Vincenzo Milioto è parlamentare del Nuovo Psi eletto ad Agrigento nel collegio di Canicattì ed è alla sua prima legislatura.

On. Milioto, lei è un deputato socialista alleato della Casa delle Libertà: che effetto le fa dover rispondere a domande sulla sinistra italiana vista “da destra”?
“Non provo certamente imbarazzo a parlare della sinistra italiana, poiché anche se alleato ed eletto con la Casa delle Libertà, sono un socialista e quindi un uomo di sinistra”.

Ma qual è la sua analisi sulla situazione politica attuale del centrosinistra?
“Non mi pare che viva una buona stagione: non ha un leader riconosciuto e manca di una linea politica accettata e condivisa da tutto il fronte. In tante occasioni ha mostrato lacerazioni profonde e, soprattutto sulla questione dell’invio degli alpini in Afghanistan, ha evidenziato che siamo di fronte ad uno schieramento d’opposizione diviso e poco credibile”.

Lei ritiene sia possibile una credibile evoluzione socialdemocratica del partito dei Ds o di una parte di esso?
“Il Congresso di Pesaro ci aveva illuso che, pur tra mille difficoltà, i Ds avessero finalmente imboccato la strada giusta per la costruzione di un autentico partito riformista. Non è passato molto tempo, da allora, e i vincitori di quel Congresso, Fassino in testa, probabilmente per questioni interne hanno preferito farsi guidare dalle ‘piazze’, dai girotondi e dai vari Nanni Moretti. Io non credo che mettere insieme tutte queste diverse anime possa alimentare un partito che vuole diventare autenticamente socialista”.

Un processo di revisione del pensiero gramsciano, depurato dalle contaminazioni leniniste e stimolato o esplicitamente favorito dal vostro partito, potrebbe aiutare la sinistra postcomunista a raggiungere definitivamente la ‘sponda’ laico-riformista?
“Noi pensiamo che la costruzione di un’unica ‘casa socialista’ passi per una scissione dei Ds. Solamente se i vincitori di Pesaro avranno il coraggio di dividersi dagli altri sarà possibile riprendere, con i socialisti e i riformisti veri, un confronto per la costruzione di una nuova e più moderna forza di sinistra e laico-socialista”.

Voi del Nuovo Psi non ritenete, talvolta, di essere rimasti fermi all’elaborazione craxiana dell’Unità Socialista?
“Il Nuovo Psi è una formazione che porta con sé 110 anni di Storia con la “S” maiuscola: non abiura il proprio passato. Le pagine più nobili della nostra Storia nazionale sono state scritte da tanti socialisti. Siamo peraltro persuasi che il nostro partito vivrà per la propria naturale capacità di elaborare un progetto politico per il presente e, soprattutto, per il futuro, nella misura in cui saprà misurarsi con la gente per rappresentarne gli aneliti di libertà e di giustizia sociale”.

Un riaggiustamento in senso proporzionale del sistema elettorale potrebbe riassestare l’asse politico nazionale un po’ più a sinistra o almeno dare maggior sensibilità sociale a partiti d’impostazione aziendalista come Forza Italia?
“In passato, si è pensato che il sistema elettorale maggioritario sarebbe riuscito a guarire il Paese. Tuttavia, in questi anni ci sono stati tanti esecutivi di durata variabile, più di qualche crisi di governo ed è cresciuto a dismisura il numero dei partiti. Non si è dunque raggiunta affatto una stabilità politica, nè tantomeno una governabilità in grado di saper andare oltre la gestione dell’esistente, poichè si ha spesso l’impressione che l’Italia, anziché essere ben governata, navighi a vista. Se fossimo intellettualmente onesti, dovremmo ammettere il fallimento di questo sistema elettorale e pensare ad una sua sostituzione, magari con quello più vicino alla nostra Storia e alla nostra cultura, ovvero il modello tedesco”.

Bettino Craxi è stato l’ago della bilancia della politica italiana degli anni ’80, Umberto Bossi quello degli ’90. E oggi? Chi saprà trovare un così complesso equilibrio politico in questo primo decennio del nuovo millennio?
“Non credo che i meriti di Craxi possano essere circoscritti solamente alla capacità di interdizione che ha dimostrato nei governi con la Dc, né attribuisco meriti particolari ad Umberto Bossi. Ritengo, inoltre, che l’Italia di oggi non abbia bisogno di forze politiche in grado di interdire o condizionare, ma di partiti che, in rappresentanza di forze sociali e di cultura laico-riformista, abbiano più voce in Parlamento e nel Paese”.

Dopo l’arresto dei 20 no global, le polemiche sul caso Sofri e quelle sull’indulto, dopo l’appello del Papa in visita a Montecitorio e, soprattutto, la ‘sentenza-choc’ di Perugia torna prepotentemente d’attualità il tema della riforma della giustizia, sulla quale si intravede un qualche – seppur timido – segnale di dialogo tra maggioranza e opposizione. Lei ritiene che si possa arrivare, in tempi relativamente brevi, ad un accordo bipartisan attraverso il quale partorire, finalmente, una riforma organica della giustizia italiana?
“Io spero che si arrivi al più presto alla definizione di un’organica riforma della giustizia, poiché lo ritengo uno dei problemi più seri di questo Paese. Gli arresti dei no global, che hanno tanto il sapore del tentativo di punire un reato d’opinione e la sentenza di Perugia, che condanna il Senatore Andreotti a 24 anni di carcere per un omicidio di cui non è mai stato trovato il colpevole, sono solo gli ultimi ed eclatanti casi di una ‘giustizia malata’. Credo che il Parlamento, nella sua interezza, debba dunque trovare la forza per mettere finalmente mano a quello che io ritengo essere il problema dei problemi. Tuttavia, non sono ottimista: le recenti polemiche sullo stato delle carceri e le intromissioni di uomini di governo sul dibattito che è seguito alla forte richiesta del Santo Padre per un atto di clemenza nei confronti dei detenuti, evidenziano retaggi culturali e ideologici che pensavamo superati. Voglio comunque sperare che le diverse forze politiche riescano a trovare il filo di un discorso che non giovi solo a qualcuno, ma all’Italia intera”.

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