Serena Di GiovanniIn questi giorni, sul 'Family day' abbiamo sentito di tutto. La manifestazione, organizzata lo scorso 20 giugno in piazza San Giovanni a Roma dal comitato 'Difendiamo i nostri figli' sta suscitando, in effetti, numerose polemiche. Le giovani mamme e i papà, le famiglie e i ragazzi che si sono radunati con palloncini, cartelli e bandiere per promuovere lo slogan "Difendiamo i nostri figli. Stop gender nelle scuole" protestavano, appunto, contro la teoria del gender e contro il ddl Cirinnà sulle unioni civili. Del resto, per il popolo cattolico la famiglia è una sola: quella fondata sul matrimonio. Rigorosamente tra uomo e donna, come recitano gli striscioni esibiti durante la manifestazione: "La mamma senza il papà è come il pane senza la nutella"; "Ogni bimbo ha una mamma e un papà"; "Gender is danger" e via discorrendo. Adozioni gay, unioni civili, no all'insegnamento della teoria del gender nelle scuole: impossibile definirla una manifestazione laica. Sembra, piuttosto, la fiera delle ovvietà e della mala informazione. "Insegnano ai bambini che sono tutti uguali, i maschietti possono togliersi i calzoni e mettersi la gonnella", sosteneva Romana, di Arezzo. "Non vogliamo che i nostri figli e nipoti vengano traviati, se no mica mi facevo tutta questa strada fino a qui, oggi, alla mia età". Nessuno, però, ha saputo spiegare esattamente in cosa consista questo presunto indottrinamento e come l'insegnamento dell'educazione sessuale e le campagne contro l'omofobia possano trasformarsi in uno scambio di indumenti o toccamenti vari. Ci si riferiva, probabilmente, alla bufala che per mesi ha girato sul web relativa al bellissimo progetto il "Gioco del rispetto - Pari e dispari"  avviato in numerose scuole materne italiane, il quale, seppure giudicato da Salvini e colleghi (nonché da numerose testate giornalistiche) 'pericoloso' per i nostri figli e nipoti, nulla ha a che vedere con la teoria gender (a dimostrarlo, i contenuti della proposta ludico-educativa pubblicati su internet). E se l'Europa va in tutt'altra direzione, invitando ad agire per la promozione del rispetto e dell'inclusione delle persone LGBTI nelle scuole e per dare impulso a una conoscenza obiettiva delle problematiche relative all'orientamento sessuale, all'identità e all'espressione di genere negli altri ambienti educativi, una buona fetta dell'Italia, ancora una volta, si dimostra 'retrograda' e indietro con i tempi che cambiano. Qui, a Roma, nella Capitale di una Repubblica parlamentare situata nell'Europa meridionale che gli articoli 7 e 8 della sua Costituzione definiscono 'laica', ovvero non fondata su una matrice religiosa incentrata su una determinata fede, 200mila persone (e per fortuna non più di un milione, come era stato inizialmente paventato) si sono incontrate, tra le altre cose, per sincerarsi che i loro bambini crescano in una famiglia fatta di mamme e di papà (poco importa se in un ambiente ipocrita composto da genitori divorziati in casa che discutono dalla mattina alla sera) e, soprattutto, per scongiurare loro una 'cattiva educazione'. Il tutto, in nome di un Dio che, per inciso, ha sempre insegnato la pace e l'uguaglianza tra le persone. In nome di alcune, presunte, 'leggi della natura' (chi siamo noi per stabilirle?), o, meglio ancora, di una sostanziale ignoranza (nel senso 'reale' del termine) attraverso la quale, ci pare evidente, si 'ignorano' alcune, fondamentali, branche della scienza umana. A questi uomini 'timorosi' si potrebbe rispondere con un'altra ovvietà, ovvero che la famiglia è ovunque: si tratta di un nucleo sociale rappresentato da due o più individui (non necessariamente di sesso opposto) che vivono nella stessa abitazione e, di norma, sono legati tra loro col vincolo del matrimonio, con convivenza, o da rapporti di parentela o di affinità. Gli si potrebbe, ancora, rispondere di informarsi tanto e meglio prima di veicolare e diffondere delle vere e proprie 'bufale' tratte dal web ai loro figli. La cui educazione, prima di tutto, dovrebbe passare per il rispetto e l'amore verso il prossimo, nonché per il riconoscimento dei diritti delle persone che sono alla base di qualsiasi democrazia.


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