Raffaella UgoliniFare di ogni problema un'opportunità. "Quando l'epidemia finirà, non è da escludere che ci sia chi non vorrà tornare alla sua vita precedente. Chi, potendo, lascerà un posto di lavoro che, per anni, lo ha soffocato e oppresso. Chi deciderà di abbandonare la famiglia, di dire addio al coniuge o al partner. Di mettere al mondo un figlio o di non volere figli. Di fare coming out. Ci sarà chi comincerà a credere in Dio e chi smetterà di avere fede in lui. Ci sarà chi, per la prima volta, si interrogherà sulle scelte fatte, sulle rinunce, sui compromessi. Sugli amori che non ha osato amare. Sulla vita che non ha osato vivere" (David Grossman). Dopo questo periodo di profonda riflessione, quando le immagini in tv ci hanno tenuti ancorati all'appuntamento delle 18.00 con il bollettino dei morti in italia e nel mondo, dove siamo stati costretti a seguire regole non sempre attuabili e riprogrammare tutta la vita dall'oggi al domani, ci è venuto in mente un film, tratto da un romanzo omonimo: 'I ponti di Madison County'. Meraviglioso il film, toccante il libro. Attualissimo, ripensando all'esperienza Covid e allo strumento tecnologico, così tanto odiato o amato, che ci rende lontani seppur vicini e viceversa. Sì perché, nonostante chiunque possa dire che non c'è apprendimento senza relazione, è indiscutibile il fatto che senza tutti questi strumenti poco conosciuti dalla massa, come 'zoom', 'meet' e tutte le piattaforme tecnologiche e digitali per la didattica a distanza, ci hanno permesso di vivere, lavorare, sentirci vicini seppur lontani e chiusi in quattro mura. E' cambiato il paradigma dell'ambiente di apprendimento per come lo conoscevamo fisicamente. E anche gli approcci didattici. Nonostante il Dlgs n. 66/2017 abbia riformulato, attualizzando e inserendo nuovi acronimi e nomi, in sostanza poco è cambiato. Tra l'altro, il Dlgs. n. 66 ha dimenticato tutta l'ampia categoria di discenti speciali, ossia tutta l'altra metà del cielo. I Bes (Bisogni educativi individuali, ndr) e le eccellenze. Siamo tutti speciali. Ed è quello che ci rende unici e irripetibili. Tutti dovrebbero capire l'essenza di 'Madison County', quel ponte invisibile, che va al di là dell'amore tra un uomo e una donna, poiché tocca tutte le sfumature del sentimento. E una delle forme più belle di amore è quella per l'insegnamento e per ogni alunno nella sua speciale persona. Ma quello che rende unico l'amore è l'incompiutezza. Tutti i più grandi amori sono quelli non finiti, quelli interrotti. Come quello che stiamo vivendo e abbiamo vissuto durante la pandemia da coronavirus, in momenti tragici e serate assurde. Un distacco forzato, che ci ha reso quasi doppiamente impotenti di fronte a questo 'mostro' silente e mortale, che ci ha condotti sull'orlo della disperazione. Noi docenti abbiamo tanti 'amori', tanti 'figli', tanti 'legami' da proteggere e far crescere tutti i giorni: quelli con i nostri studenti. Il senso di vuoto e di lontananza è stato ancora più forte durante il Covid-19. O, almeno, lo è stato per me. Ed ecco il paragone calzante con il film: questi 'amori' vivono tutti in 'Madison County'. E non è un caso se lì ci siano degli 'strani ponti', per metà coperti. I ponti uniscono, nascondendo agli occhi del mondo il contatto fra le anime che si incontrano, seppur virtualmente. E ora quel ponte, per non sentirci distanti dai nostri alunni, colleghi, amici, parenti e che ci unisce ancora di più a loro, si chiama 'Dad': padre, per l'appunto. Forse, un padre virtuale, non materiale ma presente, che ci consente di rimanere legati, seppur a distanza. Utilizzare, inoltre, l'ambiente virtuale e immersivo di apprendimento a scuola, in modo consapevole, permetterebbe di poter far vivere, sempre, quel contatto con la realtà che, per un motivo o per l'altro, queste persone hanno perso. L'incremento dell'edutainment (intrattenimento educativo, ndr), l'utilizzo dei visori, la possibilità di entrare in un mondo seppur artefatto, fisicamente, renderebbe l'esperienza di apprendimento, per coloro che ne sono estranei, per svariati motivi, un qualcosa che potremmo tornare tutti a vivere. Anche per chi ha perso la propria 'libertà'. Pensiamo nelle scuole carcerarie o negli ospedali, come nella riabilitazione 'neurocognitiva', cosa potrebbe apportare una soluzione di immersività di apprendimento come commistione (e non già come soluzione) alla didattica in presenza. Meraviglioso, no?


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