Vittorio LussanaE così salta fuori che siamo felici. Secondo il World Happines Report 2018 dell'Onu, infatti, il tasso di suicidi è assai più alto in quei Paesi dotati di un welfare efficiente, disoccupazione inesistente e livelli di reddito elevati, rispetto a quelli in difficoltà economica come Grecia e Italia, o di molte nazioni africane. In realtà, si tratta di una 'non notizia': chiunque abbia un po' viaggiato per il mondo, oppure frequenti persone che vivono spesso all'estero per lavoro o per affari, era già a conoscenza di questa verità. Nei Paesi scandinavi, Danimarca compresa, il tasso di suicidi è più alto soprattutto per questioni climatiche: una buona parte dell'anno la si trascorre 'tappati' in casa, in una sorta di isolamento che aumenta a dismisura le probabilità di noia e abitudinarietà. E infatti, anche Svizzera, Belgio e Olanda non scherzano in termini di suicidi, tallonando i Paesi nordici da vicino. In secondo luogo, oltre al fattore climatico, una società bene organizzata ed efficiente spesso può condurre verso una stucchevole ricerca di perfezionismo. Soprattutto nelle prestazioni scolastiche dei più giovani, i quali, oltre a ritrovarsi iper-responsabilizzati dalle famiglie, alla lunga possono incontrare crolli psicologici paurosi di fronte alle prime, inevitabili, delusioni della vita. I Paesi mediterranei, invece, alle delusioni ci sono abituati. Sin quasi a costruire proprio sulle delusioni una sorta di filosofia 'fatalista'. Anche questo elemento dovrebbe farci riflettere. Innanzitutto, le difficoltà organizzative rendono, tutto sommato, la società e la vita quotidiana poco prevedibile, dunque quasi mai noiosa: un elemento da non trascurare affatto, sotto il profilo psicologico. In secondo luogo, cercare di assomigliare alle società avanzate dei Paesi del nord Europa denuncia una visione lineare e poco scientifica dello sviluppo socioeconomico complessivo di una nazione. Una linearità ingannevole, niente affatto realistica. Se certi capovolgimenti capitano raramente, durante la fase ascendente della propria esistenza, ciò non significa che il 'diavolo' non ci metta la 'coda' in un altro modo, magari attraverso l'acolismo o la depressione. La vita di donne e uomini di tutto il mondo, in effetti, è composta da cicli, fasi, periodi e stagioni ben distinte. E non è detto che un ciclo negativo non sia prodromico all'apertura di una successiva fase estremamente felice. E' un po' la rivincita dello storicismo di Giovan Battista Vico, se ci si pensa bene. La nostra vita è un 'pendolo': bisogna solo saper aspettare e mantenersi in buona salute. Tutto il resto, verrà da sé.




(articolo tratto dalla rubrica settimanale GIUSTAPPUNTO! pubblicata sul sito web www.gaiaitalia.com)

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Ernani Rotellini - Viterbo/Italia - Mail - lunedi 18 marzo 2019 9.25
L'articolo è molto bello e si può riassumere con: "si è umani quando si accetta l'insicurezza del domani ". Gli italiani sono tra i più bravi nel farlo. :)


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