Vittorio Craxi

L’Italia ha conquistato un obiettivo importante: è entrata a far parte del Consiglio dei Diritti Umani per il triennio 2007 – 2010. Da mesi perseguivamo questo risultato, che personalmente avevo richiesto con forza presentando la nostra candidatura sia negli incontri bilaterali, sia nelle riunioni tematiche del Consiglio di Sicurezza, da ultimo quella dello scorso mese di febbraio durante la sessione dedicata alla riforma del settore della sicurezza. Questo successo ritengo debba essere sottolineato maggiormente dai nostri organi di informazione, che talvolta si dimostrano piuttosto scettici circa la reale efficacia di determinati organismi internazionali i quali, invece, rivestono un ruolo decisivo nella difficilissima lotta per la pacificazione mondiale. Spesso, ricordo a me stesso come il mancato funzionamento della vecchia Società delle Nazioni, antenata dell’Onu, sia stata una delle vere cause del ‘tracollo’ mondiale della prima metà degli anni ’40. Dunque, in linea generale, mi preoccupa sempre il rischio di una ‘sottovalutazione strisciante’ dell’importanza del ruolo che determinate istituzioni internazionali svolgono sui principali ‘teatri di crisi’ del pianeta. In ogni caso, andando per ordine, i principali fatti di questi ultimi tempi sono i seguenti: il Consiglio dei Diritti Umani è stato istituito con una risoluzione dell’Assemblea Generale – la n. 60/251 del giugno 2006 – in quanto organo sussidiario dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite sostitutivo della ‘vecchia’ Commissione Diritti Umani, la quale, per ben sei decenni, aveva rappresentato il principale strumento dell’Onu in materia. L’Assemblea Generale potrà riesaminarne lo status del Consiglio entro 5 anni elevandolo, eventualmente, al rango di organo principale delle Nazioni Unite al pari dell’Assemblea Generale medesima, del Consiglio Economico e Sociale e del Consiglio di Sicurezza. Il Consiglio ha sede a Ginevra ed è composto da 47 membri, eletti dall’Assemblea Generale a maggioranza assoluta dei suoi componenti e con seggi ripartiti secondo il principio di un’equa distribuzione geografica. Il suo compito principale sarà quello di promuovere il rispetto universale e la protezione dei diritti umani, nonché di intervenire in caso di una loro violazione favorendo il coordinamento delle strutture operanti nel sistema delle Nazioni Unite. I membri di quest’organo sino ad oggi hanno lavorato alla revisione delle vecchie procedure di monitoraggio della precedente Commissione dei diritti umani, al fine evitare gli errori del passato (membership non qualificate, procedure ripetitive, lavori limitati nel tempo). Il processo di riforma sta riguardando, in particolare, le cosiddette ‘Procedure Speciali’ per tema o per Paese, vale a dire quei meccanismi assai utili per affrontare specifiche questioni legate tanto a temi determinati, quanto a specifiche ‘situazioni – Paese’. Notevole importanza rivestirà, inoltre, l’innovativo meccanismo della “Revisione Universale Periodica” (Universal Periodic Review – UPR), una procedura in virtù della quale tutti i Paesi dovranno sottoporsi, periodicamente, ad un esame complessivo della situazione dei diritti umani al loro interno. Secondo la posizione dell’Unione europea, la UPR dovrebbe configurarsi come un sistema trasparente ed efficace, complementare alle altre procedure speciali, posto sotto l’autorità del Consiglio stesso ed aperto al coinvolgimento di esperti indipendenti, di ONG e delle istituzioni nazionali competenti per i diritti umani. C’è da dire, in tutta onestà, che dal punto di vista dei contenuti politici, nelle sue prime sessioni l’attività del Consiglio non aveva pienamente corrisposto alle aspettative che ne avevano accompagnato la nascita, ossia quella di creare un organo in grado di pronunciarsi tempestivamente ed efficacemente sulle più gravi violazioni dei diritti umani superando i gravi limiti di cui soffriva la vecchia Commissione. Tuttavia, un’inversione di tendenza si è poi registrata con la sessione del Consiglio dello scorso mese di marzo, nella quale è stata adottata, per consenso, una risoluzione presentata dall’Unione europea e dal Gruppo africano sulla situazione nella regione sudanese del Darfur. Quella sessione ha infatti permesso di affrontare anche la situazione dei diritti umani in Zimbabwe tramite una seduta di dibattito libero, nel corso della quale l’Unione europea ha presentato una dichiarazione notevolmente preoccupata circa gli ultimi eventi con specifiche richieste al Governo di Harare. Per quel che riguarda l’Italia, il Ministero degli Esteri ha dunque deciso di fornire il proprio contributo all’ambiziosa operazione rappresentata dall’istituzione e dal funzionamento del Consiglio e, a tale scopo, ha presentato la nostra candidatura alle elezioni che hanno avuto luogo 17 maggio scorso. Insieme a noi, anche Paesi Bassi e Danimarca si erano candidati per i due seggi a disposizione del ‘Gruppo Occidentale’. Ma, alla fine della giornata di votazioni dell’Assemblea Generale, l’Italia è risultata eletta insieme ai Paesi Bassi. Come stabilisce la Risoluzione AG 60/251, “ogni Paese candidato deve presentare una serie di impegni volontari che intende sottoscrivere nel settore della promozione e tutela dei diritti umani”. Pertanto, la candidatura italiana è stata presentata unitamente ad una puntuale elencazione dei settori in cui il nostro Paese intende agire, al fine di proseguire nella propria azione internazionale di tutela e promozione dei diritti umani. I nostri impegni futuri riguarderanno temi e settori prioritari della nostra politica estera, quali la promozione della legalità e della democrazia, la lotta ad ogni forma di discriminazione, con particolare riferimento a quella di ‘genere’, quella contro la tortura, quella in favore della tutela dei diritti dell’infanzia, con particolare riferimento al fenomeno dei ‘bambini – soldato’, nonché quello, assolutamente cruciale in termini di politica internazionale, per l’abolizione della pena di morte. Insomma, la Farnesina e la sua intera struttura diplomatica ha lavorato duramente per raggiungere questo successo, che ci riempie di responsabilità, accresce il nostro impegno in difesa dei diritti umani ovunque essi siano in pericolo e rappresenta un ulteriore ‘tassello’ per raggiungere l’ambizioso traguardo dell’approvazione della moratoria contro la pena di morte in tutto il mondo.




*Sottosegretario di Stato agli Affari Esteri con delega ai rapporti con l’Onu (articolo tratto dal quotidiano “Europa” del 26 maggio 2007)
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Rita - Rimini - Mail - lunedi 16 luglio 2007 15.42
Perché si parla così poco dei successi che questo governo ha ottenuto?
Rita


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