Giuseppe SaccoD: La guerra va troppo per le lunghe. Come mai l’America non ha già vinto?
R: Chi si aspettava che, data la sproporzione di forze, il conflitto si sarebbe risolto in pochi giorni non ha tenuto conto del fatto che si tratta non tanto di una guerra "diseguale" quanto di una guerra "asimmetrica". Una situazione che ricorda alla lontana l’asimmetria tra Napoleone e gli Inglesi, imbattibile su terra il primo, invincibili sul mare i secondi, e per questo costretti a rimandare per anni lo scontro decisivo. Nel caso della guerra afgana, ci si trova innanzi tutto di fronte a uno scontro "diseguale" – quella tra America e Afghanistan -, attraverso il quale si cerca di risolvere un conflitto "asimmetrico", quello col terrorismo islamista. E’ vero che la potenza più ricca, tecnologicamente avanzata e militarmente attrezzata del mondo fa la guerra ad uno dei paesi più miserabili, arretrati e male armati. Ma in questo paese ha fatto il nido una forza di natura completamente diversa, senza territorio, ma ricca di uomini psicologicamente assai motivati dal fanatismo religioso. La guerra "diseguale" potrebbe durare essere conclusa tra pochi giorni (a condizione naturalmente che non si volesse poi occupare il paese). Ma la guerra asimmetrica richiede molto più tempo, anche se alla lunga la vittoria occidentale contro l’islamismo radicale è praticamente inevitabile.
D: Ma cosa spera di ottenere bin Laden, ora che ha il mondo intero contro di lui?
R: A lungo termine, bin Laden spera probabilmente in un isolamento dell’intero mondo islamico dal processo di omogeneizzazione culturale che oggi investe tutto il globo. Si tratta di un obiettivo assai improbabile, anzi antistorico, e quindi pressoché impossibile. Più a breve termine, nel proclama lanciato tramite la TV del Qatar, il "principe del terrore" indica obiettivi assai più "moderati": la pace in Palestina (il che implica l’accettazione della presenza di Israele) e la partenza dei soldati americani dalla "penisola sacra a Maometto". E’ probabile che il primo obiettivo venga avanzato soprattutto per suscitare consenso nel mondo islamico, e infatti bin Laden non sembra essere mai stato coinvolto nell’estremismo palestinese. Il secondo obiettivo sembra invece quello prioritario, e infatti l’attentato contro la nave americana Cole in un porto dello Yemen - nella penisola arabica, appunto - è l’unico atto di terrorismo da lui esplicitamente rivendicato. Raggiungere questi due obiettivi dipende però da troppe variabili e da troppi attori diversi. Lo scopo vero, perciò, è un obiettivo intermedio, che – se realizzato – può rendere possibili tutti gli altri, anche dopo che bin Laden – come è probabile - venisse ucciso nel corso di questa guerra. Si tratta di spingere gli Americani , una volta reso evidente che gli Stati Uniti non sono più invulnerabili neanche sul proprio territorio, a concludere – una volta sbollita la rabbia per gli attentati subiti – che gli impegni politico-militari all’estero, a protezione dei regimi dei paesi produttori di petrolio o a garanzia della sicurezza di Israele, sono troppo pericolosi e costosi, anche in termini di "vite americane". In pratica, si tratta di indurre l’America ad un ripiegamento su se stessa, a meno impegni internazionali, a meno investimenti all’estero (almeno per quel che riguarda il mondo islamico).
D: Dopo bombardamenti assai duri, i Talebani non solo non si sono arresi, ma già si parla di promuovere in Afghanistan un governo di coalizione, che comprenda anche i "Talebani moderati". Non é un errore?
R: Non credo che si tratti un errore, né di un segno di debolezza. L’Afghanistan è una società tribale, e i Talebani appartengono alla tribù pastoon, che è quella maggioritaria e tradizionalmente dominante. Per di più, gli Afgani sono molto patriottici, e pur se eternamente in guerra tra loro, non consentirebbero mai ad accettare un governo sostenuto dagli stranieri, che non sia il risultato di un equilibrio tribale interno. In questa società tribale, i Talebani rappresentano una vera novità. Essi non sono solo islamici di religione, come tutti gli altri Afgani, ma politicamente islamismi. In pratica, sono sensibili all’aspetto universalista dell’Islam, un po’ come i seguaci di bin Laden, che sono – in un certo senso – internazionalisti. Essi infatti, provengono da tutti i paesi e da tutte le razze del mondo, ma hanno una sola patria: l’Islam. E questa somiglianza agli uomini di bin Laden fa sì che i Talebani siano pronti a far sopportare tanto dolore ai loro fratelli pastoon e ai loro connazionali afgani, per solidarietà politica con un leader terrorista che non è né pastoon né Afgano, ma solo musulmano. I "Talebani moderati", quindi, sono solo dei pastoon il cui internazionalismo islamico non è abbastanza forte da resistere di fronte allo spettacolo della devastazione della loro patria. E – per salvarla da ulteriori sciagure – sono pronti ad accettare una coalizione con gli Aghani di altre tribù, islamici di religione ma non politicamente islamisti.
D: Una volta morto bin Laden, potremo disinteressarci dell’Afghanistan?
R: Potremmo, come anche potremmo disinteressarci dei Tagichi e degli Usbechi della cosiddetta "Alleanza del Nord", e di tutti i musulmani che – in questa occasione decisiva – si sono schierati con l’Occidente: i governanti dell’Egitto, della Giordania, dell’Arabia, dell’Autorità palestinese, del Pakistan. Ma allora – una volta partite le forze anglo-americane - dovremo assistere alla vendetta dei Pastoon e degli islamisti, che sarà terribile. E avremo confermato non solo tutte le ragioni di ostilità contro l’Occidente, che già oggi esistono e sono forti, in tutto il mondo islamico, ma anche suscitato il disprezzo di queste società che sono assai tradizionali, non solo per lo spirito guerriero, ma anche per il senso dell’onore e della parola data.
D: Dato che la realizzazione del le finalità geo-politiche di bin Laden passa attraverso una strategia dell’impatto psicologico, non sarebbe consigliabile oscurarlo, farlo tacere? Come mai invece la CNN lo intervista?
R: La società occidentale ha logiche che non possono essere cambiate. Tra queste c’è la logica della libera concorrenza. Ed infatti, CNN – che nelle guerre precedenti aveva goduto del monopolio dell’informazione TV – ha reagito alla concorrenza che in questa guerra le viene da al Jazeera, dapprima dichiarando che non la avrebbe più ripresa. Poi, quando ha visto che le altre TV continuavano ad utilizzarla come fonte ha ritenuto indispensabile avere anch’essa una forma di accesso al "principe del terrore". Tutti ciò può sembrare una debolezza dell’Occidente, ma in realtà è la sua forza. Se non vogliamo venir meno ai nostri principi, e dichiararci sconfitti politicamente e moralmente, dobbiamo – per parafrasare Pascal – concedere, in nome dei nostri principi, diritto di parola anche a coloro che, in nome dei loro principi, ce lo negano.
Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio