Stefania CatalloEsistono persone in grado di fare cose straordinarie, come unire i popoli in nome della difesa dei diritti umani. Miguel Sanchez è stata una di queste. In nome di questo atleta, 'desaparecido' nel 1978 a Buenos Aires per mano delle bande criminali agli ordini del regime di Videla, si è tenuta in questi giorni a Roma la XVII edizione della 'Corsa di Miguel'. La gara si è articolata in una maratona competitiva e in una passeggiata di circa 4 chilometri, per permettere a tutti di partecipare. Gli iscritti alla corsa hanno superato i 5 mila partecipanti, accompagnati da altrettante migliaia di persone giunte da tutta Italia e anche dall'estero, a dimostrazione di un risveglio di attenzione verso i temi sociali. Ma chi era Miguel Sanchez? Un ragazzo come tanti, che aveva iniziato a lavorare da bambino, per poi partire dalla sua città e trasferirsi a Buenos Aires, dov'era riuscito a trovare un impiego presso il Banco de Provincia. Dopo il lavoro, coltivava la passione per l'atletica, che assieme alla poesia e all'impegno politico erano il fulcro della sua vita. L'Argentina di quel tempo era un Paese governato da una dittatura feroce: il generale Jorge Rafael Videla aveva preso il potere con un colpo di Stato il 24 marzo 1976, sostituendo Isabelita Peròn con una Giunta militare e dando il via al 'Processo di riorganizzazione nazionale', che si sarebbe rivelato come una serie di azioni mirate a distruggere l'opposizione politica attraverso la repressione più sanguinosa. Durante la dittatura, lunga sette anni, si contarono oltre 30 mila sparizioni: era iniziato il triste periodo dei 'desaparecidos'. Bastava poco: l'impegno sociale volto all'assistenza delle fasce più disagiate della popolazione, o la condivisione di idee politiche opposte ai diktat del regime erano motivi più che sufficienti per scomparire. I rapimenti avvenivano alla luce del giorno: rimasero tristemente famose le Ford Falcon con le quali le bande paramilitari agli ordini del Governo effettuavano le operazioni di sequestro. Le vittime venivano portate in centri di detenzione clandestina, dove subivano violenze e torture. I 'voli della morte', con i quali i prigionieri venivano gettati ancora vivi nelle acque dell'oceano Atlantico o del Mar de la Plata, erano uno dei mezzi adoperati per liberarsi di loro. Non sappiamo se anche Miguel Sanchez abbia subito questa terribile sorte: dal giorno del suo rapimento, il 9 gennaio 1978, nessuno ha avuto più sue notizie. Così come non si sono mai avute notizie dei tantissimi bambini sottratti alle madri - circa 500 - e affidati alle famiglie vicine al regime. Grazie all'impegno delle 'Madres' e delle 'Abuelas de la Plaza de Mayo', che si sono battute per anni e sono diventate famose per le loro manifestazioni davanti alla Casa Rosada, la sede del Governo argentino, è stato creato negli anni un archivio genetico che ha portato al ritrovamento di 116 nipoti (nietos) che hanno potuto ricongiungersi  con le loro famiglie biologiche. La vicenda di Miguel è stata diffusa in Italia grazie a Valerio Piccioni, giornalista romano della 'Gazzetta dello Sport' che ne aveva avuto notizia in Argentina e che ha deciso di dar vita a un evento che ne perpetuasse la memoria: una maratona, la specialità nella quale Miguel eccelleva. E così, anno dopo anno, la 'Corsa di Miguel' è diventata sempre più nota e sentita, al punto che, contemporaneamente alla gara vera e propria, è stata creata una non competitiva 'passeggiata', che permette a tutti di partecipare. Purtroppo, Miguel, come tantissimi altri, non ha avuto giustizia: coloro che hanno operato la 'mattanza' di un'intera generazione non sono mai stati puniti per i loro crimini. E molti di loro sono riusciti a far perdere le proprie tracce. E' di circa un anno fa la notizia di una 'lettera aperta' alle massime autorità italiane da parte di un gruppo di intellettuali argentini, pubblicata su 'Il Manifesto', i quali hanno chiesto provvedimenti urgenti e l'attuazione di misure contro due dei più sanguinari personaggi dell'epoca della dittatura: Jorge Olivera e Carlos Luis Malatto. Quest'ultimo pare si trovi in Italia, senza che la giustizia si sia mai occupata di lui. Uno dei principali firmatari della 'lettera aperta' è stato il professor Claudio Tognonato, che insegna presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università RomaTre, al quale abbiamo rivolto alcune domande.

Professor Tognonato, quanto è conosciuta, in Italia, la vicenda della dittatura in Argentina della seconda metà degli anni '70 del secolo scorso?
"Anche se le vicende storiche che riguardano la violazione dei diritti umani in Argentina sono fatti storici accaduti ormai da molto tempo, restano di grande attualità. In primo luogo, per quanto riguarda il legame tra Italia e Argentina: molte delle vittime sono italiane, o di origini italiane. Purtroppo, anche tra i carnefici troviamo cognomi 'nostrani'. In secondo luogo, la vicenda dei 'desaparecidos' resta una delle più cruente violazioni dei diritti umani del XX secolo, un progetto pianificato e perpetrato in modo sistematico da una nazione: un vero e proprio 'modello' di terrorismo di Stato. In terzo luogo, ci sono dei delitti che non vanno in prescrizione e non solo perchè di lesa umanità, ma in quanto crimini persistenti: la 'desaparecion', ovvero la scomparsa di persone, non si risolve finché non si può dare sepoltura al corpo. In questo caso, vi è anche la ricerca dei figli dei 'desaparecidos', sequestrati dai militari e dati in adozione forzata o venduti. Le 'Abuelas de Plaza de Mayo' continuano nella loro ricerca, anche in Italia".

Mantenere viva la memoria di quanto accaduto è un compito che le nostre istituzioni dovrebbero far proprio?
"Questo compito è anche della società e dei singoli cittadini, oltreché delle istituzioni. La conoscenza della Storia è indispensabile per molti motivi: innanzitutto, perché è triste persistere sugli stessi errori. Per avere consapevolezza di quanto accaduto è necessario voltare pagina".

In quale modo?
"Tanto per fare un esempio, in Italia esistono, ancora oggi, troppi poteri e interessi trasversali spesso occulti, come la P2, dichiarata illegale nel lontano 1981. Ma essa solo formalmente è sepolta: basta confrontare il programma della Loggia e quanto di ciò che, oggi, è legge dello Stato. L'Italia non potrà superare le varie crisi che si susseguono se non si decide a compiere una 'svolta etica', che coinvolga in modo solidale tutti e ognuno. Forse, il primo passo è aprire gli archivi e fare i conti con il proprio passato, anche in rapporto all'Argentina".


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