Giovanni PalilloLa situazione economica italiana, difficile e complessa, prende sempre più spazio e rilevanza. E incide sempre di più nella vita delle famiglie, del mondo del lavoro e delle piccole e medie imprese, che vivono una stagione difficile. La lunga transizione, iniziata nel 1994, non trova un approdo sicuro. E vecchie e nuove contraddizioni si sommano con inquietudini sociali che, ormai, riguardano quasi tutti i settori della società. A cominciare dal ceto medio al mondo operaio e impiegatizio, con particolare recrudescenza nel mondo femminile e giovanile, in particolare al sud. Tale situazione, che pone l'Italia all'ultimo posto nelle grandi economie dell'Europa, seppure non irreversibile genera frustrazione e immobilismo. La vecchia èlite economica mostra tutte le sue crepe e, malgrado qualche recente ringiovanimento, non mostra sensibilità sociale, arroccata nei suoi fortini privilegiati e preoccupata di mantenere legami con chi detiene il potere. La borghesia intellettuale non conta quasi nulla e l'Università è attraversata dalle solite devianze e dai giochi di potere, che l'hanno quasi omologata agli altri poteri della nazione. Il sindacato sconta ritardi decennali nella costruzione di un pensiero economico e ha, con qualche eccezione, perso quella tradizione leaderistica che la caratterizzava fino a qualche decennio addietro. La sua apparente unità scricchiola di fronte alle scelte difficili e, soprattutto, nei confronti dei Governi, in quanto manca di un progetto preciso. Il rinnovamento della classe politica nel parlamento e l'inserimento delle donne nel Governo si accompagna ai troppi casi di ex ministri e sottosegretari inquisiti e/o finiti in prigione, soprattutto a destra e persino nella Lega Nord, a cominciare dal suo fondatore. Il rinnovamento giovanile e/o 'giovanilistico' non si sposa con l'accantonamento di vecchi sepolcri imbiancati che militano ancora in parlamento e dettano condizioni ai cittadini. Il successo di Renzi alle europee sembrava delineare un sistema di alternanza più credibile e convincente. Certo, Renzi interpreta esigenze anche contrapposte e non solo apparenti. Tenta di fare del Pd un partito interclassista senza le estenuanti mediazioni interne alla vecchia Dc. E cerca di coniugare le esigenze economiche della classe protetta con chi invece è privo di ogni tutela sociale. Anche nel campo dei diritti civili ricerca una mediazione interna, affidandosi al modello tedesco piuttosto che a quelli della Francia e della Spagna. Il problema, oggi, in una situazione cosi avvitata, è se quello che sembra un inizio di autunno caldo debba caratterizzare, ancora per tanti e lunghi mesi, la stagione politica futura. I problemi non sono in parlamento per le difficoltà di Berlusconi e per la insipienza di Grillo e Casaleggio, politicamente immaturi e contraddittori. I problemi nascono da un crescente disagio che, alimentato dalle estreme, pervade l'intera società e che, perciò, fa ritardare l'appuntamento con la crescita e l'uscita dalla recessione. Un Paese cosi combinato non può ritrovare quello slancio di cui oggi manca e che non gli consente di incamminarsi su un percorso virtuoso, in cui debbano prevalere le esigenze del Paese attraverso un cammino comune indispensabile e rispettoso dei ruoli di tutti i fattori in campo. E' veramente difficile combinare il desiderio di protagonismo con gli interessi generali? Come socialisti dobbiamo augurarcelo. Altrimenti, non resta che dare la parola agli elettori dopo un veloce percorso elettorale e istituzionale in parlamento ed essere usciti almeno dalla fastidiosa recessione. La crescita dell'Europa è utile, ma è dentro il nostro Paese che bisogna ritrovare le energie necessarie per sanarlo, rinunciando a qualche 'battuta' e non inasprendo il disagio sociale.


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