Silvia MattinaIl dramma 'il re muore' di Eugène Ionesco appare così crudelmente e ferocemente contemporaneo da non dimostrare il peso degli anni che porta con sé. Dalla sua prima messa in scena a Parigi, nel 1962, al Teatro Piccolo di Pietralata in Roma fino al 18 marzo scorso, le parole del drammaturgo rumeno resistono col passare del tempo e continuano a scrutare un mondo dilaniato dall'egoismo cieco e limitante dei potenti della Terra. Il regista Dario Abinna e la compagnia 'I Cronistrioni' non mancano l'occasione di ricreare questo 'ponte' tra passato, presente e futuro grazie a uno spettacolo che non risparmia due dei cinque sensi coinvolti: la vista e l'udito. Quest'ultimo è un elemento prepotentemente presente per tutta la durata dello spettacolo, senza svolgere un ruolo marginale o accessorio. Per quanto riguarda la vista, i costumi non individuano solo il personaggio, ma ne caratterizzano la valenza simbolica, così come la scenografia, incisiva e totalizzante. Non deve stupire che le vesti dei sei protagonisti siano vicine a una moda antica nello stile, quasi ottocentesca. E, al tempo stesso, ai migliori film di fantascienza per il colore argento: un richiamo alle tute spaziali. Ciò che in realtà procura davvero l'effetto di straniamento iniziale è il ruolo del re, recitato da una donna: la bravissima attrice Angela Zampetti. La regina e prima moglie Marguerite, l'attuale compagna Marie e il re medesimo hanno lo stesso abito, come a sottolineare tre sfumature diverse di uno stesso essere umano: la ex moglie, Marguerite, rappresenta la ragione e ricorda all'uomo il suo destino; la regina Marie è pura emozione, che nega la morte e dona conforto; il re, invece, alla fine è un ostinato piccolo borghese. Oltre le donne, al centro della scena il palcoscenico si compone di un variegato entourage: il medico, inserito ad assolvere la coscienza collettiva; e l'oggettività dell'uomo, la guardia che palesa la perdita di potere di un sovrano incapace di ascoltare i bisogni dell'umanità e, nello specifico, di interessarsi alla tuttofare Juliette, ovvero il popolo. In secoli e secoli di sconsiderata reggenza, la deriva della politica monarchica ha condotto alla perdita definitiva del potere e alla distruzione totale. Con sguardo tra voyeurismo e compassione, Ionesco pone nel 'grande calderone' le tante colpe e responsabilità dei molti potenti, di ieri e di oggi: lo spostamento delle frontiere, le guerre, il terrorismo e i cataclismi naturali. In quest'ottica, il re Bérenger I diviene l'emblema dell'uomo universale, che vuole portare nella tomba l'intero mondo. "Anche in lei tutto l'universo si spegne. Non è naturale morire, visto che non lo si vuole. Io voglio esistere". La cupa prospettiva trova una conferma nell'illustre esponente della scienza, Stephen Hawking, che preannuncia la fine dell'universo legato allo spegnimento delle stelle in uno studio realizzato pochi giorni prima della sua morte (14 marzo). La retorica e l'evanescenza sono le due strade per giungere a una sorta di liberazione dall'angoscia del vivere. Il testo descrive un Paese immaginario, dove un uomo pensa di essere immortale per il ruolo di guida e di potere che esercita sul proprio mondo, non curandosi delle conseguenze dei provvedimenti imposti alla popolazione. La crisi dell'uomo contemporaneo si manifesta in una mancanza di logica e in una voracità effimera della comunicazione. Tra caricature ironiche e feroci polemiche, si snoda una 'trama/non trama', che ruota unicamente sulla prossima morte del re dell'universo. E la ricerca dell'assoluto non si risolve neanche nella morte. Quest'ultima è un argomento caro a Ionesco, perché si interroga sulla vita, il suo inizio e la sua fine: un enorme esame di coscienza, come se l'autore volesse espiare tutte le proprie colpe per l'umanità intera e vi sia poco spazio per il grottesco, perché la vita ha preso il posto della farsa. Il diniego, la rivolta e la rassegnazione intervallano e accompagnano i personaggi verso la fine dell'esistenza, che coincide con il termine dello spettacolo. Il suo sguardo è estremamente drammatico sul mondo, il 'buco nero' dentro di lui è la proiezione dei disastri che ha procurato l'uomo durante le tante esistenze che ha vissuto: guerre, epidemie, stermini e disastri ambientali. Nulla è risparmiato. La morte presenta il suo conto salato e pone la questione ai minimi termini: colpevole o innocente. Mentre il cataclisma è in atto, il re mostra la sua agonia al pubblico e senza pudori e dignità anche la sua paura di essere inghiottito nel buco nero del nulla. Uno scenario apocalittico si apre al pubblico, che segue con coinvolgimento la trama grazie alla bravura di tutti gli attori, che in due ore di spettacolo riescono a tenere viva la tensione senza abbandonare mai il palco. Mentre tutto muore lentamente con il re e la solitudine prende il sopravvento, la scelta di una donna per Bérenger appare chiara e rivelatrice: la procreazione quale unica via rigeneratrice e salvifica.

Il re muore
Teatro Piccolo di Pietralata
Via della Stellaria 7  Roma - Pietralata
scritto da: Eugène Ionesco
con: Mario Borgioni, Piero di Marzia, Silvana Franzosi, Maria Raffaella Pisanu, Federica Preite,  Angela Zampetti
Regia: Dario Abinna
Aiuto regista: Valentina Locati
Fonica: Giuliano Bonelli
Costumi: Monica Guadagnini
Macchine di scena e attrezzeria: Elvio Pirrucci
Per tutte le informazioni sull'evento:
angela.zampetti@libero.it


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