Gaia Bay RossiEd ecco il punto di vista di Nemer Hammad, generale dell'Olp rifugiato in Italia già da 12 anni, sui problemi mediorientali. La distanza rispetto alle posizioni israeliane rimane, purtroppo, notevolmente marcata.

Nei mesi scorsi il mondo ha assistito a un’escalation di violenza senza precedenti: qual è il suo giudizio, oggi, su questa difficile situazione?
“In Medio Oriente il popolo palestinese è rimasto vittima di una brutale aggressione, frutto della strategia politica di Sharon mirante a distruggere un processo di pace che già faticosamente stava iniziando a dare qualche frutto. Gli ebrei hanno il progetto di annientare un popolo, quello palestinese, succube dell’occupazione israeliana da oltre 35 anni. La reazione palestinese a questo progetto è quella di una risposta, altrettanto forte e univoca: la risposta di chi vuole, anzi deve, resistere per vedere affermati i propri diritti e per tornare alla legalità”.

Tuttavia, anche molti cittadini israeliani sono morti a causa dei kamikaze palestinesi: dunque il mondo arabo non è solamente vittima …
“I kamikaze rappresentano il tentativo estremo di chi non ha altri mezzi per reagire. La politica ebrea è una politica criminale, che usa il ricatto dell’olocausto per colpire degli innocenti. Gli arabi chiedono semplicemente di poter vivere ed abitare nei propri territori, di vedere riconosciuto un loro diritto, di fronte a chi sta violando la loro dignità sotto tutti i fronti. Gli israeliani utilizzano l’arma della persecuzione subita ad opera dei nazisti per giustificare l’occupazione delle nostre terre e tacciano di antisemitismo chi legittimamente si oppone loro. Se gli ebrei vogliono continuare a imporsi con la forza, noi siamo costretti a difenderci, a qualunque costo. Cos'altro potrebbe fare un popolo, continuamente minacciato e aggredito?. Nessuno può rimanere per così troppo tempo sotto il giogo di un altro”.

Quale è la sua opinione sul leader israeliano Sharon? Crede che se Rabin fosse ancora in vita, la situazione in Medio Oriente sarebbe stata diversa?
“Sharon è l’uomo della guerra, Rabin era l’uomo della pace. Una personalità importante per la storia di questi due Paesi, un politico che firmò gli accordi di Oslo e che promise di mantenerli. Sharon, invece, sin dall’inizio del suo mandato si è mostrato contrario a quanto stabilito in quella sede e questo lo si vede oggi più che mai. Il mondo intero dovrebbe imporgli la condotta della legalità. Il mio giudizio su Sharon è solo uno: si tratta di un fuorilegge, che vuole con la forza occupare tutta la Palestina”.

Anche Arafat, appare però una figura controversa...
“L’attuale leader palestinese non ha mai goduto di tanto appoggio da parte di tutto il mondo arabo, come in questi ultimi tempi. Amato all’interno dai palestinesi, difeso all’esterno. Respingo nel modo più assoluto quanti sostengono che il suo potere sia andato scemando e che l’ala più estremista abbia preso il sopravvento. Le pretese ostilità del popolo contro Arafat e la sua leadership sono solo false accuse. E’ in atto da mesi un processo di mistificazione nei confronti dei Palestinesi che fa il gioco di Israele. Arafat è pronto al dialogo, seppur a precise condizioni, poiché è un leader partigiano che si batte per i diritti del suo popolo e per la pace con il nemico.”

A parer suo, esiste una “soluzione possibile” al conflitto che da decenni lacera questa terra e la gente che la abita?
“Innanzitutto il ritiro dell’esercito israeliano, quindi la fine dell’occupazione dei territori palestinesi, all’interno dei confini del ‘67. Israele si deve ritirare anche dall’ultimo centimetro dei territori. Non esiste altra soluzione possibile. Inoltre, si deve trattare affinché vengano riconosciute legittime garanzie per la sicurezza di entrambi i popoli, con Gerusalemme capitale di tutti e due gli Stati”.

Ma non pensa che questa sia una 'non-soluzione'?
“Gerusalemme dovrebbe essere divisa in due: la parte est ai palestinesi, quella ovest agli ebrei”.

Quale ruolo dovrebbero assumere l’ONU e la diplomazia internazionale?
“Per non arrivare a una guerra totale è necessario l’intervento della Comunità Internazionale. Il suo ruolo deve essere quello di imporre il rispetto della legalità internazionale, facendo valere gli accordi di pace. L’ONU è nato con questo obiettivo: garantire i diritti e intervenire su quanti li negano. Quello ebraico è l’unico popolo che non ha mai rispettato le decisioni dell’Organizzazione delle Nazioni Unite: più di 400 risoluzioni sono state imposte agli Israeliani e a nessuna di queste è mai stato obbedito”.

Gli Stati Uniti hanno seguito di una linea politica attendista, secondo lei?
“Gli americani dovrebbero intervenire in modo più concreto e senza ulteriori indugi per un effettivo riavvio del processo di pace. Però devono essere chiari, dichiarando apertamente da quale parte sono schierati. Colin Powell ha avuto un ruolo importante, quando ha cercato di imporre ad Israele l’incondizionato ritiro delle truppe dai territori. Ma se il segretario americano rinnoverà, ancora una volta, il suo appoggio a quel popolo, perseverando nel suo isolazionismo, la situazione esploderà”.

In che senso?
“La reazione palestinese potrebbe riprendere. L’appoggio statunitense ad Israele ha nel tempo radicato nel mondo arabo sentimenti antiamericani. Nessuno può soccombere a chi impone o anche dà il proprio consenso ad una politica razzista”.

Che rapporti intercorrono tra lei e l’ambasciatore israeliano in Italia, Ehud Gol?
“Non lo conosco di persona. Tuttavia è sufficiente ascoltare il modo in cui quell’uomo si esprime, per comprendere che Israele non ha di certo mandato a Roma un diplomatico che fa parte del mondo della pace…”

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