Liliana ManettiIl giornalista romano Mauro Valentini, nel suo ultimo libro-inchiesta sul 'caso Gregori', intitolato 'Mirella Gregori - Cronaca di una scomparsa', edito da Sovera Edizioni, dà un nuovo input fortissimo sul caso della ragazza scomparsa a Roma il 7 maggio 1983, in grado di dare una nuova svolta mediatica e investigativa sul caso. Mauro Valentini dirige un 'blog magazine' e scrive principalmente di cronaca nera e di cinema, collaborando come free-lance con diverse testate nazionali, tra le quali il 'Settimanale Grandangolare', 'Giallo' e 'Cronaca & Dossier'. Con Sovera ha già pubblicato altri tre libri-inchiesta: 'Marta Russo - Il Mistero della Sapienza', con cui ha vinto l'undicesima edizione del Premio 'Costa d'Amalfi letteratura' nel 2017 e, in seguito, '40 passi' e 'Cianuro a San Lorenzo'. Tutti lavori che hanno analizzato i misteri insoluti di crimini avvenuti a Roma. Per anni, Valentini ha accompagnato la sorella di Mirella, la signora Antonietta Gregori, nella ricostruzione del periodo vissuto dopo la scomparsa della ragazza romana, per passare poi all'altra scomparsa, quella di Emanuela Orlandi, la ragazza che abitava in territorio vaticano, verificatasi poco tempo dopo, il 22 giugno 1983, per arrivare sino ai giorni nostri. Anni difficilissimi, in cui i casi delle due ragazze scomparse sono stati "assimilati erroneamente", secondo quanto sostiene il giornalista romano e in cui sono state proposte tantissime rivendicazioni sulla loro triste sorte, pur non riuscendo mai a trovare una soluzione definitiva. Le due famiglie si sono unite nel dolore e, purtroppo, sono rimaste appese a un filo: quello della speranza di poter almeno ritrovare i resti delle ragazze e piangere sulle loro tombe. La famiglia di Mirella Gregori, in particolare, attraverso la voce della sorella Antonietta e del marito, sottolinea come essi abbiano continuato a cercare la verità in tutti questi anni senza mai arrendersi, che la loro famiglia sia stata abbandonata sin dall'inizio e che si sia fatto ben poco per cercare Mirella. Abbiamo dunque voluto incontrare il giornalista, Mauro Valentini, per approfondire queste dichiarazioni.

Mauro Valentini, in questo suo libro-inchiesta sul caso Gregori, lei sostiene che bisogna riaprire il caso della ragazza scomparsa: perché?
"Ho dichiarato che ci sono elementi per riaprire le indagini su Mirella Gregori, perchè rileggendo le carte e considerando tutti gli avvenimenti di quei mesi, intercorsi tra la sua scomparsa e l'accostamento fatto poi al caso di Emanuela Orlandi, mi sono reso conto che una ricerca vera e propria di questa giovane non sia stata mai fatta per davvero. Dunuqe, oserei dire che si tratterebbe di un 'aprire' e non di 'riaprire' il caso, perchè Mirella non l'ha cercata nessuno. Si è cercato Emanuela sperando che, come per osmosi, si sarebbe potuto trovare anche Mirella. Per me, invece, le sorti delle due ragazze sono distanti".

La scomparsa di Mirella è stata infatti associata a quella di Emanuela Orlandi, la cittadina vaticana scomparsa pochissimo tempo dopo, il 22 giugno 1983, mentre lei sostiene l'opposto, rispetto alle piste dell'epoca, ossia che assimilare i due casi sia infondato: perché sostiene questo?
"Non ci sono elementi seri per associare i due casi. C'è stata, anzi, una specie di suggestione, prima mediatica, ma poi seguita anche dagli inquirenti, che ha legato indissolubilmente le due storie, danneggiando, di fatto, ogni possibile speranza di scoprire la verità su Mirella".

Lei è stato molto vicino alla sorella di Mirella, la signora Antonietta, nel corso degli anni, la quale ha dichiarato che la sua famiglia, dopo la scomparsa, sarebbe stata abbandonata dagli inquirenti, tanto che alcune ricerche le avrebbero svolte lei e la sua famiglia in modo privato: perché si è agito in questo modo?
"Non c'è un motivo per ritenere che i Gregori siano stati abbandonati: non credo ai complotti o a una precisa volontà. Si è trattato di semplice negligenza: si è sottovalutata questa scomparsa sin da subito e poi, dopo il clamore mediatico dovuto all'interessamento del Papa e del Presidente Pertini, si è andati a ritroso perdendo, però, tempo prezioso, cioé i primi giorni successivi alla scomparsa".

Nella sua indagine viene rimarcata la figura, ambigua, della migliore amica di Mirella, Sonia, che subito dopo la scomparsa della ragazza si è allontanata dalla famiglia della Gregori: pensa che dietro questo atteggiamento si nasconda qualcosa?
"Abbiamo la sensazione che il mistero possa in qualche modo esser custodito tra chi gestiva quel bar sotto casa e i suoi avventori. Sonia è stata più volte ascoltata, ma per gli inquirenti non è emerso nulla di significativo. Certo, è sensazionale che una ragazzina che è la migliore amica e la confidente di Mirella, cosa data per certa dalla famiglia Gregori, non sappia dir nulla riguardo alle loro frequentazioni: non me lo spiego. O meglio, me lo spiego, ma non ho le prove".

Antonietta Gregori oggi si sta battendo per aiutare le famiglie delle persone scomparse attraverso un'associazione dal nome 'Penelope Onlus'. Quando qualche mese fa sono avvenuti alcuni rinvenimenti ossei alla Nunziatura, si è sperato di trovare i resti di Mirella ed Emanuela, anche se poi non è stato così: è la stessa situazione che accade in tutte le famiglie delle persone scomparse?
"La 'banca del Dna' è una battaglia che l'associazione 'Penelope Onlus' sta conducendo per dare un nome alle tante persone decedute, conservate nei cimiteri e nelle camere mortuarie d'Italia e che non hanno un nome. Una 'battaglia' che sembra semplice a dirsi, ma che pare irta di ostacoli burocratici. Quando si è scoperto quei due scheletri nella Nunziatura, a pochi passi dalla abitazione di Mirella, il pensiero non ha potuto che correre a lei e a Emanuela. Purtroppo, le famiglie delle persone scomparse vivono in questa perenne altalena di sentimenti, tra speranza e silenzio. E questo è stato solo uno dei tanti episodi in cui Antonietta Gregori ha dovuto attendere una notizia che, anche stavolta, non c'è stata".

Lei è un giornalista di cronaca nera che, in passato, si è occupato anche del caso dell'uccisione di Marta Russo a 'La Sapienza' di Roma: cosa l'ha condotta a scegliere questa strada? La considera una sua vera e propria 'missione', oppure è solo una scelta professionale?
"Io sono un giornalista e, come tale, ritengo che uno dei doveri del cronista non sia solo quello di raccontare i fatti, ma anche quello di tener vivi i misteri insoluti del Paese. Attraverso quella che definisco 'la dignità della memoria', si restituisce alle vittime una luce e una vita perduta nei meandri delle pagine di cronaca nera e anche nei tribunali. Concorrere a una soluzione diversa e piena in casi così controversi è quella che può esser definita la mia 'missione', anche se poi, le persone perdute, attraverso una cronaca dei loro giorni, sembrano rivivere attraverso la lettura di chi, per fortuna non pochi, hanno apprezzato il mio lavoro".


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