Carla De LeoE' tutto un conflitto di percezioni e 'apparenze'. O tra diverse 'tipologie' di propaganda. Quelle della Lega Nord contro gli immigrati e le tragedie che stanno capitando nel mar Mediterraneo sono, indubbiamente, delle evidenti 'sparate' ad 'alzo zero'. Ma anche l'atteggiamento del Governo Renzi non può ritenersi esente da critiche. In particolare, da parte nostra. La legge di stabilità 2014-2016, approvata alla vigilia di Natale dello scorso anno, ha infatti tagliato del 22% il Fondo nazionale per l'infanzia e l'adolescenza per il 2014 e del 30% circa per il 2015 e il 2016. In totale, stiamo parlando di un Fondo nazionale 'tagliato' dell'80% negli ultimi dieci anni. La nostra sensazione rimane perciò quella di un esecutivo che, nel 'silenziare' molte scelte e decisioni discutibili, o quanto meno dolorose, faccia anch'esso, a suo modo, molta propaganda. In una maniera meno 'ingenua', forse, rispetto a Matteo Salvini e alle 'selvagge destre' di 'casa nostra', ma con egual furbizia e ipocrisia. Nel mondo, sono 168 milioni i bambini abbandonati: 30 mila soltanto in Italia. Numeri allarmanti, che aumentano ogni anno di 5 milioni, sino a classificare l'abbandono dei minori come la quarta emergenza umanitaria del XXI secolo. Affidamento e adozione sarebbero le strade per combattere questa 'piaga', che nega dignità e diritti a tanti innocenti. Ma quante difficoltà! I 'bambini di strada' sono ovunque, in mezzo a noi. E noi neanche li vediamo. Sono invisibili, eppure esistono. E sono tanti, troppi. Con l'espressione 'bambini di strada' si indicano, in generale, tutti i minori di 18 anni la cui esistenza quotidiana si svolge essenzialmente per le strade, fuori dal proprio nucleo familiare e da qualsiasi comunità o struttura adatta ad accoglierli e a prendersi cura di loro. Sono bimbi che crescono senza la guida di una figura adulta, di fiducia, che li ami e li protegga. Alcuni vivono in famiglia, ma lavorano per strada; altri fanno ritorno occasionalmente dalle loro famiglie; altri ancora non hanno più alcun legame con le loro famiglie, poiché fuggiti, abbandonati, sottratti a genitori incapaci di provvedere al loro benessere, o in quanto orfani. È molto difficile stimare quanti siano, nel mondo, i bambini di strada. Alcune ricerche parlano di 100-150 milioni di minori. Ma recenti stime dell'Unicef, la principale organizzazione mondiale per i diritti dell'infanzia e premio Nobel per la pace, che opera in 156 Paesi in via di sviluppo con programmi di assistenza e in 36 Paesi industrializzati attraverso i suoi Comitati nazionali, fissano intorno ai 168 milioni il numero di infanti abbandonati al loro destino. E secondo l'Ai.Bi., l'associazione Onlus 'Amici dei bambini', più di 34 mila sono quelli in Italia. Molti sono orfani, ma nella maggior parte dei casi i genitori biologici sono ancora in vita, benché non in grado di occuparsi di loro (almeno temporaneamente) per negligenza, in quanto malati o con problemi di tossicodipendenza da alcool e da droga, oppure ancora perché in carcere. Vittime anche di abusi o di famiglie disgregate, i bambini vengono allontanati dalle loro case e affidati a strutture di accoglienza per minori, o in 'case famiglia'. Sono numeri catastrofici che, sempre secondo l'Unicef, sono destinati ad aumentare costantemente. Anche perché continua a crescere vertiginosamente il numero dei genitori che, per vari motivi, sono impossibilitati a seguire i propri figli nel processo di crescita. Infatti, se nel 2004 i minori abbandonati erano circa 145 milioni, nel 2010 se ne contavano già 163 milioni. Ciò significa che, in media, ogni anno ci sono circa 5 milioni di minori abbandonati in più. Diverse le cause alla base di una simile tragedia mondiale. La maggior parte dei bambini restano soli a causa della morte dei genitori: soltanto gli orfani dell'Africa subsahariana, dell'Asia, dell'America Latina e dei Caraibi superano abbondantemente i 145 milioni di bambini. Ma la morte dei genitori è determinata, 8 volte su 10, dall'Aids. Tra il 2001 e il 2003, il numero globale di orfani a causa di questo virus era cresciuto da 11.5 milioni a 15 milioni, ma secondo le stime delle Nazioni Unite, il morbo avrebbe continuato e continuerà a causare un numero sempre crescente di bambini orfani nel mondo (in media, un +3% ogni 2 anni). Sono proprio i Paesi più poveri, in particolare quelli di Africa, Asia, America Latina, Carabi ed est Europa, a 'produrre' il maggior numero di 'bambini di strada'. Oltre a tutto ciò, anche la fame, la mancanza di politiche sociali adeguate e una pessima redistribuzione dei redditi, costringe i genitori a obbligare i propri figli a lavorare sin da piccoli o ad abbandonarli per strada, alla mercé della sorte. Ovviamente, su questo versante 'globale' della questione le nostre obiezioni sono da tempo indirizzate nei confronti delle religioni e, in particolare, contro la Chiesa cattolica. La quale, pur operando in contesti molto difficili con i propri missionari, ai livelli gerarchici e di curia più elevati rimane restìa, ancora oggi, a prendere in esame rimedi tutto sommato poco invasivi per contrastare la diffusione del virus dell'Aids, come per esempio l'uso del preservativo. Così come rimane ostile a ogni politica di contenimento delle nascite. Nei Paesi sviluppati, invece, con la denominazione 'bambini di strada' si indicano, principalmente, i fanciulli abbandonati: quelli che, lasciati in grave stato di trascuratezza, sono costretti a lasciare la propria casa. Si tratta, in genere, di bimbi che provengono da famiglie disgregate, con gravi problemi interni (psicologici, malattie, tossicodipendenze) o dalle classi sociali più basse. Nonostante il mondo occidentale sia alle prese con problemi di diversa natura nei confronti dei Paesi poveri, a cominciare dai possenti flussi migratori, ciò non significa che sia esente dalla 'piaga'. E i numeri lo confermano: solo negli Stati Uniti, i minori 'fuori famiglia', i cosiddetti 'care leavers', sono 750 mila. Numeri preoccupanti, che classificano l'infanzia abbandonata come una vera forma di schiavitù moderna, che priva milioni di bambini della libertà e del diritto di essere figli.

I diritti dei bambini
Per cercare di arginare un'emergenza che già verso la fine degli anni '80 del secolo scorso si mostrava in tutta la sua gravità, il 20 novembre 1989 venne redatta la 'Convenzione sui diritti del fanciullo'. La Convenzione, firmata all'unanimità (a eccezione di due Stati) presso la sede delle Nazioni Unite a New York, segnò un importante passo in avanti: per la prima volta si riconobbe che il bambino è "soggetto di diritti" e non più "oggetto del diritto". In particolare, la Convenzione stabilì che tutti i bambini, indistintamente dal loro sesso, hanno diritto alla vita, al nome, a una famiglia, alla loro identità, a esprimere la propria opinione e a essere ascoltati. Hanno diritto alla salute, a un'istruzione di qualità, al gioco e a vivere liberi da condizioni di povertà e di degrado. Inoltre, tutti i bambini devono godere della libertà di espressione, di pensiero, di religione e di associazione. E devono essere tutelati da qualsiasi forma di violenza e sfruttamento, sessuale o economico. Attraverso l'adesione alla Convenzione, tutti i Paesi firmatari si sono assunti la responsabilità di rendere effettivi tali diritti, indipendentemente dalla razza, dal colore della pelle, dal sesso, dalla lingua parlata, dalla religione professata e dall'origine nazionale, etnica e sociale. In Italia, l'organismo deputato a coordinare le azioni e gli impegni presi a New York - impegni che vengono riaffermati ogni 2 anni in un 'Piano di azione per l'infanzia' - è il ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, in collaborazione con l'Osservatorio nazionale per l'infanzia e l'adolescenza e il Centro nazionale di documentazione e analisi per l'infanzia e adolescenza. Il 21 gennaio 2011 era stato approvato, dall'allora presidente della Repubblica italiana, il terzo 'Piano nazionale per l'infanzia'. Nel provvedimento venivano previste una serie di azioni e interventi legislativi, programmatori e operativi, che impegnavano le amministrazioni centrali, le Regioni e gli Enti locali nella promozione e nella tutela dei diritti di bambini e adolescenti, in conformità con gli obiettivi della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo. In ogni parte del mondo, tutti i bambini hanno e devono godere degli stessi diritti. E ogni governo deve impegnarsi affinché questi vengano rispettati. Tuttavia, nonostante i passi in avanti e i notevoli sforzi, molti esecutivi non riescono