Michela DiamantiIndubbiamente, anche nel campo della moda la nuova fase post coronavirus non è semplice. Da una parte, si sta ragionando in termini minimalisti: linee più semplici, tessuti ecosostenibili, tinture naturali, capi 'passepartout' buoni per il giorno, ma anche per la sera. Dall'altro, c'è chi vorrebbe reagire tramite una sorta di 'colpo di reni', rilanciando un'idea di lusso che potrebbe apparire azzardata, oltre che distante dalla realtà. Noi consigliamo all'intero settore sobrietà e razionalità: una rigida eleganza, quasi severa, che ci riporti alle origini delle nostre ispirazioni più sorprendenti, nello stile di Coco Chanel. Perché nel campo delle nuove tendenze è l'idea sorprendente quella che colpisce, senza apparire bislacca o strampalata, adatta solamente per alcune serate particolari o a tema. Non stiamo affatto consigliando la 'decrescita felice', insomma. Stiamo semplicemente riflettendo intorno a una ripresa che possa essere percepita anche dalle persone comuni, tenendo conto delle difficoltà del momento, tra smart working e portafogli di 'corto respiro'. La pandemia da Covid 19 è stata un trauma. Essa non solo ci ha riportati all'idea che c'è sempre uno spazio della natura e della realtà esterna che può incidere profondamente sulla vita delle persone, a prescindere dalle loro qualità individuali. Il dominio dell'uomo sugli eventi della natura è anch'esso un concetto relativo, perché se così non fosse, non si potrebbe nemmeno parlare di filosofia. Ci sono fatti e accadimenti che non sono generati dagli atti del singolo individuo, buoni o cattivi che siano, bensì capitano per conto proprio. Ciò non significa di certo abbandonarsi al giustificazionismo, o a un autocompatimento che può anch'esso lasciare il tempo che trova. Più semplicemente, siamo in una fase di autentico disorientamento, in cui tutti ci sentiamo meno forti di prima. Ma ciò può anche favorire un certo spirito 'sperimentale', quasi d'avanguardia, capace di mettere in campo nuove idee senza per forza andare a ripescare vecchi capi nell'armadio. Attenzione, dunque, ai moralismi, che sono sempre in agguato e non corrispondono affatto all'etica. La quale, invece, è sempre 'extra-morale'. Ben venga, dunque, una moda più attenta alle esigenze dell'ambiente, compatibile con alcuni fondamentali criteri di sostenibilità. Ma senza eccedere nel senso opposto, magari rilanciando camicie 'hawaiane' anni '80 o combinazioni 'arlecchinesche' che, allora, erano frutto di una fase di euforia. Può essere, invece, una buona idea tornare a giocare con la complementarietà dei colori: una cravatta gialla, elegante e non troppo accesa, può tornare a comparire su una bella camicia blu. E le ragazze rosse di capelli possono anche tornare a quegli incroci con i verdi, senza ricondurci col pensiero alla nostra bandiera nazionale. Insomma, è lo spirito di Coco Chanel quello che ci manca: fu lei a rilanciare il settore della moda dopo l'abisso della seconda guerra mondiale. Fu lei l'indomita e indomabile che, anche di fronte al disastro, seppe ricominciare da zero. Eleganza e semplicità, dunque, ma anche il coraggio di osare, di ricominciare. Con più attenzione, certo. E senza improvvisazioni stucchevoli. Quel che conta è la consapevolezza di non poterci più appiattire sulle banali regole della produzione 'standard', che annulla la personalità individuale generando un'inflazione del pensiero, anziché della valuta che siamo tutti quanti costretti a trattenere. Se si vuole che un mercato si riprenda, la gente dev'essere invogliata a spendere. 'Cum grano salis', certamente, ma evitando di illuderla sull'esistenza di una 'macchina del tempo', che possa riportarci tutti quanti indietro. La nostalgia non paga. E genera solamente tentativi esteticamente inguardabili. Il passato certamente è utile e dev'essere senz'altro rivalutato. Ma deve trattarsi di un passato 'attualizzato'. Altrimenti, esso non c'insegnerà mai nulla.


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