Vittorio LussanaConsiderare un bambino diverso da un adulto è un mero pregiudizio, che tende a ridurre il rapporto educativo a un insieme di precetti minuziosi: un sapere a sé stante, totalmente rescisso dalla filosofia. Ciò rappresenta un errore gravissimo, poiché si finisce con l'educare l'infanzia in base a una serie di obblighi e regole meccaniche, anziché basarsi sulle nostre risorse 'interiori'. Regole dalle quali essi, prima o poi, fuggiranno istintivamente, 'sbandando' pericolosamente durante gli anni della loro formazione caratteriale e identitaria. La pedagogia, infatti, è uno dei 'momenti' della filosofia, un suo ambito specifico di applicazione di princìpi, di qualunque genere o provenienza essi siano: religiosi, scientifici, storici, tradizionalisti, ideologici, anticonformisti e via dicendo. La pedagogia deve proporre un nuovo modo, meno statico e apologetico, dunque più dinamico e moderno, di concepire il rapporto educativo con l'universo dell'infanzia e dell'adolescenza, trasformando l'educazione stessa in 'autoeducazione'. Se i bambini vengono portati a comprendere il dato valoriale e spirituale di fondo dei nostri precetti, delle nostre regole e dei nostri princìpi, anziché subirli per imposizione forzata, essi potranno, nel corso del proprio sviluppo, imparare a regolarsi per conto proprio. E gli interventi educativi 'esogeni', quelli di chiarificazione, correzione e sostegno durante la difficile fase della crescita, potranno intervenire solo quando ve ne sia effettivamente bisogno. Esistono frangenti e 'passaggi', sia nel corso dell'infanzia, sia nella vita giovanile, in cui i nostri ragazzi si rendono conto di aver bisogno di un consiglio, di un punto di riferimento comportamentale, di riuscire a far emergere la propria identità. Ciò significa che ci sono e ci saranno sempre quei corretti 'margini naturali' d'intervento riservati ai genitori. Ma ciò deve avvenire nel momento giusto, cercando di comprendere come determinate problematiche siano sempre le stesse (il primo amore, le difficoltà a scuola, le distinte indoli caratteriali, i codici personali e soggettivi di preferenza che prefigurano la personalità del bambino prima e dell'adolescente poi) anche se trasferiti in mutati contesti. Il progresso scientifico, tecnologico e più in generale della società, può presentarsi sotto svariate 'forme', basate su sollecitazioni sempre nuove. Ma proprio per tali motivazioni, l'educazione dev'essere considerata una materia dinamica, in evoluzione con il progredire della società stessa, non un mero elenco di regole fisse, rigide e immutabili. Altrimenti, si sconfinerà, ancora una volta, nel 'pedotecnicismo', ovvero in una pedagogia completamente 'sganciata' da ogni scala di valori e di princìpi etici, morali o filosofici che siano. Ognuno di noi può considerarsi 'maestro' nei confronti dei giovani e delle nuove generazioni. Quel che siamo tenuti a ricordare, continuamente e innanzi a noi stessi, è che ogni maestro non è mai dappiù del proprio allievo.

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(editoriale tratto dal n. 14 della rivista sfogliabile 'Periodico italiano magazine' - settembre/ottobre 2015)

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Marina - Urbino - Mail - sabato 17 ottobre 2015 0.35
Sono perfettamente d'accordo: insegnare ai propri figli cosa è più opportuno e cosa lo è meno e lasciarli liberi di scegliere il proprio futuro. Infatti, mia figlia è partita per Londra a 19 anni per crescere e trovare la sua dimensione ed è là tuttora con un lavoro e una vita sua. Anche la scuola può essere utile, in questo senso, aiutare i ragazzi a esaltare le loro capacità e propensioni piuttosto che formalmente spingerli a seguire pedissequamente e sterilmente il programma scolastico che è basilare, ma che non insegna affatto a confrontarsi con la vita e la società di ogni giorno.
Renzo - Milano - Mail - venerdi 16 ottobre 2015 13.16
Addirittura maestri ??? Ma se non facciamo neppure i compiti.... Non esageriamo, dai...


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