L’Italia ha bisogno di una buona legge sull’immigrazione, severa ma giusta ed in regola con gli orientamenti generali della Unione Europea. Il principio generale lega l’immigrazione al lavoro: viene in Italia chi può lavorare in Italia per costruire il benessere della propria famiglia e contribuire a quello del nostro paese. Far venire chi non trova lavoro, chi viene per commettere reati o anche può essere indotto dalla disperazione a vendersi come manodopera del crimine, non serve alle persone che vengono e non serve al paese che li ospita. I cittadini italiani non sono razzisti ma, comprensibilmente, non amano i delinquenti. Far venire un gran numero di immigrati che devono arrangiarsi per vivere e facilmente finiscono con il diventare dei delinquenti è il metodo giusto per far diventare razzista un popolo che non lo è e per favorire l’equazione extracomunitario uguale delinquente. Lo spirito della legge sull’immigrazione è questo: collegare permesso di soggiorno e contratto di lavoro. Viene chi ha un contratto di lavoro. Proprio perché condividiamo questa filosofia di fondo della legge non possiamo accettare che degli extracomunitari che sono in Italia, lavorano e fanno il bene proprio e il bene del nostro paese vengano rimandati indietro senza una giusta ragione. Si tratta di tutti coloro che hanno un lavoro irregolare ma che sono in grado di regolarizzare la loro situazione perché il loro datore di lavoro è disponibile a firmare con loro un regolare contratto di lavoro. Se hanno un lavoro firmino il contratto e rimangano il Italia. Sarebbe un’ingiusta vessazione obbligarli a tornare al loro paese, far concludere il contratto a distanza e poi farli tornare indietro. Non dimentichiamo di essere stati noi stessi per circa un secolo paese di immigrazione e mentre dobbiamo dare regole severe dobbiamo evitare in ogni modo vessazioni o umiliazioni per gli uomini che vengono a lavorare tra noi. Il provvedimento che noi sosteniamo non è una sanatoria. Una sanatoria accetta una situazione di irregolarità e di illegalità e decide di chiudere gli occhi davanti ad essa. Noi non vogliamo una sanatoria ma una regolarizzazione, che porta alla luce e mette sotto l’imperio della legge delle situazioni di fatto che prima alla legge si sottraevano. Nel momento in cui regolarizziamo con un apposito provvedimento del governo la situazione dei lavoratori italiani che vogliono, d’accordo con i loro datori di lavoro, uscire dalla economia sommersa, non possiamo non offrire le medesime possibilità, anche ai lavoratori extracomunitari che si trovano in una analoga condizione. Un atteggiamento diverso sarebbe non solo disumano verso i lavoratori extracomunitari ma anche dannoso per centinaia di migliaia di cittadini italiani. Tante e tante famiglie provvedono ad assistere gli anziani non autosufficienti, per esempio, con la collaborazione di cittadini extracomunitari e, se dovessero perdere questo sostegno, non saprebbero come fare e sarebbero costretti a scaricare sul sistema sanitario pubblico i loro cari con costi molto più alti e probabilmente insopportabili. La nostra proposta concilia le ragioni della giusta severità e della difesa dei cittadini contro i pericoli della immigrazione sregolata con quella della umanità, della solidarietà e del rispetto della dignità personale dei lavoratori sostenute con forza particolare dalla Chiesa italiana.
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