Vittorio LussanaSono rimasto alquanto ‘seccato’ dalla recente polemica generata dall’attore e regista Carlo Verdone nei confronti del film ‘To Rome with love’, diretto da Woody Allen. L’artista romano, infatti, con una certa arroganza ha accusato il grande umorista americano di aver descritto una città eterna stracolma di “luoghi comuni”, senza fare il minimo sforzo per comprendere il punto di vista ‘esogeno’ di uno straniero che, senza dubbio, è rimasto assai colpito dai bellissimi ‘scorci’ della capitale d’Italia, dai suoi splendidi panorami, dal dolcissimo clima che, generalmente, accompagna le sue giornate, concentrandosi tuttavia maggiormente sul lato grottesco della vita quotidiana della città dei 7 colli. In realtà, è proprio Carlo Verdone a essersi sempre limitato a una visione provinciale della ‘romanità’. Ed è per questo motivo che i suoi film non sempre sono bene accolti nel resto del Paese. A parte la felice eccezione di ‘Compagni di scuola’, in cui ha cercato di fotografare, riuscendoci, lo spaccato sociale di un gruppo di liceali che si ritrovano, dopo molti anni dall’esame di maturità, a vivere una serata carica di nostalgia nei confronti di un’epoca di ‘spensieratezze’ in seguito costretta a fare i conti con le dure responsabilità della vita ‘reale’, è proprio il cinema di Verdone quello che ha sempre teso a raccontarci storie improntate su personaggi caratteristici, replicando all’infinito il consueto luogo comune di una popolarità romana sempre allegra ed estemporanea. In sostanza, Verdone è romano e ama molto la sua città. Dunque, è per questo motivo che proprio non riesce a cogliere anche gli aspetti di una capitale che sconta una serie di gravissimi errori di programmazione amministrativa. Allen, invece, possiede un punto di vista ‘esterno’, ‘distaccato’, non si lascia ‘comprare’ emotivamente dalla bellezza artistica di Roma. E, a parte qualche evidente ‘errore’, come la scena finale di un cittadino in canottiera che chiude il film parlando al pubblico da una finestra di un appartamento di via dei Condotti (come se l’orripilante mercato immobiliare romano fosse realmente in grado di porre in vendita, o anche semplicemente in affitto, un’abitazione inavvicinabile persino per i ceti medio-alti della città…) evidenzia l’impazzimento totale di un mondo, quello capitolino, che proprio si rifiuta ostinatamente di voler analizzare i propri difetti di fondo. La ‘galleria’ di personaggi della Roma degli ultimi vent’anni che Allen presenta al pubblico è realistica, verosimile: un circuito dell’informazione qualunquista, che crea notizie sul nulla trasformando “un coglione qualsiasi” in un illustre ‘tuttologo’ (ben interpretato da Roberto Benigni) a dimostrazione di un giornalismo meramente ‘riempitivo’ e superficiale; gli ambienti cosiddetti ‘in’ che, gira e rigira, si ‘ripassano’ tutti la stessa prostituta; l’attore ‘marpione’, che cerca di portarsi a letto un’ingenua sposina veneta in viaggio di nozze; l’attricetta di belle speranze, che ruba il fidanzato all’amica promettendogli una storia ‘favolosa’, tutta composta di meravigliosi viaggi intorno al mondo, ma che nel giro di un attimo, non appena giunge la tanto attesa telefonata di un regista, annulla ogni progetto d’amore per continuare a inseguire il proprio sogno di affermazione egoistica, ricercata anche a costo di passare da un letto all’altro. Insomma, una buona descrizione di un mondo ‘fatuo’, tutto basato sulle mere apparenze, su una finzione di atteggiamenti e di comportamenti che dipinge l’impazzimento morale, i retaggi tradizionalisti ormai stantìi, quel ‘carnevale romano’ che continua imperterrito a rifiutarsi di affrontare le proprie ‘magagne’ e la propria ‘cafonerìa’ da Europa meridionale, che continua a illudersi di essere la città della ‘dolce vita’ mentre in realtà è diventata solamente un gran calderone di opportunismi, di esibizionismi, di atteggiamenti ‘affettati’, che nascondono sempre obiettivi ben distinti rispetto a quelli dichiarati. Una Roma di doppie vite, assurdità e tristezza: Verdone e i romani non vogliono comprendere la questione? Tutto sommato, la cosa non ci stupisce: nel fingere di fare ogni cosa diviene inevitabile voltare il proprio sguardo da un’altra parte, nell’ipocrita illusione di veder scomparire le proprie miserie, di poter continuare ad appiattire una disastrosa realtà sociale al solo fine di replicare all’infinito una logica basata su ‘bluff’ reiterati, in una sciocca commistione tra vita reale e telenovelas, tra fiction e gossip, fino a impoverire una ‘piazza’ artistica e professionale la quale, invece, ha sempre dimostrato, nell’ambito della produzione culturale, una propria storica vitalità. Il film di Woody Allen non è affatto malvagio. Anzi, la pellicola possiede dei momenti addirittura ‘spassosi’, con la ‘chicca’ del cantante lirico che si esprime al meglio solamente sotto la doccia. E la Roma descritta è “senza orrore di se stessa” - come avrebbe detto impietosamente Ettore Petrolini - che dunque meritava di esser tolta dalla consueta ‘vetrina’ turistica di contorno.




