Valentina SpagnoloIn Medio Oriente, per l’ennesima volta, infuria la tragedia. Un conflitto che nasce da contraddizioni inconciliabili. Come quella che impone a Israele di difendersi reagendo al terrorismo e alle conseguenze di una reazione che appare eccessiva, poiché ricade sugli innocenti e la popolazione civile. Ma la tragedia di Israele non è solo la minaccia di distruzione da parte del mondo arabo, ma l’incapacità di essere uno Stato in grado di assicurare a tutti i suoi cittadini, dunque anche a quelli palestinesi di cittadinanza israeliana, la stessa dignità degli altri. Al contempo, la tragedia dello Stato arabo di Palestina è quella di chi ha perso, in passato, molti dei suoi territori, colonizzati nel tempo da famiglie e comunità ebree. Un dramma che discende da una lunga serie di altri errori del passato che non è più possibile correggere. Oggi, quei cittadini israeliani di etnia palestinese alieni da ogni forma di terrorismo e da qualsiasi fondamentalismo, si ritrovano nell’estrema difficoltà di sentirsi non integrati a pieno titolo. E fin quando esisterà tale situazione di contesto, dai connotati tremendamente politici, la guerra e la violenza avranno sempre l’ultima parola. Oggi, il centro del mondo rimane il Medio Oriente: una sorta di ‘buco nero’ sanguinoso e drammatico, che rischia di assumere dimensioni catastrofiche, perché ogni conflitto scatena nuove psicosi, nuovi rancori, ulteriori sentimenti di vendetta. Pulsioni collettive che non sempre sono causate da questioni reali, oggettive, ma da pregiudizi ideologici, dal ritorno di una retorica da ‘guerra di civiltà’ tra mondo occidentale e quello islamico. Innescando, a sua volta, forme di antisemitismo pericolose, nutrite da secoli e culminati nel vertice supremo del male: la Shoah. Un antisemitismo che rischia di appiattire la critica verso Israele a critica agli ebrei, cioè anche a coloro che non c’entrano nulla con i meriti e gli errori della politica di Tel Aviv. In Medio Oriente si continua a giocare col ‘fuoco’, non solo in senso metaforico. E sarebbe ora che il mondo se ne rendesse conto. Se non si risolve il ‘nodo palestinese’, non riusciremo mai a superare la contraddizione tra mondo occidentale e islam in forme e modalità di coesistenza tra le 3 religioni monoteiste più importanti della Storia. E questo è un compito per i laici. Perché solo chi si ritrova in una condizione di distanza dai conflitti religiosi può svolgere un ruolo utile a garantire un principio di piena libertà religiosa e di culto. Serve, dunque, una soluzione laica al conflitto in Medio Oriente. Poiché essa è la visione chiamata a svolgere un ruolo di equilibrio fondamentale, oggi, in molti teatri di crisi di tutto il mondo.





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