Ennio TrinelliI social network, oltre all'idiozia, tirano fuori anche la necessità di ognuno di credere di essere qualcuno. L'account Twitter a me riconducibile è costantemente preda dei 'follow' di uomini e donne che, rigorosamente in inglese (spesso assai sgrammaticato), decantano le loro doti e i loro inesistenti 'status' in 140 caratteri. E debbo ammettere che inventarsi 'panzane' in 140 caratteri e in un'altra lingua, oltre all'inutilità, ha un qualcosa di geniale. Questi 'follow' si tramutano in 'unfollow' in poche ore, se il 'follow' non viene restituito. E con me cascano male. Ma questo delirio della personalità bilingue si manifesta come un'appendice del profondo desiderio dei nostri compatrioti a sentirsi qualcuno, invece di sforzarsi per diventarlo. Date loro un titolo qualsiasi, da capomastro a chef, da sindaco a presidente del consiglio, da capo sguattero a 'capo-becchino' e li vedrete illuminarsi d'immenso. Perché è il titolo che li rende orgogliosi, non l'essere preparati al ruolo. E viene davvero il dubbio che tanti (troppi) di coloro che siedono in parlamento siano affetti da questa stessa disturbante malattia...


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