(corsivo tratto dal sito www.periodicoitalianomagazine.it)
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Roberto - Roma - Mail - lunedi 25 giugno 2012 7.55
Non sono del tutto d'accordo: Allen ha generalizzato, forzando le cose. Io il film l'ho visto. E forse è più corretto notare come le generazioni più giovani non lo abbiano capito, dato che considerano quel che ha descritto Allen la normalità della loro vita quotidiana. Era più giusto sottolineare che le giovani generazioni non trovano grottesco quel che per noi lo è, perché per loro è normale che la vita a Roma si svolga cosi. Devo darti ragione su una cosa, però: ci sono stati una marea di errori di programmazione. Ma non solo quelli amministrativi, anche strutturali. Si è voluto creare una capitale di impiegati che non riesce a digerire nessuna logica di gruppo, di collettività, di azienda. Guarda come viene gestita l'Atac, dove la scortesia e il menefreghismo convivono con un servizio offerto al pubblico a dir poco vergognoso e uno sciopero ognni venerdi di ogni mese. Tutti vivono con il proprio stipendio e il resto va da sè, in una pigra e noiosa quotidianità. Ma forse Mussolini non aveva torto quando voleva creare una cintura industriale, un qualcosa che avrebbe potuto portare a Roma anche una vera cultura aziendale, imprenditoriale, pragmatica. Poi sono arrivati i democristiani e il grigiore assoluto ha coperto ogni cosa. Le sinistre hanno difeso il patrimonio artistico e quello ambientale, bloccando gli scempi paesaggistici, oltre a costruire casermoni in tutta fretta nel tentativo di dare un tetto a tutti. Ma tutto questo ha generato solamente uno sviluppo disordinato e caotico della città, in cui l'individualismo egoistico e il disprezzo verso ogni regola ne sono solamente una conseguenza logica. Hai avuto coraggio nel segnalare l'altro lato della "medaglia". Ma, alla fine, Roma è solamente una città dell'Italia centrale molto popolosa. Il sud sta messo molto peggio, purtroppo...
Rob
Massimo - Roma - Mail - domenica 24 giugno 2012 9.17
Condivido il Direttore. In effetti è contraddittorio che chi ha cercato sinora di cogliere solo la romanità e una italianità, solo come un libro di barzellette, luoghi comuni, mediocrità e miserie sia di Roma, che dell'italia intera, critichi poi chi ci vede effettivamente così! Verdone, ottimo attore, neo-Fregoli di personaggi tipici, maschere italiote, del vernacolo romanaccesco.... un pò meno nella professione della regia. Ma spesso succede così: molti grandi attori, hanno poi inciampato quando si sono cimentati dietro la macchina, o si sono presi troppo sul serio. Allo stesso Chaplin è successo nel film "La contessa di Hong Kong". Che abbia voluto invece dire: "Se ci critichiamo noi si, ma gli altri come osano"? Oddio, sarebbe una forma di capriccioso campanilismo patriottaro, tanto caro a molti personaggi, politici e non, che rientrano poi nel catalogo delle maschere italiote summenzionate. Quasi una sorta di "lei non sa chi sono io!" Che a Verdone piaccia o meno, del film si possono criticare errori tecnici, conoscenza approssimativa nei minimi particolari della quotidianità romana, ma non certo i nostri comportamenti. Così come accade a noi andando all'estero che ci colpiscono immediatamente le differenze, il cibo, il modo di parlare, il massimo zelo che i poliziotti all'estero hanno nei nostri confronti, perché a chi viene da fuori non dovrebbero rimanere colpiti dai nostri modi, la sciattoneria, l'arte di infilarsi, di arraggiarsi, il modo di considerare la famiglia o la religione? Del resto, non sono state forse le nostre opere cinematografiche a denigrare i paesi esteri mostrando americani faciloni e fracassoni, tedeschi ancora neo-nazisti, o inglesi che se gli esplode una bomba in casa, rimangono scioccamente passivi a bere il thè. Se non addirittura in modo offensivo e razzista son state spesso descritte le popolazioni africane, quasi sempre stile bingo bongo, con le b invece delle p o, nei peggiori casi, con l'anello al naso? Caro Verdone, fai un esperimento: chiedi la storia di Roma, del Colosseo, o della Pietà di Michelangelo a un romano e poi domandala a uno straniero che visita Roma.... E guarda chi la conoscerà meglio! Tu rimarrai sbalordito!
Patrizia - Roma - Mail - domenica 24 giugno 2012 9.1
Nemmeno io ho visto il film, però se è come descritto, cioè un insieme di luoghi comuni, dò ragione a Verdone. Allen è stato superficiale soprattutto perché, da questi episodi, sia New York, sia le altre capitali americane, risultano uguali a Roma, anzi direi peggio. Perciò Verdone ha fatto bene a difendere la sua città, che, malgrado i molti difetti, rimane sempre la culla della civiltà antica. L'americano Allen non può farci lezione di gusto, né di civiltà...dovrebbe guardarsi a casa sua,dove una finanza truffaldina e priva di scrupoli ha inguaiato mezzo mondo!
Cristina - Milano - Mail - domenica 24 giugno 2012 8.57
Non ho visto il film di Allen, ma la descrizione della nostra amata città mi pare molto veritiera e amaramente realistica..... Forse se qualche romano si spolverasse di dosso l'arroganza e la presunzione, Roma tornerebbe ad essere la città eterna e ricca di meraviglie in cui siamo nati e cresciuti.
Ma d'altra parte è lo stesso comportamento assunto da molti...cittadini italiani... Purtroppo tutto ciò crea un'involuzione generalizzata.....


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