Caterina Di PerriLe battaglie che le donne hanno fatto per i loro diritti sono sempre state costellate di drammi e lutti. Nella sera di sabato 24 settembre 2022, un’altra giovane donna, Hadis Najafi, è stata uccisa durante le proteste in Iran contro il regime confessionalista al potere in quel Paese sin dal 1979. Tutto ha avuto inizio dopo la morte della 22enne curdo-iraniana, Mahsa Amini, il 16 settembre scorso, per mano della polizia morale iraniana. Mahsa fu riconosciuta colpevole di portare il velo in modo disordinato, lasciando intravedere alcune ciocche di capelli. Dopo l’arresto e l’uccisione della ragazza curda, la posizione assunta dalle donne iraniane è stata forte, tenace e rivoluzionaria. La protesta si è sviluppata sui social e per strada: le ragazze si tagliano i capelli e bruciano il loro velo.

La protesta corre sulla rete
I video che stanno girando su internet sono più che eloquenti, rispetto a quanto e cosa pensano le interessate della legge del 1983 sulle imposizioni in termini di abbigliamento femminile, volute dall’allora Ayatollah Khomeini. Infatti, Hadis Najafi si è ribellata insieme ad altre ragazze iraniane e, con fierezza e spavalderia tipiche dei 20 anni, è scesa in piazza immortalata in un video mentre raccoglieva i suoi capelli biondi dietro la nuca. Quelle immagini sono divenute virali e, assieme a lei, punto di riferimento della protesta in tutto l'Iran per tante altre donne. È inevitabile in queste ore chiedersi: “Hadis sapeva a cosa andava incontro”? Ma quando si è giovani e ci si ribella dopo tanta oppressione non si può pensare alla paura di perdere la vita, poiché si aspira alla libertà. Una libertà che quel regime teocratico vuole negare a tutti i costi. Infatti, sono stati bloccati tutti i social network nel Paese per scongiurare le adesioni alla protesta. Ed ecco, allora, che sono scesi in campo i ragazzi di Anonymous, la rete internazionale di hacker, che si è schierata contro la dittatura, bloccando per diverse ore i siti governativi.

Le proteste femminili in Iran: “Morte al dittatore”!
A rendere nota la morte della giovane è stata la giornalista e scrittrice iraniana, naturalizzata statunitense, Masih Alinejad, sul suo profilo Twitter. La giornalista riferisce che la sorella di Hadis ha dichiarato che la ragazza è stata uccisa nella città di Karaj, nei pressi di Teheran, raggiunta da 6 proiettili esplosi dalle armi delle forze di sicurezza iraniana. Dopo l’uccisione di Mahsa, già durante il suo funerale le donne presenti hanno tolto il velo, in segno di ribellione contro quella morte assurda, gridando in coro: “Morte al dittatore”! La posizione politica è chiara e netta contro il regime guidato da Ali Khameini. E dal 16 settembre in poi, è stato un crescendo di eventi e iniziative, che hanno portato alle proteste in Iran ad opera delle donne che bruciano in diretta i loro ‘hijab’.

Perché le donne iraniane si tagliano i capelli?
I capelli delle donne, nelle culture musulmane sono simbolo di seduzione. Pertanto, non si possono mostrare in pubblico. E nella cultura curda, in particolare, le donne si tagliano i capelli in seguito a un lutto: uniamo questi due fattori alla mancanza di tutela dei diritti umanitari e otteniamo una ‘miscela esplosiva’. Dopo la morte della prima ragazza, i capelli tagliati in pubblico sono diventati un motivo di sfida, oltre che di cordoglio. E la cosa si nota palesemente nei vari video postati in rete, dove le donne iraniane ‘mutilano’ le loro chiome. Ci potranno essere altre morti, durante queste proteste in Iran. Ma come insegna la caduta del muro di Berlino, quando il vento dell’est si alza è difficile fermarlo.

La protesta femminile iraniana in nome della libertà
Il desiderio di togliere l’hijab non è fatto nuovo. E dopo tanti anni di recriminazioni femminili silenziose contro i femminicidi di Stato, finalmente anche gli uomini, oggi, protestano in Iran, affiancandosi alle donne: questo è un fatto epocale, in quella parte del mondo. I disordini iniziati a Teheran, inoltre, stanno prendendo piede anche in altre città. Ma ciò non è altro che una conseguenza della repressione che già pochi anni fa, nel 2018, era esplosa con manifestazioni di protesta e arresti per le vie della capitale. In seguito, Masih Alinejad si è fatta portavoce di un movimento contro l’obbligo del velo: #MyStealthyFreedom. Ed è considerata, oggi, una delle più importanti attiviste femministe al mondo, con un seguito enorme sui social, dove dà voce alle proteste femminili che, in tutto il Paese, chiedono libertà e uguaglianza, nonché il riconoscimento dei loro diritti umani.





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