Vittorio LussanaIl presente articolo, tra il serio e il faceto, nasce da un'accesissima discussione 'bipartisan' avvenuta con alcuni colleghi e collaboratori di varie segreterie politiche, di diverse ed opposte tendenze, della Camera dei Deputati.
Ringrazio vivamente questi amici per lo 'spunto' fornitomi.


Carissima sinistra, c’è qualcuno tra le tue fila in grado di comprendere, profondamente e con chiarezza, il cammino che tu, da oggi in poi, dovrai finalmente intraprendere?
C’è ancora tanta gente, in questo Paese e nel mondo intero, che vive gravissimi problemi: sei tu in grado di dare ascolto e voce a queste persone senza avvinghiare te stessa intorno alla solita immagine intellettualoide, scaricatrice di tutte le colpe, talvolta anche delle proprie, su qualcuno o su qualcosa?
Ritieni ancora oggi che il dolore sia la tua ‘materia prima’, il settore del quale prioritariamente tu debba occuparti per liberare gli uomini dalla schiavitù e dallo sfruttamento? E che sentimenti e comportamenti derivino esclusivamente da una società incapace di trasformare se stessa, in quanto prona a criteri di vita basati sul mero possesso dei beni o su mediocri materialismi dettati dal mercato? Oppure sei riuscita a capire che non c’è nulla di male nel possedere un televisore a colori, che ogni orizzonte, ogni modo di vedere le cose può riuscire a prescindere da categorizzazioni sociali, le quali non sempre derivano dalla mancanza di una coscienza storica?
Sarebbe ora che tu prendessi veramente il largo con coraggio, come una grande nave che si allontana all’orizzonte, nella piena consapevolezza di poter affrontare tutte le tempeste e con a bordo le tue donne e i tuoi uomini migliori, un equipaggio in grado di assistere l’umanità delle persone che puoi trasportare verso nuovi porti, nuove idee, nuove ingiustizie da combattere, nuove libertà da conquistare.
Quando eri giovane, hai avuto una serie di malattie infantili: il totalitarismo, l’odio di classe e la presunzione di riuscire a portare il paradiso su questa Terra.
Tuttavia, oggi, qualunque cosa tu voglia combattere, qualsiasi pensiero tu voglia realizzare, qualunque meta tu desidererai raggiungere fallo, ti prego, dicendo a te stessa: “Io non sono Dio…”.

Va bene, ora sei cambiata. Sei uscita viva, in qualche modo, dal crollo clamoroso di un mondo di illusioni e utopie.
Hai ancora voglia di modernizzare con metodo te stessa e la società che hai intorno, oppure ritieni pessimisticamente che tutto sia fermo, persino il tempo, come in una fotografia al magnesio dei primi anni del secolo scorso, e che nulla cambierà mai se non ricorrendo alla dittatura del proletariato?
Muoviti, adesso, non rimanere ferma e immobile: siamo tutti qui e ti stiamo aspettando. Potrebbe anche essere il caso che sia giunto il momento di nuove interpretazioni, di nuovi modi di governare, di nuovi contributi a un’ulteriore fase di crescita democratica della nostra società.
Quando ero ragazzo passavo molte notti seduto in un angolo delle tue tipografie. Una sera, gli operai scioperarono perché erano stati messi in cassa integrazione e non avevano più danaro per mandare avanti le loro famiglie.
Oggi, quel tuo amico è cresciuto ed è ancora qui. Ma i sogni che in quel tempo coltivavi sono svaniti e tantissime persone sono ancora nelle stesse condizioni di quella sera. Per loro, davvero nulla è cambiato e devono fare grandissimi sacrifici per far studiare i propri figli, nell’illusione che poi questi, un giorno, riusciranno a trovare un lavoro dignitoso.
Milioni di disperati stanno bussando alle nostre porte. Spesso fuggono da un Paese che li odia per cercare nuove speranze in un’altra società, più evoluta e civile, dove qualcuno li prenderebbe volentieri a cannonate.
Ti prego, amica mia. Qualunque cosa tu voglia fare, qualsiasi rapporto sociale riuscirai ad instaurare, qualsivoglia obiettivo riterrai giusto raggiungere, ricordati sempre di ripetere a te stessa: “Io non sono Dio…”.

Io ti voglio bene, amica mia, ma debbo avvertirti che il prigioniero che hai qui, di fronte a te, sta commettendo un gravissimo reato: espressione di sentimenti di natura pressocché umana. Ciò è stato spesso intollerabile per te. I tuoi Maestri hanno sempre detto che saremmo finiti male, che la concentrazione industriale avrebbe portato a morte il sistema, che la caduta tendenziale del saggio dei profitti avrebbe indotto i governi ad instaurare delle dittature e che sarebbe scoppiata, in seguito a tutto ciò, una rivoluzione mondiale. I liberali erano quelli che avevano retto la scala ai fascisti, gli intellettuali pretendevano di incarnare essi stessi la linea culturale del partito, i democristiani erano fascisti travestiti e i fascisti, a loro volta, erano dei piccolo borghesi privi di spina dorsale che votavano Dc.
Andreotti era l’anticristo, Fanfani non capiva un ‘tubo’, Saragat un ubriacone e i socialisti degli autentici opportunisti e, dopo, anche dei grandissimi ladri.
Qualunque cosa tu voglia fare, qualsiasi alleanza vorrai stringere, qualsivoglia riforma tu intenda attuare, ti prego, te lo chiedo per favore, ripeti sempre bene a te stessa : “Io non sono Dio…”.

E la Grande Madre Russia, generatrice di tutte le rivoluzioni, la terra del socialismo realizzato. Mao Tsé Dong, Guevara, Cuba. Le assemblee interminabili, gli scioperi ‘del cazzo’, le canne fumate al bagno dei professori, le cattoliche borghesi che la davano al primo ‘bullo’ cocainomane masticatore di marxismo, le ‘indianate’ di Tequila nelle notti d’estate al Testaccio, con l’ulcera che mi sanguinava e il vomito che saliva prepotente nei bagni infangati e puzzolenti.
Ti prego, amica mia, te lo sottolineo a chiare note: quando dovrai governare, se ti capiterà di assumere delle responsabilità, di dover prendere importanti decisioni, ripeti prima a te stessa, con cruda sincerità: “Io non sono Dio…”.

E Venditti: due palle grosse come una casa con Venditti, allo stadio e nei bar, la notte degli esami di maturità, il mito di Valle Giulia, il fumo delle barricate, la politica dell’effimero, il compagno di banco che non ti passa la versione di latino, la più bella della classe che nemmeno si ricorda di te se ti incontra nel suo nuovo studio legale - affittato coi soldi di papà -, le notti a Massenzio per vedere la Corazzata Potemkin, l’occhio della madre, la culla del bambino, il montaggio analogico, gli stivali dei soldati czaristi.
Ti prego, amica mia, te lo chiedo per l’ultima volta: con tutta la tua allucinante intelligenza creativa, ma con la calma di chi è consapevole di poter finalmente svolgere un ruolo importante in futuro, ripeti più spesso di fronte a te stessa e senza infingimenti: “Io non sono Dio…”.

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