Vittorio Lussana

I radicali hanno chiuso il loro accordo con il Pd. Io non sono pregiudizialmente contrario alla decisione assunta da Marco Pannella ed Emma Bonino. E ciò per due motivazioni che ritengo dirimenti: a) la sopravvivenza di tutto l’arcipelago di iniziative, movimenti ed associazioni del mondo radicale rimane esigenza primaria di una forza ‘transnazionale’ che rappresenta e che deve mantenere una funzione di avanguardia cosciente del liberalismo moderno; b) l’inserimento di una pattuglia di radicali all’interno del Pd può anche essere giudicato un ‘seme’ destinato a dare i propri frutti, in futuro, nei termini di una collocazione effettivamente laica della nuova formazione di Veltroni e Franceschini. Ciò che, tuttavia, ritengo palesemente errato nell’operazione di alleanze gestita da Goffredo Bettini, è il fatto di aver voluto emarginare i socialisti. Essi rappresentano il nucleo riformista più autentico della sinistra italiana, in grado di disturbare strategicamente, a seconda dei casi, il Partito democratico, sia sul versante del confessionalismo ‘incolore’, sia su quello del massimalismo tardoideologico. Non valorizzare la componente socialista è come dire, ad un tempo, di non avere più nulla a che spartire con la diatriba sulla socialdemocrazia e di non essere neanche democristiani. Ma allora: cosa diamine rappresenta il Pd? Un ircocervo votato all’opportunismo contingente? Un ‘minestrone’ tendente a ricoprire la medesima funzione di partito-Stato che, un tempo, veniva delegata alla Dc? Veltroni rinnega ogni logica di contrapposizione del suo Pd al nuovo PdL di Berlusconi. E tuttavia costruisce una forza politica improntata sul medesimo criterio di accoglimento interno di diverse tradizioni dalle distinte ispirazioni. E’ un po’ come la storia di quella ‘tipa’ che mi veniva a raccontare di essere riuscita a perdere peso grazie ad una dieta basata sui ‘minestroni’ e che, dopo qualche tempo, ha dovuto ammettere di essersi sentita male a furia di ingoiare quelle misture di verdure bollite. Ecco, l’Italia di oggi è esattamente così: ha capito di essere satura di partiti e coalizioni assai eterogenee al proprio interno, ma non riesce ad individuare un vera ‘terapia di uscita’ da una simile situazione. Il populismo di destra rimane la componente elettorale ‘montante’. Dunque, nel tentativo di intercettarne almeno una parte o di depotenziarne la forza di impatto, gli si contrappone un partito assolutamente similare, se non equivalente, colpevolizzando singole tradizioni. Come a dire: “Non sono i ‘minestroni’ in sé a farci male, è la bieta a produrre effetti colitici”. Ragionare in questo modo, significa porre il Paese di fronte a ‘due destre’, indistinta la prima, provincialista la seconda. Sui temi economici, la formazione di Veltroni appare inconsapevole di come sia stata mal gestita l’entrata del nostro Paese nell’Unione europea e di come l’avvento di un mercato globalizzato abbia finito col distruggere ogni genere di concorrenza interna basata sulla piccola impresa e sul commercio al dettaglio. Che, in effetti, è quanto accaduto. Al contrario, il PdL si ostina a portare avanti una linea econometrica di sostegno ‘provincialista’ in favore di alcune categorie di artigiani e imprenditori senza comprendere che ciò deve, per forza di cose, essere compatibile con un quadro macroeconomico decisamente mutato rispetto al 1994, in cui la questione della ‘determinazione dei prezzi’ è ridivenuto concetto centrale, non più delegabile alla vecchia utopia della ‘mano invisibile’. Ma a parte tale distinzione, puramente accademica, questi due partiti si presentano al corpo elettorale con caratteristiche assolutamente similari e con piattaforme programmatiche quasi sovrapponibili. Il Pd è più riformista del PdL? Senza i veri riformisti, appare assai difficile affermare una cosa del genere. E, alla fine della fiera, la forza politica che con sincera coerenza e con vero coraggio si presenta solitaria al vaglio del corpo elettorale, è proprio il Partito socialista di Enrico Boselli e Bobo Craxi.




