Ilaria Cordì“La ripresa c’è, ma è debole, irregolarmente distribuita e vulnerabile”. E’ quanto ha dichiarato il presidente della Bce, Mario Draghi, in un’intervista rilasciata al quotidiano olandese ‘De Telegraaf’ nel merito di una crisi economica globale ancora lontana dall’essere superata. “Possono accadere eventi nell’economia globale”, ha proseguito l’ex governatore di Bankitalia, “che possono far cambiare velocemente la situazione. Il livello di disoccupazione è ancora molto alto e rappresenta, di per sè, un rischio per la ripresa, poiché comporta un calo della domanda dei consumatori”. Lo scenario descritto da Draghi fa da sfondo alle decisioni prese dalla Bce lo scorso 5 giugno e alle pressioni del Fmi in favore di un intervento deciso di acquisto di bond. Azioni tese a evitare il rischio di deflazione di molti Paesi dell’Eurozona. “Per ora ci concentriamo sulle misure annunciate il 5 giugno”, ha inoltre sottolineato il presidente della Bce, “abbiamo prolungato l’accesso delle banche a liquidità illimitata fino alla fine del 2016. Questo è un segnale. Il nostro programma a sostegno del credito delle banche alle imprese continuerà per quattro anni. Questo mostra che i tassi resteranno bassi per un periodo lungo”. Tutto bene, insomma, secondo il numero uno dell’Eurotower. Come se la deflazione non fosse già un problema concreto delle economie europee a basso tasso di crescita. Sulla prospettiva di massima, saremmo anche in linea con la visione di Mario Draghi: certamente, noi non ci iscriviamo al ‘Partito’ di chi sogna un ritorno al passato, trascinando all’indietro di 30 anni l’intero processo di formazione dell’Unione europea. Tuttavia, rimaniamo perplessi nel merito di alcune evidenti indecisioni, per esempio quella sull’acquisto o meno di nuovi bond da parte della Bce, come se il basso tasso di inflazione bastasse a giustificare una plumbea stabilità, la quale non deriva affatto da una condizione di sano dinamismo economico e concorrenziale che tende a comprimere i prezzi delle merci, ma dalla più grave crisi di consumi che l’intero pianeta ricordi dai tempi della grande crisi del 1929 in qua. Non vogliamo chiamarla deflazione? Va bene: definiamola bassa crescita, o stagnazione, se così si vuole. Quel che non comprendiamo, in ogni caso, è il motivo per cui non dovremmo sbrigarci a ‘spostare’ l’intera economia del vecchio continente dal ciglio del baratro in cui si trova, in attesa che questa stessa stagnazione rovini definitivamente verso la crisi deflattiva. E’ giusto star calmi per far bene le cose, ma ci sembra altrettanto corretto sottolineare che si dovrebbe anche far presto.   


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