Lorenza MorelloSecondo una ricerca dell'Ocse, l'Italia sarebbe al quarto posto su 32 Paesi per analfabetismo funzionale. Questo significa che solo un italiano su quattro è in grado di comprendere messaggi più articolati, o unire più frasi di un periodo, anziché comprendere una frase alla volta e solo se singola e breve. Non può non balzare all'occhio la rispondenza e la correlazione di questi dati con la comunicazione politica degli attuali leader di governo. In particolar modo del ministro dell'Interno, che certamente più acculturato degli altri suoi compagni di ventura e ben seguito da uno staff che, all'evidenza dei fatti, di comunicazione ne capisce eccome, ha incentrato la campagna elettorale (dalla quale non è mai uscito) strutturandola attorno a questa caratteristica della nostra povera e analfabeta Italia. Ecco perché slogan come "prima gli italiani" o "parlo da padre di famiglia" arrivano diretti a tutta la popolazione: fanno parte del vissuto quotidiano di ciascuno. Ed ecco perché a poco servono le argomentazioni di parte avversa, per dimostrare l'insussistenza delle manovre e 'manovrine' che vengono portate avanti. Per capire l'inconsistenza di una qualsiasi cosa è necessaria una capacità di ragionamento e di analisi che, ahinoi, difetta nel nostro tessuto sociale. Uno slogan breve e semplice, che parla alla 'pancia' del Paese giunge, invece, a tutti. Se a ciò aggiungiamo la carenza di competenze economiche della nostra cultura e nei programmi scolastici, si capisce bene come, nemmeno quando esponenti di rilievo quali il professor Cottarelli riescano a spiegare diffusamente, per esempio, gli effetti disastrosi delle attuali riforme. Non solo non 'passa' in modo clamoroso un messaggio di allarme, ma anzi, i dati delle eventuali proiezioni di voto restano stabili. Slogan e analfabetismo funzionale. Se vogliamo cambiare il Paese, dobbiamo (ri)partire dalla cultura. Una cultura economica e un'economia della cultura. Nel 2017, la quota di occupati tra i 25 e i 64 anni con titolo di istruzione terziaria, in Italia, era del 23,1%, contro il 43,2% della Spagna, il 41% della Francia e il 31,3% della Germania. Se guardiamo al 2014-2017, il tasso di crescita degli occupati in professioni che richiedono alte competenze è stato del 4,7%. Hanno fatto meglio la Francia (5,2%) e soprattutto Spagna e Germania (+7,4% e +8,8%), confermando quello che si nota anche nei numeri sugli investimenti: questi due ultimi Paesi stanno transitando verso l'economia della conoscenza in maniera più rapida di quanto non stia facendo l'Italia. O lo capiamo, o la 'decrescita infelice' è l'unico orizzonte possibile. Ma sarà certamente meritato.




Giurista d'impresa
www.morelloconsulting.it
Mediatore Civile Professionista
cultrice di diritto civile
Presidente nazionale APM
A.D.R. & Conflict Management
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