Giorgio PrinziIl Comitato italiano per il rilancio del nucleare (Cirn) rimane sconcertato di fronte alla formulazione del titolo “Abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare” imposto dalla Corte di Cassazione sulla scheda per il referendum in materia di nucleare. Il titolo, infatti, è estremamente equivoco e contrasta con lo spirito e la norma della legge, che esclude da verifica referendaria materie, quali il nucleare, regolate da trattati internazionali. Così formulato, il titolo induce nell’errore che il referendum, invece di riguardare aspetti marginali della recente normativa, si ponga come scelta pregiudiziale all’utilizzo di detta fonte. Sarebbe come minimo indispensabile un’ulteriore verifica di ammissibilità del quesito così formulato da parte della Corte Costituzionale. Il Governo probabilmente non prenderà nessuna iniziativa al riguardo, preferendo una reazione di basso profilo, riservandosi di ritornare sulla questione in un più adatto momento, senza ricaricare la vicenda di un inutile e controproducente significato politico. Comunque vada, la consultazione referendaria sarebbe solo l’indice del deficit attuale di consenso popolare verso questa opzione. Si tratta di un problema in parte politico, in parte di comunicazione. Appare primario, pertanto, spiegare bene e concretamente alla gente la necessità della ripartenza del nucleare. Si dovrà cominciare a farlo da subito, anche con il pensare a una nuova e finalizzata legge, già a partire dal pomeriggio del 13 giugno, qualunque sia il risultato referendario. A darci una mano saranno gli sconquassi prodotti dalle fonti da intemperie, che fanno crescere il costo del chilowattora e distruggono posti di lavoro produttivi in maniera multipla di quelli virtuali ecoassistiti che si ritiene creino.




Segretario nazionale del Comitato italiano per il rilancio del nucleare (Cirn)
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