Stefania CraxiCredo sia molto difficile poter dare, oggi, una risposta all’interrogativo: “Che fare per l’Europa”?
Per poter rispondere ad una simile questione, infatti, bisognerebbe avere una serie di dati che attualmente ci mancano: come si voterà alle Europee? Con quale legge elettorale? Ci sarà lo sbarramento, l’incompatibilità fra i mandati parlamentari in Europa e in Italia? E ancora: su quali energie possiamo contare? Quale concorrenza avremo di eventuali liste che si richiamano ai nostri stessi valori? Si faranno le ‘liste uniche’?
Procediamo con ordine: la legge elettorale. Che ci sia la volontà e la necessità di cambiarla è sicuro. Molto meno sicuro è il fatto che ci si riesca.
Il proposito, condiviso dagli ‘stati maggiori’ della destra e della sinistra, è di fare una legge con sbarramento e lista bloccata. Mi auguro che ciò non si giustifichi con l’opportunità di mandare in Europa persone tecnicamente preparate, come se in Europa la politica non ci fosse o non fosse politica anche la misura delle zucchine ammesse sul mercato europeo. Anzi, si potrebbe osservare che se ad una Costituzione che non disegna un’Europa di tipo federale ma lascia tutti i poteri nelle mani del Consiglio Intergovernativo aggiungiamo anche un Parlamento tecnico e politicizzato, constateremmo presto che, invece di fare un passo in avanti, abbiamo soltanto camminato all’indietro.
Sappiamo, dunque, cosa si vorrebbe fare, ma non sappiamo altro. Nemmeno se ci sia l’intenzione di recepire la Direttiva europea sulle incompatibilità, che lascerebbe un bel numero di posti vuoti gettando nella disperazione anche personaggi di peso, i quali, con l’instabilità dell’elettorato, vedrebbero scomparire anche una comoda ‘ruota di scorta’.
E’ evidente che, se passasse lo sbarramento, la lista unica sarebbe quasi obbligata, a destra come a sinistra. Ma passerà? Per il momento, possiamo solo fare delle congetture.
Nel centrodestra spingono verso la lista unica due formazioni in crisi, Alleanza Nazionale e Forza Italia, le quali non hanno nessuna voglia di ‘contare i voti’, nessuna voglia di sfidare quell’implacabile termometro che è il voto proporzionale. A questi si oppongono i democristiani di Follini, convinti di poter raccogliere consensi dai loro stessi alleati e, forse, anche dai ‘centristi delusi’ dell’opposizione. Si è già ‘chiamata fuori’ la Lega, che ha l’interesse prevalente di dimostrare che, al nord, i suoi voti sono necessari ‘come il pane’.
Possiamo perciò concludere che, se non avrà un aiuto consistente dall’opposizione, Berlusconi difficilmente riuscirà a vincere questa partita.
A sinistra, tuttavia, la situazione è ancor più confusa, poiché ci sono più partiti e, soprattutto, perché ci sono dei “sì” che in pectore sono dei ‘no’ e dei “no” che aspettano di conoscere il prezzo per diventare “sì”.
L’idea di Romano Prodi di una lista unica, fuori tempo e sconcertante, in luogo di favorire un chiarimento ha creato maggior confusione. Lanciata attraverso un’intervista pubblica, la sua proposta era, in realtà, un diktat cui è fatalmente seguita una ‘marcia indietro’ (“Non mi candido alle Europee”), quando questa si è arenata sul “no” di Rifondazione, Verdi e compagnia, trasformandosi in una possibile unione tripartita Ds, Sdi e Margherita, con l’Idv che ‘bussa alla porta’ ricacciata indietro dallo Sdi (“Non c’entra nulla col partito dei riformisti”) e tirata avanti dai Ds, secondo i quali – D’Alema – Di Pietro rappresenterebbe la legalità contro l’illegale politica del governo sulla giustizia.
A questo punto, se non intervengono fatti nuovi, la lista unica a sinistra non si fa. Ma, senza lista unica è molto probabile non si faccia nemmeno quello sbarramento che a destra viene osteggiato dalla Lega e dall’Udc (con gli elettori non si sa mai: non sono sondaggi…) e che, a sinistra, sarebbe un clamoroso favore a Bertinotti, ben lieto di poter inglobare nelle proprie fila i Verdi, i movimenti e i comunisti ‘rivali’ di Cossutta.
