Esiste una parte della storia dell’umanità di cui spesso non si parla. E’ quella della repressione delle donne, fenomeno che ha radici antiche e profonde che si manifestano, ancora oggi, in alcuni atteggiamenti o pregiudizi purtroppo difficili da estirpare, perché insite nell’etica religiosa dominante. Nel suo bellissimo e incisivo saggio: ’Sessuofobia, chiesa cattolica, caccia alle streghe’ - per i tipi della Procaccini Editore - Maria Mantello ripercorre questa parte della Storia che spesso viene dimenticata. Partendo dai culti ancestrali della fertilità - che mai sono veramente scomparsi – in cui l’elemento femminile veniva concepito come divino e immanente al tutto, anche alla vita psichica e sociale, l’autrice ci conduce alla conoscenza delle cause del disfacimento di tale modello: le invettive dei primi teologi cristiani contro il femminile, la costruzione di un intero paradigma che vede nella donna un difetto di natura e un pericolo di regressione, la repressione del sapere e delle prime forme rudimentali di scienza che permettevano di controllare i fenomeni naturali - erbarie, mammane e medichesse -, sottraendo così gli uomini e le donne alla sofferenza a cui un Dio crudele li aveva destinati, la demonizzazione della spontaneità sessuale e del piacere fisico.
Il timore nei confronti del mistero della nascita della vita diviene timore di coloro che sono depositarie di tale potere. Ciò è evidente, in particolare, nelle accuse di stregoneria di cui erano vittime spesso le ostetriche o mammane così come le donne che, nelle epoche passate, praticavano forme rudimentali di controllo delle nascite. L’istituzione che rappresentava la religione reclamava così l’egemonia in un settore così delicato e importante, da suscitare spontaneamente un senso di sacralità. Possiamo notare come tale illegittima esigenza si sia manifestata ancora ai nostri giorni, nel corso della campagna per gli ultimi referendum contro la legge 40 sulla procreazione assistita. La strega divenne il capro espiatorio di tutti i mali. La miseria e le sue conseguenze, sofferenze, malattie e morte, trovarono così una facile giustificazione soprannaturale che permetteva di allontanare lo spettro della rivolta sociale. Dalle ricerche compiute dall’autrice emerge, infatti, un collegamento tra le ribellioni contadine in epoca medievale e gli episodi di violenta caccia alle streghe. Le ultime pagine sono poi dedicate ad alcune di quelle donne il cui sangue ha macchiato la storia del cristianesimo in maniera indelebile. L’autrice riporta stralci significativi di processi alle presunte “streghe”. Queste sono povere donne, alcune emarginate, ignoranti e quasi inconsapevoli di quanto sta loro accadendo, altre istruite e benestanti (i beni delle condannate venivano confiscati dai religiosi). Alcune forti e coraggiose, altre deboli e terrorizzate. L’autrice non insiste troppo sulle torture e sofferenze inflitte alle poverette, che venivano equiparate giuridicamente agli eretici. Sottolinea, piuttosto, il gioco perverso che porta alla costruzione dell’etichetta di strega, a cui le malcapitate non hanno alcuna possibilità di sottrarsi. Infine, il saggio ha il merito di riportarci verso quella parte della nostra vita psichica e sociale che ci è stata così abilmente sottratta: l’archetipo del femminile, la natura materna, gli antichi miti della fertilità e la nostra anima (anch’essa rappresentata come una divinità di sesso femminile in età classica): ciò che siamo, al di là di ogni lacerazione operata dai modelli culturali e religiosi e la vita quando essa ancora era gioia e amore, prima che si trasformasse in colpa ed espiazione.
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