ad assicurare questi diritti. E milioni di bambini continuano a vivere in condizioni di povertà estrema e di abbandono. In molti Paesi, le sole 'forze' schierate e realmente impegnate 'sul campo' sono le Ong che, da un lato, tentano di sensibilizzare l'opinione pubblica (nella speranza di una donazione), dall'altro, cercano di barcamenarsi per riuscire a dare accoglienza, sostegno, assistenza, cure sanitarie e istruzione al maggior numero possibile di bambini. Qualche segnale positivo sembra giungere proprio dall'Europa. Con il bilancio UE 2014-2020, approvato l'anno scorso dal parlamento europeo, è stato stabilito che i bambini non devono essere penalizzati da alcun 'taglio' alle politiche sociali e debbono tornare a rappresentare un obiettivo prioritario dei programmi di finanziamento stanziati dall'Unione europea. In sostanza, l'infanzia è tornata a essere una priorità nelle politiche di bilancio dell'Ue. Tutt'altra musica, invece, in quel 'cortile' che è ormai divenuta la politica italiana, in cui nessuno ricorda - o fa finta di non ricordare - i continui 'tagli' da 'macelleria sociale' operati negli ultimi decenni da Governi deboli e infingardi. Ovviamente, il fenomeno dell'infanzia abbandonata è troppo ampio e complesso per poterlo riassumere in una serie di cifre o provvedimenti. Quello che comunque qui importa sottolineare è che, nonostante le gigantesche proporzioni di tale tragedia, anche su questo 'fronte' si debba e si possa fare molto di più. Tutti potremmo dare il nostro contributo, se lo volessimo. Come? Innanzitutto, vagliando strade importanti come l'affidamento e l'adozione.

L'affidamento e l'adozione
Affidamento e adozione, anche 'a distanza', sono le strade percorribili per combattere una piaga che, nonostante le varie Convenzioni internazionali, nega dignità e il diritto ad avere una famiglia a milioni di innocenti. Anche questi sono percorsi che presentano più di una difficoltà. Prima tra tutte: i costi eccessivi, soprattutto delle adozioni internazionali, i tempi troppo lunghi della burocrazia e le estenuanti 'indagini' sulle famiglie. Probabilmente, non è un caso se, in Europa, si è registrato per la prima volta un calo delle coppie disponibili ad adottare, nonostante siano in aumento le coppie 'sterili' (una su quattro). Anche in Italia sono diminuite le famiglie pronte ad adottare: dalle 6.237 coppie del 2006, si è passati alle 5.635 del 2007, alle 4.377 del 2009, alle 3.548 del 2010 e alle 3.179 del 2011. E così via, scemando sempre più. Anche sul fronte dell'affido, le notizie non sono positive: nel 2010, le comunità italiane ospitavano 14.781 bambini. 14.528 erano stati accolti nelle case delle famiglie affidatarie. E ciò significa che, rispetto al 2008, erano ben 700 le famiglie in meno in grado di svolgere il proprio ruolo sociale. Tutto questo accade nonostante sembri che tra gli italiani non sia diminuito il desiderio di avere un bambino: tra il 2006 e il 2010 sono infatti aumentate del 45% le pratiche per la fecondazione assistita (fonte: Istat). A diminuire, allora, è la voglia di adottare un bambino, forse perché in Italia, unico Paese insieme al Belgio, il percorso per l'adozione passa ancora attraverso le pratiche 'inquisitorie' e 'medievali' dei tribunali. Occorrerebbe 'snellire' le procedure e apportare delle riforme, se davvero si desidera dare una casa e l'amore di una famiglia ai tantissimi bambini soli. Perché, lo ricordiamo ancora una volta, i minori abbandonati al loro destino sono milioni. E per la strada, diventano facili vittime di abusi e sfruttamento. Milioni di volti, di tutti i colori e di tutte le razze, uniti dallo stesso destino di indifferenza e solitudine, che raccontano storie di guerra, di povertà, di fame, di violenza, di tossicodipendenza, di abusi e malattie. Visi sui quali il sorriso si è spento troppo presto, vittime innocenti di una società ipocrita che, voltando il proprio sguardo da un'altra parte, finge di dimenticare che questi bambini esistono veramente. Quando, invece, dovremmo impegnarci di più per non lasciarli soli, perché se anche non li vediamo, loro esistono: non sono invisibili. Questi bambini non hanno nessuna colpa: sperano soltanto che, prima o poi, qualcuno li veda, li ascolti e li ami.


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