Francesca BuffoUn festival è sempre un evento di per sé, ma quando a mettersi in ‘gioco’ su un palcoscenico sono tanti giovani con nuove idee, pochi soldi e tante speranze, ecco che la platea diventa un punto di osservazione interessante, per capire dove sta andando la cultura in Italia e quando la sperimentazione diventa innovazione

Una vera festa del teatro, quella che si sta svolgendo a villa Mercede, al Roma Fringe 2013. Chi ha già assaggiato lo scorso anno la prima edizione del festival sa che c’è un certo divertimento a ‘inseguire’, tra un palco e l’altro, gli spettacoli in gara, spesso incuriositi da un titolo o una trama più che dal nome della compagnia, del regista o del protagonista. I nuovi arrivati a questa esperienza, dopo una prima fase di disorientamento, ci prendono gusto e ‘inseguono’ anch’essi. Perché il teatro ‘Off’ è anche questo: nomi poco conosciuti, giovani autori, compagnie formatesi per autoprodursi, nel tentativo di darsi un’opportunità nel mondo del teatro; o anche attori più conosciuti, che del teatro hanno fatto una scelta ‘di vita consacrata’, che si autoproducono perché questo è l’unico modo per continuare a vivere ‘nel teatro’, se non ‘di teatro’. Una festa che coinvolge le compagnie, il pubblico e noi giornalisti. Un punto di incontro fra le parti, in cui il risultato non è mai scontato. Diversi gli spettacoli, i generi e i temi trattati. Non tutto è risultato efficace come intendeva essere, ma alcuni spettacoli sono stati una vera sorpresa. Come il teatro ‘tecnologico’ di #tessuto, presentato dalla compagnia Cascina Barà la quale, con l’aiuto di hardware e proiettore, è riuscita a incantarci con una performance di regia collettiva nella quale recitazione, disegno e musica dal vivo danno vita a una tecnica scenografica interessante quanto efficace, che anticipa la nascita di ciò che potrebbe essere un nuovo genere. Altrettanto efficace il testo di Futuri voli, scritto dal 26enne Alessandro Sanmartin, che ha messo in scena la sua ‘rivoluzione delle idee’ accompagnata da danze brillanti e originali (splendide le coreografie di Valentina Dal Mas) e bodyart. Non sono mancate le risate sul mondo femminile con le due amiche di Ah l’amore l’amore (interpretate da Francesca Botti e Sabrina Carletti, caratteriste talentuose) o il ‘teatro improvvisato’ dei ragazzi di Improbook, compagnia Trama Libera Tutti, che si sono ‘inventati’ uno stile veramente ‘tutto loro’ in cui stravolgono trame di libri oppure, attingendo ai suggerimenti del pubblico, creano personaggi e situazioni esilaranti. Gli amanti del teatro più ‘convenzionale’ hanno potuto ritrovarsi nella storia di Alfonsina Storni, scritta, diretta e interpretata da Marica Roberto, e in Canto clandestino di Patrizia Schiavo, due bellissimi lavori che ci ricordano che di un certo teatro di ‘scuola’ (Strehler la prima e Carmelo Bene la seconda) si sente molto la mancanza. Il timbro delle voci e la presenza scenica le distaccano di molto dai giovanissimi attori che stiamo vedendo sul palco. Ma più di tutto è la loro esperienza che ‘vince’ la sfida dell’adattamento di un testo da un’ora e mezza in una versione da 50 minuti (questione che ha il suo peso sul risultato di molti spettacoli presentati al Fringe). Tuttavia, fra giovani e meno giovani, ciò che emerge in ugual misura è l’esigenza di confrontarsi con la platea, di ‘mettersi in gioco’, di comunicare un’idea. E, in questo, il pubblico non delude e applaude.





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(articolo tratto dal sito www.periodicoitalianomagazine.it)
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