(articolo tratto dal quotidiano 'la Discussione' del 22 febbraio 2008)
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Vittorio Lussana - Roma - Mail - martedi 26 febbraio 2008 11.40
Caro Mauro, più che verso un bipartitismo, a me sembra che le due formazioni principali, Pd e PdL, stiano giocando con le 'figurine'... Se questa è l'evoluzione del nostro sistema di consenso, allora era meglio quando stavamo peggio.
Cordialmente.
VITTORIO LUSSANA
mauro - roma - Mail Web Site - lunedi 25 febbraio 2008 10.30
non condivido l'analisi, piuttosto la democrazia italiana evolve verso un sistema maggioritario e tendenzialmente bipartitico... 2 progetti non identitari che si confrontano sulle soluzioni dei problemi...
Vittorio Lussana - Roma - Mail - sabato 23 febbraio 2008 18.10
RISPOSTA AL SIG. BELLETTINI: Egregio lettore, innanzitutto la ringrazio per il suo commento. In secondo luogo, la informo che a negare l'apparentamento tra le due liste, quella del Ps e quella del Pd, è stato proprio il Pd ed è perfettamente inutile menare il can per l'aia intorno a ciò. In secondo luogo, se il Pd si sentiva socialista poteva anche chiamarsi diversamente, dato che definirsi indistintamente democratico gli sta creando vari problemi anche in sede internaizonale con il Pse e con l'Internazionale socialista. Si rechi sul sito del Partito socialista(www.partitosocialista.it): vedrà che è proprio la formazione di Boselli e Bobo Craxi ad essere riconosciuta, in Italia, come principale forza politica di riferimento dall'unione di tutte le forze socialiste internazionali. D'altronde, sia Boselli che Craxi discendono direttamente dalla storia del Psi. Mentre la stessa cosa non può certo valere per ex dirigenti del Pci o della sinistra democristiana, che sono sempre stati qualcos'altro. Infine, se lei si sente a disagio, ciò deriva dal fatto che, probabilmente, a livello inconscio, è perfettamente consapevole che l'operazione del pd è totalmente di immagine che contraddice in sè quanto Veltroni va dicendo in giro di una formazione politica destinata a governa re e a decidere, soprattutto adesso che sono entrati anche i radicali (che rappresentano la metà dei voti socialisti...). Infine, capisco bene che dal di fuori la politica italiana possa essere vista in maniera distante. Ma provi lei a mettersi nei panni di chi dice, oggi, di professare le sue stesse idee dichiarando che esse sono farina del proprio 'sacco': ciò non la metterebbe a disagio? In Italia, non vengono rubate solamente le tangenti o quant'altro, ma anche le idee e i nostri stessi pensieri, caro amico...
Un saluto.
VL
Giorgio Bellettini - Pisa/Italia - Mail Web Site - sabato 23 febbraio 2008 11.3
Cari Amici, permettetemi di esprimere una cordiale critica al vostro documento. Voi date per chiaro che da parte del PD "si e' voluto emarginare i socialisti", e da questa affermazione liquidatoria e non provata sviluppate un testo che, assegnando ogni responsabilita' di questa sgradevole - a dir poco - situazione al PD appare piu`una dissertazione polemica di una delle parti in causa che una analisi critica di quello che sta succedendo.
Io, non essendo informato del perche' questa difficolta' nel rapporto fra PD e Partito Socialista sembri insuperabile, senza poter provare e dare per certo alcunche', trovo plausibile che:
1) una difficile e complessa trattativa sia tuttora in corso;
2) il PD ritenga di rappresentare gia', nei sui programmi ed in una parte dei suoi membri, la tradizione socialista. Questo sarebbe implicitamente negato dalla aggiunta del nuovo simbolo. Gli amici del Partito Socialista siano viceversa desiderosi di assegnare a se' questa rappresentanza.
3) entrambe la parti sentano acuto il disagio, che sento io, di non saper trovare un compromesso che permetta di presentarsi uniti.

Ammettendo che quello che io ho immaginato corrisponda al vero, a me pare che la ragione, come spesso accade, sia in parte degli uni ed in parte degli altri. Trovare una soluzione positiva dovrebbe essere sentito come imperativo da entrambi.
Cordiali saluti, giorgiob.




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