Carla De LeoIn che modo un Paese può essere più innovativo, competitivo, attraente? E come la nostra società può essere migliorata? La crescita economica è indissolubilmente legata alle prospettive di un Paese: più queste saranno ambiziose, tanto più la capacità di autoanalisi e, dunque, di messa in discussione dei fattori che inibiscono lo sviluppo, dovrà essere lucida e attuata in azioni concrete. E ciò significa porre in atto una serie di riforme che spazino dall'ambito economico a quello finanziario, passando attraverso norme tese a migliorare e a favorire la conoscenza, non solo con l'obiettivo di formare personale altamente qualificato, ma come tentativo di annullare il più possibile il divario esistente tra i luoghi dell'istruzione e quelli del lavoro. Più un esecutivo è attento, incline e sensibile a queste tematiche, maggiore diviene la sua forza nell'invogliare investimenti. Argomento, quest'ultimo, di vitale importanza per l'Italia, che ha necessità e urgenza di attrarre capitali e puntare alla crescita. Tutto ciò è stato recentemente affrontato durante l'evento 'Ibac Italy 2015', tenutosi a Roma il 12 e 13 giugno scorso, in occasione dell'incontro tra diversi esponenti del nostro Governo e i principali vertici delle più importanti multinazionali del mondo. L'Ibac (International business advisory council) è un organismo nato a Shangai 27 anni fa che si prefigge, come obiettivo, proprio quello di suggerire 'best practices' per attrarre investimenti, migliorare la qualità della vita, sviluppare tecnologie e infrastrutture, al fine di rendere più competitivo un territorio a livello internazionale. Durante queste due giornate di lavori, è inevitabilmente emerso che l'Italia, se vuol realmente ricominciare a crescere, deve attuare una serie di riforme, alcune già presenti nei programmi del nostro attuale esecutivo. Riforme tese a creare condizioni più favorevoli per gli investitori. Il ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni, ha aperto l'incontro sottolineando che "gli investimenti sono comunque cresciuti, anche negli anni della crisi e, finalmente, vediamo segnali di ripresa e una tendenza diversa. I dati sembrano confermare questo trend anche per il 2015. Sono sicuro che siamo sul percorso giusto e il fatto che l'Italia si piazzi al dodicesimo posto, dopo Francia e Germania, tra i Paesi più 'attraenti' per gli investitori, sembra confermare la virtuosità del percorso intrapreso. Ma la strada è ancora lunga, soprattutto nell'ambito delle politiche economiche, per rendere più efficace lo sviluppo e la crescita economica". Nuove leggi per ridurre gli impedimenti e normative per attirare investimenti esteri sono già state presentate e, in alcuni casi, attuate. La norma 'Salva-Italia' o il piano straordinario per la promozione del 'Made in Italy', approvati alla fine dello scorso anno sono nate proprio con questo obiettivo. "Ora, per avviare una piena ripresa", ha continuato il ministro, "è necessaria una strategia forte, che volga positivamente lo sguardo e che mandi messaggi forti alla nostra società e alla comunità internazionale. Da questo punto di vista, anche 'Expo 2015' rappresenta una buona opportunità, non solo per proporre soluzioni alle sfide globali, ma anche come possibilità di creare rete e far intuire al mondo ciò che il nostro Paese vuol diventare". Tuttavia, per migliorare il business nazionale, le riforme da sole non bastano. Occorre il coordinamento tra diverse aree di azione, per esempio quella politica, quella economica e quella dell'istruzione e della ricerca, al fine di 'remare' verso un obiettivo comune. Bisogna finanziare e promuovere iniziative in comparti strategici come energia e sviluppo, finalizzate a crescite nazionali e internazionali: "Solo in questo modo è possibile attrarre investimenti esteri, cruciali per il nostro tessuto industriale", ha specificato nel suo intervento il ministro dello Sviluppo economico, Federica Guidi, che ha anche ricordato come il Governo sia realmente