Fosse possibile trarre un pronostico da una simile situazione, io direi che, con molta probabilità, le elezioni vedranno i partiti del centrodestra ognuno col proprio simbolo e, a sinistra, due sole formazioni: il partito dei riformisti e la sinistra antagonista, con Bertinotti, Cossutta, i Verdi e movimenti e tutto il mondo contro. La sorte di Di Pietro è legata al ‘braccio di ferro’ tra Sdi e Ds. Tale situazione sarebbe per noi favorevole, poiché la sinistra risulta clamorosamente ‘scoperta al centro’. Ha perfettamente ragione Massimo D’Alema quando afferma che, a sinistra, chi ha mancato il compito è proprio la Margherita, la quale non ha presentato nessun uomo credibile per l’elettorato moderato. Tutto si è giocato sul nome di Romano Prodi. E, se viene a mancare quello, non sono certo Castagnetti o Rosy Bindi, Rutelli o Gentiloni che possono dare garanzie di moderazione.
Per la verità, Francesco Rutelli tenta quel che può, ma ogni volta che azzarda una mezza parola deve poi retrocedere velocemente per non perdere il contatto con ‘la truppa’. E non credo che la presenza di Boselli e Intini, anche se avrà il consenso di qualche vecchio personaggio del Psi, valga a conciliare il mondo degli ex comunisti con quel mondo di socialisti liberali, repubblicani, laici e radicali in cui Bettino Craxi ha trovato la forza per modernizzare l’Italia, battendo le due chiese, quella cattolica e quella comunista.
Questa conciliazione non è avvenuta e non può avvenire senza la nostra presenza, perché siamo noi che abbiamo tenuto alti i valori del laicismo, della democrazia e, soprattutto, della libertà e della giustizia, che la sinistra continua a calpestare tenendosi stretta la carta del giustizialismo, fomentando il partito dei giudici e dando ancora retta a personaggi come Di Pietro, che andrebbero lasciati nell’oblio ‘dorato’ che si sono guadagnati con le loro belle imprese.
La situazione non sarebbe avversa nemmeno sull’altro fronte perché, considerati Alleanza Nazionale e la Lega Nord fuori dal nostro mondo, l’Udc di Casini e Follini, pur apprezzabile nelle sue posizioni, è totalmente imbevuto di spirito democristiano mentre Forza Italia rappresenta, tutt’ora, un pianeta di tali dimensioni e talmente inesplorato che possiamo solo dire con certezza che non ha ancora trovato le sue fortune nello spirito laico che noi, invece, intendiamo far valere.
Non vedo, dunque, nemmeno da quella parte, concorrenze dirette e mortali. Certo, sarebbe interessante sapere se, ad esempio, Alfredo Biondi e tutti gli altri (e sono parecchi) che hanno annunciato sui giornali la costituzione di gruppi e di future liste liberali, avranno il fiato e i mezzi per arrivare a elezioni impegnative come quelle europee. E, oltre a quello che fanno gli altri, non sarebbe male se cominciassimo un nostro piccolo censimento, una verifica delle nostre forze organizzative, poiché queste, congiuntamente a dei validi punti di riferimento sparsi sul territorio, sono elementi indispensabili per il successo anche delle idee più brillanti.
La situazione generale non è contraria, insomma, e la sua stessa evoluzione non si pone di traverso ai nostri progetti e/o desideri. Potremmo addirittura trovare occasioni di grande favore, ma occorre innanzitutto riunire le nostre energie, sapere quali impegni siamo in grado di suscitare, insomma: essere credibili. Questa è davvero la condizione essenziale in ogni cosa e, ciò, significa anche che non dobbiamo restare con le mani in mano.
Reagire, lottare, riassociarsi e riorganizzarsi è soprattutto il compito e il dovere di chi è sconfitto, disperso, perseguitato e calunniato, di chi veramente non intende ‘piegare il capo’ in segno di rassegnazione.
Non bisogna avere nostalgia del passato, che naturalmente non è stato esente da errori, bensì guardare al futuro, modificando con decisione una situazione che ha dato solo frutti amari, perversi, avvelenati. Chi oggi guarda al futuro dell’Italia con intelligenza, con lungimiranza, con l’animo aperto, con passione civile e con spirito di dedizione verso il proprio Paese, non può non trovare in se stesso la forza per concorrere ad una svolta decisiva e radicale per riportare una grande nazione, che non merita la sorte che sta subendo, sulla sua strada maestra. E’ perciò nostro dovere assumere una decisa iniziativa, compiendo un’analisi corretta della condizione in cui vive il Paese, la sua democrazia, la sua economia, il suo Stato di diritto e denunciando le cose come stanno a voce alta, al fine di contribuire a risolvere tutti gli elementi di crisi che si stanno accumulando nella società italiana.
Ognuno faccia ciò che può fare. E mi auguro si possa farlo insieme.

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