Stefania Catallo"Ogni famiglia ha la sua croce", recita un antico adagio. Ma è proprio così? Siamo sicuri che la nostra infelicità sia un qualcosa di ereditario, di naturale, una sorta di destino da cui è impossibile riuscire a sfuggire? Questo sembra essere il punto di arrivo del romanzo di Mariantonia Avati, dal titolo 'A una certa ora di un dato giorno', edito da 'La nave di Teseo'. Ma queste considerazioni, in realtà, sono un nuovo punto di partenza. Siamo sicuri che non ci sia in noi un qualcosa che ci porta a sbagliare, una nostra percentuale di errore, l'incapacità di accettare una verità che ci riguarda? Si dice che gli amori infelici si somiglino tutti, così come le famiglie litigiose, male assortite. Può darsi. Ma la questione è assai più delicata e complessa, come ci suggerisce questa autrice. E ha a che fare anche con il nostro 'Io' individuale, quello più personale e interiore. In queste cose, un manuale che ci insegni ad amare o a dare vita a una famiglia felice non esiste. E di fronte all'amore, siamo tutti quanti un po' costretti a imparare a nostre spese. Ecco allora un primo principio che la Avati, in questo libro, ci indica intelligentemente: bisogna saper imparare anche dagli errori degli altri. La realtà non è tutta dipinta unicamente intorno a noi. Se il rapporto tra i nostri genitori è stato litigioso o addirittura disastroso, non possiamo dare la colpa di questo esclusivamente a un elemento della coppia. E anche da figlie, si debbono cogliere degli elementi da tenere ben presenti, se si vogliono evitare gli stessi errori nella generazione successiva. In secondo luogo, in amore si deve essere aperti, se si vuole veramente apprendere le numerose lezioni che l'amore stesso ci fornisce. Una delle quali, molto importante, è che l'amore può finire, non è eterno, se non in rari casi. E se la persona che abbiamo scelto come compagno di vita non è più la stessa di una volta, non sempre sono i problemi che ha incontrato ad averlo cambiato. Certe volte, siamo noi che non vogliamo accettare la realtà. E altre volte, non vogliamo ammettere di esserci sbagliate, anche per molto tempo. Si può imparare a evitare certi errori, in amore? E' questa la vera domanda che quest'autrice ci pone. Una domanda che avrebbe una risposta chiara, laica e secolarizzata: sì, se riusciamo a liberarci dalle tante 'gabbie' che certi modelli culturali 'imposti', preconfezionati dai nostri retaggi, ma anche dalla subcultura che ci circonda, quella della televisione e dei medium di massa, costruiscono attorno a noi; sì, se riusciamo a comprendere che anche il singolo individuo deve saper accettare i propri errori e avere il coraggio di ricominciare, sempre e comunque. Insomma, un'affermazione doppia, biunivoca, perché ci sono 'gabbie' che la società ha creato per chiuderci nei consueti recinti dell'infelicità, ma ci sono anche 'gabbie' che noi stessi creiamo attorno a noi. Per paura, ingenuità ed egoismo. Il nostro percorso di maturazione individuale, anche in un argomento complesso come quello dell'amore, è dunque soggettivo. E rinchiudersi nel consueto 'fatalismo' di massa non ci sottrae dalle nostre responsabilità.

L'autrice
Mariantonia Avati nasce a Bologna nel 1966. Ancora bambina, si trasferisce a Roma assieme alla famiglia. Parallelamente agli studi di Psicologia e di Storia medievale, comincia a lavorare come aiuto regista, soggettista e sceneggiatrice. Si occupa, in seguito, di produzione cinematografica. Con il marito, Andrea Scorzoni, fa nascere la 'Matteo Cinematografica', società per la quale realizza, come regista, la pellicola cinematografica: 'Per non dimenticarti'. Al film fanno seguito altri due lungometraggi e serie televisive, oltre ad alcuni documentari. Ha esordito come autrice nel 2018, con 'Il silenzio del sabato', opera anch'essa pubblicata da 'La Nave di Teseo'.


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