Bobo Craxi ed Enrico RossiIl Partito democratico ha recentemente sottolineato, in una missiva sulla questione mediorientale, che esso non appartiene all'Internazionale socialista, ma si limita a cooperare col Partito del socialismo europeo nelle istituzioni comunitarie: una doverosa chiarezza. D'altronde, o il socialismo ha una sua dimensione internazionale, oppure non è tale. La parabola ambigua del Partito democratico circa il terreno ideale di appartenenza è uno dei problemi politici che ha contrassegnato la sua breve storia. E questa ambiguità, che perdura da quasi dieci anni, ha avuto dei riflessi innanzitutto sull'identità che deve assumere una forza che è espressione politica e culturale della sinistra italiana. Essa, a nostro parere, con l'avanzare di movimenti nazionalpopulisti di segno identitario volutamente confuso è una condizione che porta alla sinistra non soltanto a risultare superata nella capacità di rappresentare vasti settori della società tradizionalmente a lei legata, ma ad allontanare il legame ideale che ha contrassegnato la sua Storia in tutto il novecento e, in particolare, nel secondo dopoguerra. Il ritorno al futuro socialista non ci impone di risalire alla fonte originaria del 1892, ovvero alla nascita del Partito dei lavoratori e dei socialisti da cui scaturirono, successivamente, la Storia del Psi, del Psdi e del Pci, bensì è sufficiente fare un salto all'indietro di soli venticinque anni, ovvero a quando Bettino Craxi, Achille Occhetto e Carlo Vizzini erano comuni aderenti all'Internazionale socialista. La sinistra italiana ha un dovere e un obbligo di coerenza nei confronti di scelte ideali che già aveva compiuto. E la scomparsa del Psi, insieme ai mutamenti di orizzonte delle formazioni eredi del Pci, non possono essere un alibi per non aderire alla medesima organizzazione, tralasciando un elemento fondamentale proprio per l'avanzata impetuosa della globalizzazione di questi recenti anni. La riscoperta del socialismo non è solo legata ai singoli successi di opinione ed elettorali, che rinverdiscono la capacità rappresentativa dell'esperienza centenaria nel nostro continente ma, come vediamo, la parola 'socialista' non è più ritenuta un tabù persino negli Stati Uniti dove, proprio nel Partito democratico, Bernie Sanders ha promosso una onorevole e celebrata azione di lotta politica insieme alla giovane Ocasio-Cortez, interpreti di un socialismo moderno, adatto ai tempi e alle condizioni generali che sta vivendo l'America. La quale, non a caso ha scelto una analoga versione popolare intravedendo in Doneld Trump un interprete più tradizionale della difesa della 'middle-class' statunitense. Il socialismo non ha bisogno di cambiare 'pelle' o la ragione per cui esso è nato oltre un secolo orsono. Ha bisogno, nel nostro Paese, di tracciare una linea di separazione con la temperie del passato, ma deve saper nuovamente essere l'interprete delle esigenze delle lavoratrici e dei lavoratori, della società degli esclusi di antica e nuova origine, dell'emancipazione femminile, dei diritti sociali e civili in una società moderna e avanzata. D'altronde, quali altri vaghi, confusi elenchi di aggettivi e non si è inutilmente ricorsi? Dovremmo citarli tutti, perché ci si perde nell'immensa fantasia partorita nella cosiddetta seconda Repubblica a sinistra: un federalista, un ecologista, un democratico, un movimentista. Ma quale di tutti questi aggettivi vale veramente l'aggettivo socialista? Quale tra tutti questi aggettivi può e riesce ancora a evocare, ovunque nel mondo, più cose in una sola parola come quella socialista? Se qualcuno ci ponesse la domanda sulla legge ultima dell'esistenza, noi potremmo rispondere, come fece il buon vecchio Karl Marx nel 1880 al giornalista Swinton del New York Sun: "La lotta"! Una risposta - a duecento anni dalla nascita di quel saggio filosofo - viva e attuale non solo per la tradizione socialista, ma anche per il mondo contemporaneo. Riteniamo perciò utile rompere gli indugi e riferirsi ai prossimi appuntamenti elettorali, incoraggiando il formarsi di legami sempre più stretti fra le organizzazioni che si riconosco nel medesimo 'perimetro' storico-ideale. Il nostro auspicio è che possa sorgere, nel nome del socialismo italiano e internazionale, una formazione larga, ma politicamente significativa che si ispiri a esso. E che, nel nome di questa grande tradizione della sinistra mondiale, sappia riprodursi nel terreno della politica democratica, imprimendo una direzione di marcia moderna, nonché sapendo operare un utile e doveroso adeguamento alle esigenze dell'Italia e dell'Europa di oggi. Un'azione di contrasto alle regressive politiche di una destra che si presenta come nuova, ma che in realtà contiene in sé tutto il bagaglio più deteriore dei movimenti 'nazional-populisti' del passato, non può che essere compiuta nel segno di una tradizione culturale che ha radici profonde e antiche, che sa risorgere proprio da quelle radici comuni che furono alla base di una sinistra che, a lungo, si è divisa sul crinale della divisione del mondo in blocchi contrapposti, ma che ha saputo essere l'asse portante della democrazia costituzionale e repubblicana italiana e che, quando è stata chiamata a svolgere un compito di responsabilità di governo nelle città, nelle regioni e nel Paese, ha saputo svolgere un ruolo essenziale per la crescita civile e democratica dell'Italia. Nel nome di essa può e deve rinascere la nuova forza socialista. Ed essa, misurandosi con le sfide di oggi, non potrà non esserne all'altezza della Storia che ha assegnato all'esperienza socialista nel mondo questo ruolo. Un Partito nel quale dovranno e potranno riconoscersi giovani generazioni di italiani sin dal prossimo appuntamento europeo, poiché chiamati a una risposta politica e popolare convincente innanzi all'arretramento economico e alla barbarie civile e democratica.




(approfondimento programmatico tratto dal sito www.huffingtonpost.it)
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