi sul pragmatismo: non è affatto vero che il dato materiale basti a se stesso e ai cittadini. Al contrario, esso rischia di replicare uno sviluppo falso e 'caricaturale'. Non basta l'efficacia momentanea: serve anche lungimiranza e la capacità di indicare una direzione di marcia. Sapere da dove si viene è il solo e unico modo per comprendere - e far comprendere - dove si va.




Direttore responsabile di www.laici.it e della rivista mensile 'Periodico italiano magazine' (www.periodicoitalianomagazine.it)

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Giovanni Giavazzi - Vigevano PV - Mail - giovedi 19 settembre 2019 17.45
Tutto assolutamente condivisibile.
Speriamo che gli interessati possano leggere queste sagge raccomandazioni e farne tesoro!


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