impegnato nel sostenere iniziative produttive, per le quaqli è già stato previsto lo stanziamento di 5 miliardi di euro. "Grazie ad alcuni interventi di liberalizzazione", ha spiegato la 'ministra', "abbiamo abbattuto molte barriere alla concorrenza che, in passato, hanno frenato la produttività. Ora, stiamo insistendo sulla collaborazione tra multinazionali, istituzioni finanziarie e Pmi. E stiamo mettendo a punto una serie di incentivi e crediti fiscali destinati alla ricerca e allo sviluppo, legati all'assunzione di personale altamente qualificato". La possibilità delle aziende di poter esplorare liberamente nuove forme organizzative è anch'esso un modo per creare più spazi per gli investimenti, poiché ciò dà l'opportunità a nuovi protagonisti di entrare su mercati in precedenza chiusi. Lo sforzo riformistico del Governo deve perciò tendere a sanare la struttura fiscale del nostro Paese, liberare forze virtuose limitate, finora, da una normative 'cervellotica' e puntare alla conoscenza. Quest'ultimo aspetto risulta cruciale per il miglioramento della società e affrontare questioni globali. Tematiche in cui ogni Paese possiede diritti, ma anche doveri. Per questo motivo, è necessaria una profonda riflessione su come rendere disponibile la conoscenza, perché i cittadini devono incrementarla, al fine di usufruire di tecnologie innovative. All'interno di una simile prospettiva, diviene cruciale il ruolo della scuola "che deve diventare una fonte di fantasia, empatia e creatività, favorendo il dialogo aperto", ha specificato il ministro dell'Educazione, dell'Università e della Ricerca, Stefania Giannini, "pertanto", ha aggiunto, "la scuola necessita di riforme e di strategie verso la ricerca. L'impostazione del nostro sistema di istruzione va cambiato: la valutazione degli insegnanti, gli investimenti destinati alla loro formazione e gli interventi mirati a colmare il divario tra scuola e mondo del lavoro sono ormai indispensabili. La disoccupazione, in Italia, è spesso legata alla sproporzione tra domanda e competenza. Per questo motivo, gli studenti devono essere prepararti al mondo del lavoro. E le innovazioni che intendiamo introdurre potranno vincere moltei riluttanze". Investire sulla ricerca e sull'Università, sul legame tra scienza, ricerca e società, equivale a investire sul capitale umano, creando un legame tra istruzione e mondo del lavoro. Ciò significa investire, in particolar modo, sui giovani, favorendo mobilità e circolazione di cervelli. Ovvero, una vera e propria 'mobilitazione' di energie e la circolazione delle idee. Ma per convincere gli investitori esteri a puntare sull'Italia è necessario che queste intenzioni a evolversi come sistema economico, sociale e culturale diventino azioni tangibili e non solo 'bella' retorica. E infatti, Sir Martin Sorrell, chairman (presidente del Consiglio di amministrazione, ndr) di Ibac, lo ha fatto notare: "Il programma dell'Italia ha colto gli argomenti giusti: è valido e ambizioso. L'aspetto-chiave sta nell'attuazione del 'piano', perché per investire in Italia abbiamo bisogno di vedere segnali più concreti. C'è sicuramente una forte attenzione nei confronti dell'Italia, il cui potere attrattivo è molto forte. E sono pienamente d'accordo sulla necessità di apportare riforme significative, specie sul mercato del lavoro. Ma questi messaggi positivi devono arrivare in maniera forte, in Italia, e fuori dall'Italia. Perciò, è necessario che l'Italia attui la propria strategia". Un simile parere non induce a molte interpretazioni: il Governo Renzi deve ora necessariamente passare a una 'fase 2' del proprio mandato esecutivo. Molti 'scogli' e litigi della nostra politica interna debbono essere superati, attraverso l'innesto di una nuova fase programmatica ed 'espansiva'. Le 'fondamenta' per far uscire l'Italia da una lunga fase di 'stagnazione' ormai sono state poste, bene o male. Adesso, si deve passare all'attuazione strategica.


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