Alessandro LozziVoglio dirlo subito chiaramente: la procreazione medicalmente assistita, sia essa omologa che eterologa, non gode della mia simpatia.
Non capisco come una coppia desiderosa di completarsi con una esperienza genitoriale, ma priva del dono della fertilità, invece di adottare un figlio -cioè un essere umano già nato e destinato ad una vita sfortunata-, accetti di sottoporsi a trattamenti sanitari che, diciamolo francamente, sono mortificanti.
Davvero si ritiene che la parentalità genetica e quella gestazionale siano fondamentali? Davvero si ritiene che la “fisicalità” del figlio sia così importante? E se lo è, come si può accettare di procreare utilizzando una “capacità generandi” che -in nome della “fisicalità”- si realizza proprio attraverso l’esclusione di un rapporto sessuale, cioè fisico? Spero di non offendere nessuno ma credo che un atto del genere sia più vicino al sentimento dell’egoismo che a quello dell’amore. Questa è la mia opinione, ne sono convinto così come sono convinto che valga esattamente quanto le altre che da questa dissentono.
Così sarebbe giusto che fosse ma purtroppo non è così. Purtroppo, ancora una volta, e siamo nel terzo millennio dopo Cristo, questo Paese pare costretto a conoscere il volto dell’integralismo, cioè la forza della legge utilizzata per imporre a tutti i valori che appartengono solo ad alcuni. Ancora una volta il politeismo dei valori a base della società aperta, che prevede la separazione tra scienza ed etica, pare debba soccombere dinanzi alla bioetica religiosa, cioè all'affermazione di una autorità superiore, interprete della legge divina, dalla quale le leggi umane devono tomisticamente discendere.
Ancora una volta questo Paese pare non avere alcun rispetto per l'autonomia morale della persona.
La Congregazione per la dottrina della fede della Chiesa cattolica sostiene che "la fecondazione artificiale eterologa è contraria all'unità del matrimonio, alla dignità degli sposi, alla vocazione propria dei genitori e al diritto del figlio ad essere concepito e messo al mondo nel matrimonio e dal matrimonio. La fecondazione artificiale eterologa lede i diritti del figlio, lo priva della relazione filiale con le sue origini parentali e può ostacolare la maturazione della sua identità personale. Essa costituisce, inoltre, un'offesa alla vocazione comune degli sposi che sono chiamati alla paternità e alla maternità: priva oggettivamente la fecondità coniugale della sua unità e della sua integrità, opera e manifesta una rottura fra parentalità genetica, parentalità gestazionale e responsabilità educativa. Tale alterazione delle relazioni personali all'interno della famiglia si ripercuote nella società civile: ciò che minaccia l'unità e la stabilità della famiglia è sorgente di dissensi, di disordine e di ingiustizie in tutta la vita sociale".
Risulta fin troppo facile controbattere, come ha fatto Veronesi, che se queste argomentazioni fossero accettate ogni genere di adozione oggi esistente al mondo sarebbe necessariamente illegale, ma cascano le braccia quando si viene a sapere che il testo avanti riportato compare, nella sua integrità letterale, in alcuni disegni di legge depositati in Parlamento da deputati della Repubblica.
Concordo con Stefano Rodotà il quale ha giustamente osservato che è difficile e rischioso chiedere al diritto di fornire valori che la società non esprime. La premessa di un giusto intervento del diritto è l'esistenza di valori "forti" presenti nell'organizzazione sociale mentre oggi accade esattamente il contrario, sono le biotecnologie ad innescare e a guidare i processi sociali.
Gli interventi dell’uomo nei confronti della natura hanno sempre avuto il significato ambivalente di adattamento e di trasformazione dell'ambiente, anche per questo necessitano di una elaborazione culturale appropriata per far ritrovare a ciascuno la propria strada e la propria identità personale e sociale. Le nuove tecnologie riproduttive addirittura trasformano in artificiale il processo naturale del concepimento e della gravidanza, separano l'evento riproduttivo dal congiungimento dei genitori nell'atto sessuale, creano le condizioni per cui le funzioni procreative siano artificialmente separate in modo che più persone possano concorrervi in tempi diversi.
