Giorgio PrinziNessuno ne parla, ma in Libano il contingente italiano è ad alto rischio. Se la situazione dovesse precipitare, si troverebbero stretti tra almeno due ‘fuochi’, senza adeguati armamenti per fronteggiare la potenziale offesa. Un approccio di basso profilo, omologo a quello che ha caratterizzato e caratterizza la vicenda dei due sottoufficiali della Brigrata Marina ‘San Marco’, ancora ben più grave per la drammatica situazione, potenzialmente tragica, in cui i nostri militari potrebbero venirsi a trovare. Ovviamente, noi del gruppo Facebook ‘Riportiamo a casa i due militari prigionieri’ non possiamo che fortemente auspicare che lo sforzo diplomatico in atto per un cessate il fuoco definitivo tra Gaza e Israele abbia successo, ma realisticamente non possiamo altresì fare a meno di rilevare la radicalizzazione delle rispettive posizioni, che non lascia certo spazio a soverchie illusioni in una speranza che potrebbe venire delusa. Un salto di qualità sono stati i colpi di ‘avvertimento’ sparati contro la sede di ‘al Jazeera’ a Gaza. Certo, l’emittente del Qatar non è neutrale e non sempre diffonde notizie corrette, come nel caso delle cosiddette ‘primavere arabe’ da essa fomentate. Però, l’avvertimento a fuoco nei suoi confronti non può venire interpretato se non come un segnale al Qatar, che sostiene materialmente e attivamente Hamas. Naturalmente, non possiamo che fortemente auspicare che lo sforzo diplomatico in atto per un cessate il fuoco definitivo abbia successo, ma realisticamente non possiamo fare a meno di prendere in considerazione ipotesi diverse, quali quelle di interventi diretti nel conflitto di terzi, quali Hezbollah dal Libano e altri soggetti animati da radicalismo interventista dalla Siria e dall’Egitto o da altri ‘Paesi’ quali lo ‘Stato Islamico dell’Iraq e della Grande Siria’, Isis, dal quale sembra stiano muovendo gruppi armati per portare aiuto militare ad Hamas. E infine l’Iran, che sotto il duplice mandato del passato presidente Mahmoud Ahmadinejad si era caratterizzato per l’intenzione di voler cancellare Israele dalla carta geografica, sviluppando a tal fine un programma missilistico e nucleare militare. Sarà un caso, ma con la crisi di Gaza le trattative per il suo congelamento si sono arenate. Prossimo incontro a novembre 2014. “Quelli che il filosofo Gianni Vattimo ha definito armi giocattolo”, fa notare il generale Fernando Termentini, amministratore del gruppo Facebook ‘Riportiamo a casa i due militari prigionieri’, “sono mostri lunghi dieci metri e pesanti quindici tonnellate. È poco probabile che Hamas li abbia costruiti interamente a Gaza, dove il territorio è attentamente e costantemente monitorato da Israele (clicca qui per verificare la fonte) e dove sono attivi agenti ben pagati che avrebbero già posizionato gli ‘illuminatori’ per guidare le armi ‘intelligenti’. Almeno componenti critici, quali le rampe e i motori - puntualizza il generale Termentini - sono giunti dall’Iran attraverso l’Egitto, con ogni probabilitá passando per i tunnel che lo collegano a Gaza. Vi sono segnali, riportati anche dalla stampa internazionale - prosegue il generale - di un possibile coinvolgimento di terze parti, quali Hezbollal dal Libano, che ha già in questo contesto effettuato un lancio senza seguito, Il contingente italiano funge da cuscinetto di interposizione sul confine della fascia occupata da Israele nel 2006. Se la situazione dovesse precipitare e vedere l’azione sinergica di diverse componenti da Libano e Siria, si troverebbe stretto tra più fuochi, in condizioni difficili per difendersi, in particolare da eventuali attacchi missilistici, in quanto non risulta che dispongano di sistemi anti missile del tipo ‘Iron Done’. Speriamo che, nel frattempo, si sia provveduto a dotarli di adeguati strumenti attagliati all'evoluzione dell'attuale scenario. Per queste ragioni”, conclude il generale Termentini, “abbiamo ritenuto richiamare l’attenzione su di esso, diramando il presente comunicato stampa, volto anche a sensibilizzare al riguardo il nostro Governo”. L’esperienza quotidiana degli ormai quasi novecento giorni della vicenda dei due sottoufficiali della Brigata Marina ‘San Marco’, trattenuti in India in dispregio del diritto internazionale e della prassi consolidata, ci porta a essere razionalmente pessimista sulla volontà, ancora prima che sulla capacità dei responsabili politici e dei vertici politico militari, di affrontare la questione con i dovuti distacco, razionalità e fermezza. Altri aspetti che inducono al pessimismo sono il fatto che la missione del nostro contingente in Libano è sotto l’egida delle Nazioni Unite, che tradizionalmente pecca di inadeguatezza, soprattutto nella catena decisionale e nella tempestività decisionale in situazioni difficili, per non parlare di emergenza. Inoltre, nell’attuale Governo Renzi, non certo più idoneo dei precedenti ad affrontare questioni di questo tipo, ricopre l’incarico di ministro degli Esteri Federica Mogherini, politicamente cresciuta a “pane e Palestina”. Non è certo una credenziale positiva per affrontare una situazione che richiederebbe razionalità, distacco ed assenza di coinvolgimento ideologico ed emotivo.


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