Alessandro LozziC’era una volta in Italia il mondo laico. Era un mondo minoritario, ma non un mondo minore, anzi. Al magro bottino elettorale suppliva una elevatissima elaborazione culturale. In un Paese di clericali mezzo comunisti e di comunisti mezzo clericali, quale era l’Italia del dopoguerra, questo mondo, fatto di pochi voti e di grandi personalità, ha cooperato e, quando è stato necessario, si è scontrato, con altrettanto grandi personalità democristiane, trasformando l’Italia da Paese sconfitto e agricolo a Paese industriale e moderno. Quel mondo oggi non c’è più perché sono venuti meno i suoi pilastri: l’orgoglio per la propria autonomia e la consapevolezza della forza delle proprie idee. Al loro posto oggi ci sono due sterili estremismi. Il primo estremismo è quello dei laici radicali. Questi prima rifiutano ed impediscono una rappresentanza politica nelle istituzioni legislative, e poi ingaggiano, con toni da anticlericalismo ottocentesco, battaglie referendarie impossibili. Il secondo estremismo è quello dei laici pallidi, neo-teo-conservatori alla Pera o Ferrara. Questi partono osservando la innegabile crisi di valori della società attuale e concludono che il rimedio consiste nell’ adottare quelli cattolici. La tesi dei laici pallidi fa tornare alla mente la gag di Groucho Marx che diceva: “Questi sono i miei principi. Se non ti piacciono ne ho degli altri”.
Il Dio di Stato - Al congresso del suo partito il presidente della Camera ha sentenziato: “Non è in discussione lo Stato laico bensì il laicismo di chi vorrebbe uno Stato senza Dio”. Fantastico, privatizziamo le partecipazioni statali e nazionalizziamo Dio. Libero mercato e religione di Stato, un binomio perfetto. La teoria che Casini enuncia, con sprezzo del ridicolo, altro non è che la conseguenza politica della posizione di Ratzinger (dello studioso, non del Papa) per cui i laici, in questo momento di crisi di valori, dovrebbero vivere “come se Dio fosse” cioè sposando l’etica cattolica senza porsi il problema dell’esistenza di Dio.
Lo Stato senza Dio - Accettare il principio, apparentemente innocuo, di vivere “come se Dio fosse” vuol dire rifiutare un’etica umana per accettarne una divina. Ma la differenza fondamentale, tra il Dio di Stato ed uno Stato senza Dio, è che l’uomo cristiano ha il problema di giustificare se stesso davanti a Dio mentre l’uomo moderno laico ha il problema di giustificare i propri valori, norme e azioni davanti a se stesso e davanti alla legge. Laico non è il negatore di Dio, ma chi appunto ragiona fuori dall’ipotesi di Dio (etsi deus non daretur) accettando i limiti invalicabili dell’esistenza e della conoscenza umana. Lo Stato laico, che a differenza dell’Islam l’Occidente si è dato, nasce proprio così, lasciando la sfera religiosa al privato di ciascuno e riconoscendo nella Stato lo spazio di tutti.
Il compito dei laici - Per rendere un servizio al proprio Paese, oltre che alla propria dignità, i laici dovrebbero abbandonare ogni forma di sudditanza culturale (motivata da personali interessi elettorali) ed iniziare a competere e concorrere con i cattolici. Laddove competere e concorrere assumono il significato etimologico di cercare insieme e di correre insieme. Come tutti i laici dovrebbero sapere, la competizione e la concorrenza sono la migliore forma di collaborazione. Per fare questo l’esperienza insegna che serve un partito laico, magari piccolo, che faccia da contrappeso ai tanti partiti cattolici, grandi e piccoli che siano. Questo partito non si farà perché i potenziali protagonisti sono ormai onanisticamente interessati solo a processi autocelebrativi. E noi, poveri europei d’Italia, che viviamo in un Paese dove la scuola espelle dai propri programmi l’evoluzionismo, la ricerca sui geni è vietata, il numero di embrioni da impiantare non lo decide il medico ma la legge, il divorzio ha tempi ormai lunghissimi, l’uso della marjuana è equiparato allo spaccio di droga, siamo costretti a vedere in Zapatero non un demagogo qualunque, ma un grande statista riformatore.


Articolo tratto dal quotidiano 'L'opinione di Firenze' dell'8 luglio 2005
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