Valentina SpagnoloGli insulti del docente di Storia contemporanea nei confronti di Giorgia Meloni hanno dimostrato, ancora una volta, alcuni limiti di una certa ‘intellighentia’ di sinistra. Innanzitutto, quello di intrattenere con la realtà italiana un rapporto sovrastato dalle bronzee leggi degli schematismi ideologici: da una parte, si tende a riprodurre un’Italia arcaica (la “pesciaiola”, “l’ortolana”…) pervasa da forme di classismo che il nostro sviluppo economico non è mai stato in grado di ‘intaccare’ o, quanto meno, di correggere; dall’altra, si richiama una destra concepita nel più idealtipico dei modi (il “nazionalismo retorico…”), come banale epifenomeno la cui ‘coscienza storica’ rappresenterebbe solamente un mero ‘rivolo di spurgo’. Sono sostanzialmente questi i giudizi espressi dal lungo predominio comunista sulla nostra cultura. Ed è quindi giunto il momento di affermare, a chiare note, che l’italo-marxismo è sempre stato trattenuto da un perdurante pregiudizio ideologico, incapace di aprirsi a una critica ‘superatrice’ del dualismo ‘amico/nemico’. Ciò avviene, in realtà, proprio a causa della tanto ‘richiamata’ politica culturale del Pci: un Partito che ha sempre coltivato quel ‘doppio binario’ di cui troviamo traccia, ancora oggi, nei tatticismi di Matteo Salvini, tanto per fare un esempio (la cosiddetta “Lega di lotta e di governo”, ndr). Si tratta di una ‘doppiezza’ che ha sempre giudicato il ‘congelamento dei dualismi’ come il viatico migliore verso una transizione democratica al socialismo. Ma un disprezzo di tal genere nei confronti di interlocutori e avversari politici deriva da una classe intellettuale che ha sempre voluto gettarsi ‘a capofitto’ nell’applicazione della teoria del materialismo storico alle arti e alle scienze, al fine di rompere il proprio ‘accerchiamento’ e avvinghiare se stessa a una snobistica immagine di ‘intellettualità’ totalmente autoreferenziale, finalizzata a rappresentare se stessa come un’umanità rigenerata, a vario titolo. Una forma di ‘classismo rovesciato’ che, dopo il 1989 e la caduta del Muro di Berlino, si è ritrovato in un territorio liberaldemocratico senza alcuna bussola di orientamento, totalmente privo di mappe. L’unica vera attenuante, generica ovviamente, sono i lunghi decenni di ‘conventio ad excludendum’ operata dalle aristocrazie cattolico-borghesi nei confronti del Pci. Un’attenuante che, tuttavia, non giustifica la stigmatizzazione degli avversari in quanto ‘nemici di classe’. E che finisce col replicare quello stesso odio ideologico che si è a lungo dichiarato di voler espellere. Dalla società italiana e dall’interno di se stessi.





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