Tutto ciò fa paura, come potrebbe non farla? Ma la storia dell’uomo è lì ad insegnare che non esiste alcuna autorità morale, politica, statuale o sovrastatuale che possa, per tabulas, decidere il bene per conto nostro. Quando ciò è avvenuto sono state commesse ingiustizie gravi ed è stato ritardato il processo di miglioramento delle conoscenze umane a solo danno di intere generazioni.
Il fatto è che, fino ad oggi, il tempo trascorso tra un risultato scientifico e un'altro è stato sufficiente a garantire la condivisione collettiva delle relative applicazioni pratiche, ma da un po’ di tempo il progresso scientifico ha cambiato marcia e procede a grandissima velocità. Accade quindi che l'elaborazione umana dei risultati scientifici non sappia stare al passo con l'accelerazione della scienza, e questo può essere molto pericoloso.
E’ qui, e qui solamente, che dovrebbe intervenire il legislatore. Non vogliamo uno Stato paternalistico che decida per noi cosa è giusto e cosa è sbagliato fare, vogliamo invece uno Stato che crei, per tutti, le occasioni di emancipazione.
Non vogliamo uno Stato etico, vogliamo invece uno Stato imparziale che si impegni a dare la massima divulgazione delle conoscenze e che faciliti l’apprendimento di informazioni in modo da consentire a ciascuno di assumere decisioni secondo i propri valori etici.
Non è mai una buona soluzione fare una legge "ad hoc" ogni volta che si presentano nuovi problemi etici, perchè da ciò consegue automaticamente che le decisioni finali vengono adottate nelle aule dei tribunali, e quindi per via autoritaria. Ciò non è giusto perché quando si tratta di comportamenti che devono essere il risultato di un processo di elaborazione, diffusione, apprendimento, maturazione e condivisione di principi da parte dell'intera comunità l’unico tribunale legittimo non può che essere la propria coscienza.
Tuttavia, tacersi che negli ultimi anni la sterilità è aumentata a ritmi considerevoli (si calcola che le coppie che richiedono annualmente una prestazione specialistica in tal senso oscillino addirittura dalle 21.000 alle 29.000), tanto che in Italia esistono circa settanta centri di inseminazione artificiale e ben trecento banche del seme.
L’intervento legislativo è divenuto quindi necessario. Ritengo però che una buona legge sulla procreazione medicalmente assistita non dovrebbe prescrivere o vietare comportamenti ma dovrebbe solo enunciare quei principi guida che non possono essere derogati, cioè quei principi che costituiscono i valori fondanti di ogni comunità umana.
Da parte cattolica si è più volte sostenuto, pensando chissà perché di contrapporsi così alla visione laica, che la procreazione di un figlio deve avvenire soprattutto nel rispetto della vita del nascituro, che non si può pensare al concepimento di un bambino solo perché ci si sente soli, che non è come allevare un cane o un gatto, che la solitudine è una condizione che va superata con supporti psicologici o sociali ma certamente non con surroghe procreazionali. Perché mai un laico non dovrebbe condividere queste affermazioni?
Sempre da parte cattolica, e sempre pensando di contrapporsi alla visione laica, si cita la Convenzione di Oviedo che -nel delineare una sorta di costituzione europea in materia di bioetica- sancisce che l'essere umano è portatore di quel valore essenziale che è la dignità umana e impegna gli Stati rispettarla in tutte le applicazioni della medicina e della biologia precisando che l'interesse e il benessere dell'essere umano debbono prevalere sull'interesse della società e della scienza. Ancora una volta, perché un laico non dovrebbe condividere? Non c’è niente di più laico di queste affermazioni e non c’è niente di più scorretto che assumerle a motivazione di una tesi integralista come il divieto della procreazione eterologa che in nulla contraddice questi principi. A ben vedere, diciamolo una volta per tutte, i nemici dell’Italia laica non sono i valori cattolici, ma la disonestà intellettuale di chi li propugna.

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