Carla De LeoIn occasione del vertice dedicato alla Libia, tenutosi di recente a Villa Madama, il nostro Paese ha affermato la necessità di intensificare gli sforzi per cercare di stabilizzare la crisi libica, contrastare efficacemente il fondamentalismo islamico e gestire la drammatica emergenza umanitaria

"Bisogna intensificare gli sforzi per cercare di stabilizzare la crisi in Libia, rafforzare il lavoro comune per il contrasto al terrorismo e rispondere efficacemente alla drammatica emergenza umanitaria". E' quanto ha dichiarato il ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione internazionale, Paolo Gentiloni, in occasione dell'incontro trilaterale tra Italia, Egitto e Algeria, svoltosi lo scorso 8 aprile a Villa Madama. Al vertice internazionale erano presenti il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Soukry e quello algerino, delegato per gli Affari maghrebini e africani, Abdelkader Messahel. Un incontro fortemente voluto dal nostro apparato diplomatico, necessario per fare il punto sulla crisi in Libia: la nostra tradizionale 'quarta sponda' nei confronti della quale siamo moralmente obbligati a svolgere un ruolo politico importante. Non soltanto per la nostra posizione geografica, ovviamente, ma per tutta una serie di relazioni storiche, culturali ed economiche che palesano il dovere di assumersi delle responsabilità. "Una Libia più stabile e con un Governo maggiormente inclusivo significa più opportunità di pace e sviluppo economico per tutto il Mediterraneo", ha spiegato Gentiloni. Il quale ha poi evidenziato i primi segnali incoraggianti provenienti dal Governo di Tobruch, il cui presidente del parlamento si è impegnato ufficialmente nella promessa di una maggior inclusività e stabilità nazionale. "L'Italia è impegnata a contribuire per un'evoluzione positiva della situazione, testimoniata anche dalla delegazione di Tobruch in visita a Roma", ha infatti assicurato il responsabile della nostra diplomazia, mentre il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Soukry, nel suo auspicio per una cessazione delle ostilità a breve termine, ha ribadito l'importanza della collaborazione del suo Paese con Italia e Algeria, nel quadro di una risoluzione delle 'sfide' generatesi in Libia: "Abbiamo potuto parlare e condividere le nostre opinioni, all'interno di un dialogo politico sponsorizzato dall'Onu, che ci ha visti uniti e partner nella lotta al terrorismo. Una lotta che tutti i membri della comunità internazionale debbono sostenere". Il membro dell'esecutivo de Il Cairo individua nella creazione di un Governo di 'unità nazionale', che sia espressione del popolo libico e che risponda a indicatori democratici effettivi "uno dei primi passi per garantire stabilità nella regione". E si è dichiarato fiducioso per il fatto che "l'impegno a combattere il terrorismo, la necessità di creare un Governo di stabilità nazionale e la volontà di collaborazione tra i sistemi di sicurezza, che potranno limitare ulteriormente le minacce, dimostrano come le nostre posizioni siano nella più piena intesa". Sulla stessa linea anche il ministro algerino, che ha ribadito l'urgenza di un 'controllo' sulla situazione libica che rischia, altrimenti, di produrre "conseguenze dirette anche sulla sicurezza nazionale di altri Paesi", come peraltro dimostrato dai recenti gravissimi fatti di Tunisi. Anche se ha ricordato come alcune indicazioni positive ci siano: "I segnali lanciati dalla Libia sono di volontà. I libici vogliono risolvere in modo politico e dialogante la crisi. Il coordinamento dovrà proseguire e rafforzarsi anche ad altri livelli", ha precisato Abdelkader Messahel, "soprattutto sul versante 'catastrofico' degli aiuti umanitari". Un incontro, quello tra Italia, Egitto e Algeria "che darà vita a un lavoro comune, ma che certamente non può sostituirsi al popolo della Libia, il quale deve essere protagonista della propria rinascita", ha specificato Gentiloni, "anche se i Paesi vicini sono tenuti a garantire una cooperazione congiunta e concertare i propri sforzi per accompagnare i cittadini libici nella lotta contro il terrorismo, offrendo sostegno nella costruzione di un Governo più inclusivo e maggior aiuto nell'opera di ricostruzione e stabilizzazione economica". Il ministro italiano ha inoltre sottolineato come il vertice di Villa Madama abbia rappresentato "un importante contributo per sostenere la volontà del popolo libico, fondamentale anche per ciò che avverrà in futuro. Noi aspiriamo alla cessazione di ogni ostilità e attività militare e daremo sostegno a qualsiasi Governo avallato dal popolo, al quale, attualmente, è stata tolta la possibilità di incidere nella propria vita quotidiana". Il coordinamento con i Paesi vicini garantirà il sostegno anche per un dialogo con l'Onu, in modo che la Libia "possa rientrare nel contesto arabo come un'entità produttiva" ha sottolineato il ministro egiziano Sameh Shoukry. "Il popolo libico", ha invece aggiunto Abdelkader Messahel, "chiede pace e stabilità: la loro aspettativa è evidente. Noi, Paesi vicini, dobbiamo accompagnare gli sforzi del popolo libico. Possiamo aiutarli e accompagnarli, attraverso il dialogo, lungo la via di una soluzione politica, evitando ulteriore caos e frenando il terrorismo dilagante. Fermo restando che la non ingerenza negli affari degli altri è un 'principio-faro' e che, quindi, solo i libici possono decidere del loro futuro". La via per raggiungere tali obiettivi passa, pertanto, per il rafforzamento di un lavoro comune, che si ponga come efficace opera di contenimento del terrorismo. Ma ciò, ovviamente, lascia intendere che ogni tipo di impegno dovrà sottostare alle decisioni delle Nazioni Unite, affinché ogni genere di 'azione congiunta' sia percepita in un quadro di legalità internazionale. A chi chiede la possibilità di un vero e proprio intervento armato vanno quindi ribadite tali premesse. "La lotta al terrorismo deve essere affrontata anche da un punto di vista politico-militare", ha spiegato Shoukry, "ma è necessario un approccio globale comune, palesandosi come minaccia uguale per tutti i popoli. Non possiamo reagire in base a ideologie radicali: meglio utilizzare, tutti quanti, le stesse norme standard". L'Algeria sembra dunque suggerire una serie di processi di coordinamento, sia sul versante bilaterale, sia regionale, che mirino all'esaurimento delle fonti economiche del terrorismo, ma anche alla riabilitazione dell'Islam tradizionale. Il che significa un diverso ruolo della stampa internazionale, delle moschee e di una corretta interpretazione delle libertà democratiche. Un'indicazione interessante, a nostro avviso, che ci invita a riflettere sulle svariate forme di strumentalizzazione e di 'spettacolarizzazione' di una problematica culturalmente controversa, assai delicata, che attraversa l'intero mondo islamico come un vero e proprio 'cavo elettrico', rischiando di generare nuovi, ulteriori, gravissimi 'corto circuiti'. Non a caso, Gentiloni ha chiuso il vertice sottolineando come il terrorismo significhi, anche e soprattutto, "vittime innocenti e conseguente urgenza umanitaria". E proprio in base a tale consapevolezza e alla necessità di intervenire in maniera più efficace e significativa, il nostro ministero degli Esteri ha recentemente approvato un "investimento d'emergenza" in favore dei bambini palestinesi, poiché in questioni di tale portata e gravità "bisogna dare un contributo concreto e affrontare con coraggio un aspetto sensibile come quello dell'infanzia".


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