La "questione giustizia", nel nostro Paese, purtroppo è ancora un fronte aperto. Molto anche a sproposito è stato detto e molto, altrettanto a sproposito, è stato fatto, ma molto ancora resta da dire e soprattutto da fare.
Il nostro metodo di lavoro è quello di approfondire un argomento alla volta e quindi, fra il molto che resta ancora da dire, questo numero tratterà solo dell’intreccio tra politica e giustizia riservando a prossime monografie la trattazione di altri delicati e vitali aspetti qui non analizzati.
Ci è parso importante, ed anche illuminante, iniziare questa riflessione riportando, senza commentarli, alcuni stralci degli atti del II Congresso Nazionale di Magistratura Democratica del 1975 e della presentazione del primo numero del periodico "QUALE GIUSTIZIA?" che di Magistratura Democratica è la rivista.
Si dirà: "Materiale ormai datato…". Non è vero, questo è il seme della malapianta che oggi è rigogliosa.
...”Il tema - Magistratura e lotte sociali - collega alle lotte sociali del nostro Paese tutta l’istituzione giudiziaria. Il nostro compito consiste nella ricerca di una politica, della magistratura e per la magistratura, che sia capace di inserirsi utilmente nella lotta difensiva e offensiva condotta dal movimento democratico nel suo complesso... il movimento democratico, o meglio le espressioni organiche che lo guidano o che intendono guidarlo, si trovano di fronte al problema, di portata storica, nuova ed eccezionale (senza, cioè, alcun precedente) di elaborare una strategia completa tesa a capovolgere questo meccanismo di pseudo-consenso al potere ed a spostare il peso politico dal dominio dei gruppi conservatori alla egemonia della classe operaia.
Tutto ciò ovviamente va visto e accettato in un quadro politico internazionale che non consente una diversa alternativa al potere; l’ipotesi sulla quale si fonda questa strategia è l’utilità di una fase di trapasso in cui, essendo fuori di portata una soluzione rivoluzionaria immediata, è invece e perciò necessaria la maturazione, all’interno dei paesi dell’area capitalistica, di una società che sviluppi ed acquisisca valori alternativi a quelli tradizionali”.
...”In altre parole non ci ha mai interessato né ci interesserà mai il problema della efficienza in sé e per sé della macchina giudiziaria. Sappiamo, infatti, che l'efficienza della giustizia è, nella migliore delle ipotesi, un valore solo strumentale; quindi un valore neutro; ma spesso diventa di segno negativo se lo strumento è destinato a far funzionare meglio ciò che non dovrebbe affatto funzionare...Quando si parla del preteso neutralismo del diritto e della giustizia accade facilmente che ci si attesti nello slogan: "Giustizia di classe" e che ci si fermi lì.
Sarebbe certamente stupido negare che, se in massima parte la nostra giustizia è di classe, perché lo Stato è di classe, come impronta di fondo, tuttavia si stanno dischiudendo dei varchi in questo sistema, che potenzialmente "aprono" ad una diversa concezione".
..."Questa la nostra parte come giudici; questa rivista, non è altro che la proiezione della parte del giudice come l'intendiamo noi. QUALE GIUSTIZIA porta con sé, come connotato essenziale, la ricerca e la proposta dell'alternativa giudiziaria per ogni problema che l'esperienza ci offre”.

Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio