Giuseppe LorinPer chi non sapesse cosa regalare per le ormai prossime festività natalizie, c’è un bel libro in circolazione, che s’intitola: ‘Sassi e perle’ (Officine culturali romane), scritto dalla poetessa Paola Ercole e dalla critica letteraria, Cinzia Baldazzi. Perché questo suggerimento? Semplicemente per il fatto che non si tratta della solita silloge per eletti, comprensibile a pochi, un qualcosa che presuppone lo sforzo di dover decodificare la poetica dell’autrice, il ‘significante’ e il ‘significato’. In questo caso, la poetessa viene affiancata da un’eccellente critica letteraria che suggerisce, evoca, richiama stilemi e altissima cultura. Un’idea, finalmente: un’ottima idea per non abbandonare il lettore. I versi della Ercole sono profondi, autentici, ‘pascoliani’, richiamano un mondo naturale e sentimenti sinceri: una poetica che potrebbe incontrare il lettore già di per sé, per l’evidente percettività spirituale e la totale mancanza di dissimulazione. Ma la decodificazione della Baldazzi diviene guida letteraria, indicazione precisa, contesti e discendenze che rimettono ogni cosa al proprio posto, come quando si agganciano uno all’altro i ‘vagoni’ di un trenino elettrico. “Il lettore non è un bambino”, si obietterà. Certamente. Non era questa, infatti, l’intenzione editoriale che ha mosso le due autrici. Al contrario, si è trattato del non volersi affidare a una visione idealtipica del ‘lettore-medio’, spesso totalmente ‘campata per aria’, al fine di andargli incontro veramente. Una provocazione, in fondo. Ma vivaddio, si tratta di un bel modo di essere provocati: da un canto della Ercole di 5-6 righe al massimo si giunge a rovistare, con stile e senza annoiare, Apollinaire, Villon, Prampolini, persino la filosofia politica di de Montaigne. Riflessioni che non solo completano al meglio il messaggio, ma colpiscono il lettore, entusiasmandolo. Non siamo di fronte alla classica spiegazione che può indurre a chiudersi in se stessi o a rifuggire i ricordi, per non tornare con la mente verso dolori, sofferenze individuali, esperienze personali poco piacevoli. L’abilità della Baldazzi è quella opposta: non si rivolge alla ‘pancia’, ma all’intelligenza, alle idee, all’evoluzione storico-culturale europea e mondiale. Ci rammenta cosa pensavamo negli anni della contestazione e, in seguito, del riflusso. Ma anche cosa si pensava o si dibatteva ai tempi dei poeti ‘maledettissimi’, del futurismo più ‘ruggente’ o del romanticismo inglese. La Ercole ci mostra il suo cuore di donna, le sue sconfitte ma anche il suo riscatto personale; la Baldazzi, a sua volta, ci insegna a ‘pensare la letteratura’, a come si lavora sul linguaggio, a ritornare presso la nostra identità culturale. Poetica e semiotica, dunque: un connubio assolutamente indovinato, innovativo e moderno, che non potevamo non segnalare. Paola Ercole e Cinzia Baldazzi, in questo loro lavoro in cui la critica viene posta esattamente ‘a fronte’ della poesia stessa, hanno saputo dimostrare il potere della scrittura come riscatto dalle sconfitte, dalle delusioni, da un’esistenza sempre più ‘liquida’, che rischia di trascinarci verso un inverno d'indifferenza o, addirittura, di freddezza: la poesia come antidoto, per resistere a una logica sociale spesso tagliata con l’accetta dell’ideologia. E la cultura, per aggredire nel giusto modo una deriva grigia di insensibilità, menefreghismo o, quando va bene, di ‘alzate di spalle’.





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