Alessio Spelda"Sei solo chiacchiere e distintivo". Questa la battuta più famosa del noto capolavoro di Brian De Palma: 'Gli intoccabili'. E vogliamo utilizzare tale citazione per cercare di comprendere come mai il consenso di Lega e M5S appaia così 'granitico', nonostante le evidenti incongruenze e contraddizioni già emerse sin qui. Il Governo 'giallo-verde' si è ormai insediato da due mesi, dopo un azzardato impeachment e una crisi istituzionale gravissima, anche se durata solo qualche giorno. Ma già allora, erano evidenti alcune crepe nel 'governo degli onesti': il 'registro' è, già oggi, alquanto cambiato. E, insieme a esso, le parole e gli obiettivi. Il 'contratto di governo' stesso sembra una versione moderata di tutto ciò che i due Partiti avevano proposto in campagna elettorale. Degli argomenti importanti se ne parla poco, o in maniera assai vaga. Si passa dal 'No Europa' dei leghisti, a un 'meno Europa'. Di lavoro, se ne parla altrettanto poco: si è passati dal "rottamiamo il Jobs Act" e "lotta al precariato", al decreto dignità, che secondo Luigi Di Maio doveva essere "il colpo mortale al Jobs Act", mentre invece si tratta di una riforma alquanto 'diluita', che non contrasta quasi per nulla i contratti precari, cambiando ben poco rispetto al passato. Qualche passo in avanti viene fatto contro le delocalizzazioni. Ma, anche su questo tema, siamo lontani anni luce da quanto si dichiarava prima delle elezioni. Persino il banale: "Mai con la Lega. Non dimentico quei cori: 'Vesuvio lavali col fuoco'...", espresso dall'attuale ministro del Lavoro e dello Sviluppo economico nel giugno 2017, sembra non riuscire a intaccare l'aurea di fiducia dell'elettorato 'pentastellato'. Nessuna lamentela, nessun esposto di nessun candidato o attivista dei 5 Stelle contro questo evidente tradimento. Se si parte con questi repentini cambi di visione, come potrà mai finire questo governo? Quale strada perseguirà? Per il momento, sembra soprattutto l'esecutivo delle mine vaganti: non si sa mai chi colpirà, né quando. Era davvero questo il cambiamento che volevano gli italiani? A parole, siamo tutti molto bravi. E, ovviamente, c'è chi è più bravo di altri. Tuttavia, sino a oggi i due Partiti che compongono la maggioranza in parlamento si sono distinti soprattutto per una serie di 'dietro front', ritrattando moltissime delle loro posizioni. Anche quelle storiche, come la 'Tap' per i 5 Stelle. Eppure, per i loro elettori tutto sembra normale, come se non fosse successo nulla. Anche in questi giorni di lutto per il crollo del viadotto genovese, Salvini 'gonfia il petto' in quel di Viareggio, benché sia consapevole che la 'querelle al buio' in cui Palazzo Chigi ha deciso di avventurarsi contro i vertici di 'Autostrade per l'Italia spa' sarà complessa e piena di insidie. Eppure, tutti giustificano tutto e attaccano tutto ciò che non siano parole di Di Maio o di Salvini. Questa 'santificazione in Terra' è proprio ciò che non dovrebbe essere considerata politica, soprattutto a fronte delle continue contraddizioni e cambi di direzione. La vera differenza con l'era Renzi risiede soprattutto nell'opposizione: sembra, infatti, che questo esecutivo non ne abbia, a causa dei 'lavori in corso' nel Pd, il quale sembra essere in un periodo di 'ristrutturazione interna', mentre Forza Italia si accoda anch'essa nell'assenza. Al momento, sono quasi esclusivamente i Partiti più piccoli a fare opposizione come si dovrebbe. In ogni caso, tornando a questo 'benedetto cambiamento', l'unico che si sbilancia sui tempi, specificando quando lo avremo, è Matteo Salvini: "Conto di avere, entro la fine di agosto, i risultati dei gruppi di lavoro che abbiamo istituito, compreso ovviamente anche il capitolo sul reddito di cittadinanza. Di sicuro, la manovra d'autunno sarà diversa rispetto a quella degli ultimi anni. E daremo le prime e significative risposte sulla riduzione delle tasse". Gli italiani hanno votato per il cambiamento e sembrano pronti per un 'cambio di rotta', dato che è sulla bocca di tutti, anche con un motto 'salviniano': "Dalle parole ai fatti". A patto che si prendano delle decisioni chiare, soprattutto sui temi fondamentali: bisogna parlare di lavoro e tagliare i ponti con la precarizzazione. E bisogna parlare di welfare, in un'Italia con il 26% di persone povere o sulla soglia della povertà. Il cambiamento lo vogliamo tutti. A patto che sia radicale. Anche rispetto a questi ultimi mesi, in cui sono cambiate soprattutto le promesse.


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