Antonio Di GiovanniUn bel tuonare a rovescio, a quanto pare, per la Lega Nord. In questi ultimi anni, infatti, il gridare “Roma ladrona” fino alla nausea sembra ormai un lontano ricordo. Il presidente del Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, Edouard Ballaman, già in passato finito sui giornali per lo scandalo dello scambio di assunzioni delle rispettive mogli con l’allora sottosegretario agli Interni Balocchi, torna prepotentemente alla ribalta con un altro scandalo: alla faccia di Roma ladrona. Soprannominato “Ballaman recordman” per la spropositata lista di viaggi non sempre chiari, il politico friulano chiedeva pure  3 mila e 200 euro di rimborso al mese alla Regione - oltre allo stipendio lordo di 16 mila e 500 euro - gridando al complotto: “Probabilmente”, dice “mi sono inimicato qualche autista”. Scusante molto debole per uno che “ce l’ha duro”. C’era da andare a prendere i parenti della moglie all’aeroporto? “Autista: la macchina”! Voleva vedere la partita di calcio Padania-Tibet? “Autista: la macchina”! Era invitato a pranzo dai suoceri? “Autista: la macchina”! Finché, tutti questi viaggi assai poco istituzionali sono finiti in un dossier sul quale è stata aperta un’inchiesta della Corte dei Conti. Roba da non crederci: un presidente del Consiglio regionale della Lega Nord, il Partito che era nato tuonando contro le ‘auto blu’. La dettagliatissima ricostruzione sull’uso disinvolto dell’auto di servizio da parte dell’alto esponente del Carroccio, già deputato per tre legislature e questore della Camera, è stata pubblicata dal ‘Messaggero Veneto’, dove Anna Buttazzoni ha rivelato un elenco sconcertante di una settantina di ‘missioni’ dure da spacciare come dovute a obblighi d’ufficio. Un dettaglio spicca sugli altri: nella lista ci sono due trasferimenti alla Malpensa, il primo per “partenza viaggio di nozze”, il secondo per un “rientro viaggio di nozze”. Esattamente lo stesso sfizio che si era preso Giuseppe Buzzanca, che proprio per quel viaggio era stato non solo messo sotto accusa, ma addirittura dichiarato decaduto dopo un tormentone di sentenze e appelli, dalla carica di sindaco di Messina. Qual è la differenza? Che di là c’era il solito ‘terrone’ che si prendeva i lussi della casta, di qua, invece, un virtuoso padano dedito al bene comune e costretto dalla forza degli eventi a utilizzare l’auto ‘blu’ per motivi personali? Difficile da sostenere per i leghisti ‘duri e puri’, quelli che non hanno dimenticato come la Lega Nord si sia scatenata per decenni contro l’abuso delle auto di servizio, contro le ruberie amministrative, contro la politica a fini personali. Solo un ricordo per chi si ostina a voler dividere l’Italia con la scusa del federalismo. E allora ben venga la divisione, perché noi italiani di politici corrotti ne abbiamo già abbastanza: che il nord si tenga i suoi ‘furbetti padani’. Chissà cosa direbbe, oggi, il grande condottiero lombardo del XII secolo, Alberto da Giussano, nel sapere che le sue camice verdi sperperano denaro pubblico senza nessun ritegno. Ma forse anche lui preferisce stare zitto, perché sul suo nome alcuni storici ritengono la sua figura poco attendibile, in quanto “troppo romanzata e idealizzante”. Nell’immaginario collettivo, egli rimane un simbolo della battaglia di Legnano, celebrata durante il Risorgimento come una vittoria del nostro popolo contro l’invasore straniero, tanto da essere inclusa nel “Canto degli Italiani” di Goffredo Mameli e diventare argomento di fondo dell’omonima opera di Giuseppe Verdi (senza, peraltro, che nessuna delle due abbia citato il leggendario condottiero). Insomma, sembra che sceglierlo come effige per segmentare la Storia sia proprio nella matrice della Lega Nord.


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