Valentina SpagnoloDario Cuomo è una delle speranze più concrete della musica cantautorale italiana. Il suo nuovo singolo, intitolato ‘Il tuo sapore’, è un intreccio di musica e parole che sa emozionare. Il testo, in particolare, è il protagonista assoluto di una ‘ballad’ scanzonata, a tratti malinconica, che grazie a evocazioni e sensazioni immerge l’ascoltatore in paesaggi marini ed estivi, complice anche un ‘tappeto’ sonoro puro e volutamente ‘minimal’, in cui la chitarra mantiene le ‘redini’ delle armonie e della voce del cantautore. Ecco, dunque, qui di seguito la nostra intervista a un autore che, in futuro, saprà lasciare il ‘segno’ nel nostro panorama musicale.

Dario Cuomo, il tuo nuovo singolo parla di una delusione o di un amore non corrisposto: puoi raccontarci di più?
“Quando scrivo, mi capita spesso di affondare la mente nei ricordi, piacevoli o turbati che siano. Nel caso de ‘Il tuo sapore’, mi sono immerso nelle sensazioni di un amore giovanile che credevo di aver dimenticato. Più che di sentimento non corrisposto, parlerei di un amore ancora ‘acerbo’, che da un momento all’altro, quasi senza volerlo, ha cessato di esistere. Un amore inquieto, tormentato, ma al contempo dolce e intriso di passione. Con questa canzone, però, volevo ricalcare più che la dolcezza degli aspetti dell’amore stesso, l’amaro delle sensazioni scaturite dal trauma di perderlo così improvvisamente. E quindi, il senso di smarrimento, la sensazione di aver sbagliato tutto e, infine, la più grande tra le illusioni: la speranza che quel rapporto possa ricucirsi, per divenire qualcosa di ancor più potente. Questa dicotomia ‘dolce-amaro’ dell’amore che fu, mi ha dato lo spunto per il testo e, soprattutto, per il titolo”.

Quando hai iniziato a fare musica?
“Ricordo benissimo il giorno in cui mi innamorai della musica: avevo 11 anni e, come quasi tutti i ragazzini della mia età, coltivavo due soli interessi: il calcio e i cartoni animati. Poi, un giorno, quel fatidico giorno, mentre mangiavo una merendina dinanzi alla tv sentii una flebile, dolce melodia provenire dalla stanza di mia sorella. Per un attimo rimasi fermo, come immobilizzato da tanta bellezza, ma subito dopo, curioso com’ero, decisi di sbirciare dalla serratura: irradiato dalla luce della finestra c’era un gran pianoforte a muro, nero, imponente. E innanzi a esso, con incredibile sorpresa, notai mia sorella destreggiarsi divinamente nel suonarlo. Quell’immagine, che ancora oggi ricordo con particolare affetto, fu la scintilla che accese dentro di me il ‘fuoco’ della musica. Nel giro di qualche mese, con i soldi della ‘paghetta’, ricordo che acquistai la mia prima chitarra, una Yamaha classica color blu notte. E, da totale autodidatta, iniziai a imparare a suonarla. Con i primi accordi arrivarono anche i primi testi, scritti di getto su un quaderno che, dopo anni, custodisco ancora gelosamente. Da quel giorno, si è aperto un mondo che, ancora oggi, non finisce di sorprendermi”.

Come è iniziata la collaborazione con Alex D’Alessandro?
“La fortuna? Il caso? Il destino, forse? Non saprei dire cosa sia stato a farci incontrare. Forse, semplicemente il nostro spassionato amore per la musica. Io avevo, da poco più di un mese, pubblicato, in maniera del tutto indipendente, il mio terzo singolo, ‘Quel che resta di te’ e Alex, ascoltandolo, decise di scrivermi per complimentarsi. Da quella piacevolissima chiacchierata è nata, in un baleno, una vera e propria ‘simbiosi artistica’. Durante i mesi successivi abbiamo continuato a scambiarci idee e consigli, mentre le nostre aspirazioni artistiche convergevano talmente tanto, che la nostra collaborazione non poteva che esserne la diretta conseguenza. Il coronavirus ha provato a metterci il bastone tra le ruote, bloccandoci a casa e costringendoci a lavorare soprattutto in remoto, ma alla fine, la voglia di metterci in discussione e di creare qualcosa di nostro ha prevalso su tutto il resto”.

Dai ‘live’ nei club allo studio di registrazione, il tuo lavoro mantiene sempre una forte impronta cantautorale: chi sono i tuoi modelli di riferimento?
“Tra i modelli di riferimento per la mia musica non posso non citare il duo ‘Battisti-Mogol’, con cui sono praticamente cresciuto. Credo che ‘Il nostro caro angelo’ e ‘Anima Latina’ siano, in assoluto, gli album che ho ascoltato e amato di più nella mia vita. La ricercatezza delle parole, la delicatezza con cui tendevano a descrivere le situazioni e le relazioni più complesse, la peculiarità e la forza delle immagini che venivano a crearsi dalla loro penna sono, sin da subito, divenute la cifra caratteristica su cui ho poi basato anche la mia poetica. Ci sono, tuttavia, molti altri artisti che hanno influito profondamente sulla mia musica, come per esempio Fabrizio De Andrè, spettacolare nel suo modo di raccontare storie; o il mitico Vasco, di cui ho sempre ammirato la spontaneità; e Samuele Bersani, il quale è dotato, a mio parere, di una profondità ineguagliabile. Anche alcuni artisti più ‘contemporanei’, come Calcutta, Gazzelle e Madame, hanno avuto un loro peso specifico in quanto autori prim’ancora che interpreti…”.

Quando e dove potremo ascoltarti dal vivo?

“Molto presto: con il mio team stiamo lavorando all’uscita del prossimo singolo, che non tarderà ad arrivare. In più, stiamo organizzando, al meglio che possiamo, un tour nei locali romani che inizierà proprio adesso, in questo nuovo anno appena iniziato”.





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