Serena Di GiovanniUna madre lavoratrice vive il distacco dal proprio figlio sempre con grande rammarico, ansia e senso di colpa. E la sera, quando torna a casa, ha spesso la percezione di aver 'perso qualcosa', o di non aver 'fatto abbastanza'. Qualcuno potrà obiettare che per un padre sia la stessa cosa, ma non sono del tutto d'accordo. Inutile dire che il rapporto 'madre-figlio' sia un qualcosa di unico, soprattutto nei primi anni di vita del bambino. Il nostro retaggio culturale, inoltre, impone una diversa condizione tra mamme e papà. Per esempio, è convenzionalmente accettato che un padre possa lavorare tutto il giorno e rincasare tardi, mentre non si può dire lo stesso di una madre, da sempre considerata 'l'asse portante' della famiglia, colei che dovrebbe sacrificare le proprie aspirazioni per il benessere dei suoi figli. Questo retaggio del passato ci influenza ancora oggi. Ed è uno dei motivi per i quali le giovani coppie non fanno figli. Le donne non sono più disposte a sacrificare la propria autonomia. Del resto, lo Stato italiano non supporta economicamente i genitori che lavorano, pensando che possano provvedere essi stessi alle esigenze della prole, dimenticando che le 'babysitter' costano, tanto quanto i 'nidi'. E poi c'è un discorso che esula da un ragionamento puramente economico, di tipo affettivo: mettere le donne in condizione di vivere meglio la maternità, senza sensi di colpa, senza ansia, ovvero avendo a fianco i loro figli sul posto di lavoro, almeno quando ciò risulti possibile. Finché il duplice ruolo della donna come madre e come lavoratrice non verrà riconosciuto, anche economicamente, non credo che si potrà ovviare all'evidente calo demografico che interessa il nostro Paese. L'Italia rimarrà un posto di 'vecchi', pensato per 'vecchi', mentre i giovani più volenterosi andranno a 'figliare' in quelle rare 'realtà civilizzate' dove sono stati pensati sussidi ben più convincenti dei risibili 80 euro di Matteo Renzi.


Lascia il tuo commento

Nessun commento presente in archivio